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Crisi di rischi e valori anche così si spiegano gli occidentali nell'Isis

di Massimo Fini - 15/09/2014

Fonte: Massimo Fini

Molti cittadini europei, soprattutto inglesi e francesi, ma anche tedeschi e persino italiani, vanno in Iraq e in Siria a battersi con l'Isis. Per lo più si tratta di immigrati di seconda generazione, con genitori musulmani. Ma ci sono anche occidentali che si sono convertiti all'islam. Tutti sono giovani o giovanissimi. A mio parere questa voglia di battersi a fianco dell'islamismo più radicale a solo in parte motivazioni religiose. E spesso non ne ha nemmeno di sociali. Parecchi di coloro che vanno a combattere hanno posizioni di buon livello, sono ingegneri, dirigenti d'azienda, funzionari di banca. E' che la vita in una democrazia è percepita, dai giovani, come mortalmente noiosa, un'esistenza che corre monotona, senza brividi, senza troppi rischi che non siano quelli di un incidente in auto o in moto, dalla culla alla tomba. Non è un caso che in questi ultimi anni, lontani ormai dalla seconda guerra mondiale, dallo scontro ideologico fra il cosiddetto 'mondo libero' e quello comunista, che permetteva a chi aveva passione di impegnarsi e anche, a seconda della parte d'Europa in cui si trovava, di mettere in gioco se non la sua vita la comodità della propria esistenza, si siano diffusi, sempre fra i giovani, sport estremi come il 'bungee jumping' o il 'free climbing' e ragazzi intelligenti (perché non tutti sono dei cretini o degli incoscienti) si strafacciano di coca e poi si mettano al volante sapendo, pur con la mente annebbiata dalla droga, i rischi cui vanno incontro. Oserei dire che li cercano. Del resto basta entrare in una discoteca e vederli scatenarsi nel ballo (che da sempre è un'istinto dei neri, molto meno dei bianchi) per capire che a questi giovani manca qualcosa. Noi ragazzini, negli anni Cinquanta, non avevamo bisogno di cercare questi brividi 'extra', ci era sufficente sapere che nei 'terrain vague' in cui giocavamo bastava un nulla per lasciarci la pelle, o quantomeno una gamba, mettendo un piede su qualche ordigno graziosamente lasciatoci in eredità dai bombardieri angloamericani.

 

Ma se da una parte l'accorrere dei giovani europei fra le file dell'Isis può essere considerato una variante estrema del 'bungee jumping', dall'altra c'è, indubbiamente, anche una questione valoriale. La democrazia è un sistema di regole e procedure. Non è un valore in sè. E' un sacco vuoto che deve essere riempito. Purtroppo la prassi liberal-capitalista (ma lo stesso discorso varrebbe per il comunismo se esistesse ancora) non è stata in grado di colmarlo se non con contenuti quantitativi e materiali. «Non si vive di solo pane» ha detto qualcuno cha ha avuto una certa importanza nella storia del mondo e quando di pane ce n'era molto meno di oggi. Non si può vivere avendo come obbiettivo, come sogno supremo, quello di passare da una Opel Corsa a un'Audi a una Porsche a una Bmw. La Chiesa cattolica, soprattutto durante il papato del troppo osannato Wojtyla Superstar (con Bergoglio vedremo), non è stata capace di intercettare le esigenze di spiritualità che emergevano da un mondo che era diventato interamente materialista. Così molti, in Europa, si sono volti verso le religioni o le filosofie orientali o addirittura, nelle fasce sociali più deboli o ignoranti, alle pratiche dell'occultismo, del satanismo, all'astrologia così lontane dalla sapienza della Chiesa di Paolo. In ogni caso il capitalismo ha provveduto subito a trasformare queste esigenze in 'new age' cioè nel consumo della spiritualità.

 

L'Isis, l'islamismo radicale e guerriero, offre con i suoi valori, sbagliati o giusti che siano, uno sfogo a queste esigenze di spiritualità oltre a quella di non sprecare una vita basata sul niente, sul nulla. Invece di bombardarlo vigliaccamente, perché non siamo più nemmeno in grado di mandare degli uomini sul campo, ma solo robot che ci sostituiscono, dovremmo capire che la sua forza sta nel nostro vuoto di valori, nella nostra mancanza di coraggio e di dignità. Rileggiamoci Sant'Agostino, uno che le palle ce le aveva: «Che scandalo c'è se in guerra muoiono uomini comunque destinati a morire?».