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Antropocentrismo e Natura: il caso Daniza

di Lorenzo Pennacchi - 15/09/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente




Monitorata intensivamente da Ferragosto per aver “aggredito” un cercatore di funghi a Pinzolo, l’orsa Daniza è stata uccisa due giorni fa, durante l’operazione di cattura organizzata dalle autorità nazionali (ministero dell’ambiente) e locali (provincia di Trento). Non sono bastate le pressioni di diversi movimenti ecologisti ed animalisti per evitare la morte della madre di due cuccioli, la quale, di fatto, non ha mai danneggiato seriamente nessuno. 

La vicenda di Daniza, della quale sarebbe superfluo descrivere qui tutte le dinamiche, potrebbe sembrare una semplice notizia di cronaca, ma non si tratta affatto di questo. Quest’orsa era, infatti, divenuta un simbolo di resistenza a quell’atteggiamento, dilagante nella nostra società, che vede l’uomo al centro del mondo: l’antropocentrismo. Nell’universo antropocentrico, tutto ciò che non è umano viene considerato un oggetto, un semplice mezzo da utilizzare per il raggiungimento di determinati fini, a misura d’uomo. Di conseguenza, tutti coloro che si mettono tra l’individuo umano ed il conseguimento dei propri obiettivi sono considerati dannosi. Così l’essere umano, facendo appello alla sua presunta superiorità, legittima tutti i soprusi verso la Natura nel suo insieme. Caratteristico dell’età moderna, l’antropocentrismo sta conoscendo oggi la sua massima espansione, continuando a sostenere una società sempre più malata ed incapace di entrare in connessione con le altre forme di vita che popolano il pianeta. L’uomo moderno vuole semplicemente dominare su tutto: non cerca la relazione con l’altro, ma la sopraffazione di esso. Ecco perché dire Daniza è morta costituirebbe un grave errore. L’orsa è stata uccisa, prima che da un incidente di percorso, da un sistema di idee e di azioni che, seppur inconsapevolmente, prospera nella società odierna, troppo impegnata a produrre e consumare per poter pensare al benessere ed all’integrità di tutti gli esseri viventi. Per poco più di un graffio, l’orsa in questione è stata considerata un nemico, un problema da estirpare, un caso nazionale, ed è divenuta una vittima di chi in lei vedeva un mostro e non una madre preoccupata per i suoi cuccioli.

Dopo la sua morte sono iniziate le richieste di dimissioni rivolte al ministro dell’ambiente Galletti ed all’amministrazione locale. Seppur comprensibili e giuste, perché per l’ennesima volta i politicanti italiani si sono rivelati del tutto incompetenti, queste misure, anche se attuate, non risolverebbero il vero problema, che è culturale e sistemico. Di Daniza nel mondo ce ne sono tante: a volte è una foresta abbattuta per far posto ad un’industria, altre un mare inquinato, altre l’ultimo esemplare di una specie in via d’estinzione ucciso barbaramente durante una battuta di caccia. Per questo non si può pensare di salvare le varie Daniza, senza cambiare il sistema di idee che muove la nostra società. All’antropocentrismo deve essere opposto un atteggiamento completamente opposto, che deve fondarsi nel rispetto della vita nelle sue differenti forme, riassumibile nelle parole che, nel 1855, il capo indiano Duvamish espresse al presidente Pierce: “Noi siamo una parte di questa terra ed essa è una parte di noi. Non è stato l’uomo a creare il tessuto della vita; ne è solo un filo. Ciò che farete al tessuto lo farete a voi stessi”.

Ecco allora la necessità di un movimento ecologista forte, capace di capovolgere i canoni dell’esistente. La sua peculiarità dovrebbe essere nel fatto di combattere non per qualcuno o qualcun altro, non per un “io”, un “noi”, o un “loro”, ma per un Tutto. Questo Tutto non si ottiene dalla semplice somma delle diverse parti: è un qualcosa di superiore comprensibile solo nella sua totalità. È un approccio organicista molto più vicino alle filosofie di vita delle società tradizionali e a pensatori classici come Platone, che alle teorie moderne, intrise di individualismo e riduzionismo. Il Tutto per eccellenza è proprio la Natura, la quale è composta da differenti parti tra loro interdipendenti e per questo armoniose. Da quando l’essere umano si è distaccato dal mondo naturale dichiarandosi superiore, e non semplicemente diverso, ha distrutto questa armonia, la quale oggi necessita di essere ristabilita, per il bene di tutti, o meglio del Tutto. 

Di certo, Platone non faceva riferimento al mondo naturale quando parlava di organicità, in quanto era interessato esclusivamente alla struttura della polis. La kallipolis (“la città ideale”), tuttavia, è caratterizzata proprio “dall’armoniosa compresenza delle parti”. Per questo, e per altri elementi secondari, la sua visione politica è stata accostata a teorie ecologiste oliste ed in particolare all’Etica della Terra di Aldo Leopold. Nel suo “Almanacco di un mondo semplice”, Leopold affermava: “una cosa è giusta quando è tesa a preservare l’integrità, la stabilità e la bellezza della comunitàbiotica. È sbagliata quando è tesa all’opposto”. Stando a queste parole, la morte di Daniza, sia essa un’orsa, un mare o una foresta, dovrebbe essere considerata un crimine verso la Terra. E se ciò un giorno diverrà realtà, la sua scomparsa, seppur dolorosa, non sarà stata vana. Per ora, però, abbiamo solamente due cuccioli rimasti orfani: un motivo in più per fermarsi tutti un attimo e riflettere.