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“Fratels of Italy” arruolatevi in Marina che è tanto, tanto “cool”

di Pietrangelo Buttafuoco - 27/01/2015

Fonte: Il Fatto quotidiano



  

La Marina Militare italiana che esorta be cool non è proprio Mericoni Nando – l’Americano a Roma di Alberto Sordi – non è l’epopea d’er Kansas City, ma l’awanagana della peggiore cloaca provinciale sì. Lo è. Osservate il manifesto: giovane, stellette e faccino sporco di grasso. Sarà per via della chiave inglese stretta in pugno che la ragazza – da arruolare alla 1° Classe del Corso Normale della Marina – dalla sala macchine di una nave si ritrova stampata in manifesto così strilla: Be cool and join the Navy. Una ficata, per dirla col linguaggio da caserma. Così nelle intenzioni. Ma è solo la versione smart dell’ammunia, il celebre falso appioppato alla regia memoria borbonica – tutti chilli che stanno a prora vann’a poppa! – laddove in luogo di chi nun tiene nient’a ffà, venga a ‘ccà si scrive in ‘miricano “join the Navy” e lo si fa con tanto di stemma delle Forze Armate. Messaggio apparentemente ‘ndernascional ma molto paesano, anzi peggio: provinciale. Della peggiore cloaca. E’ tutto un /care2 oramai. Ricordate Walter Veltroni? Dev’essere l’effetto Renzy a moltiplicare adesso l’effetto oltrepassando, oltre l’ex leader della sinistra, l’albertosordismo congenito dei provinciali fino a ieri in trasferta a Davos. Il premier, infatti, dopo aver dato prova di progressi con la lingua inglese (opportunamente elogiato da tutti) trova emulatori ovunque. Per farlo contento, quando devono dirgli di “sì” neppure dicono “yes” ma “Yep”, che è una forma fast; come “yup” che dovrebbe essere “evviva”. E siccome il conformismo trova sempre la sua rotta, è finita anche la Marina- nella fregola di comunicare trandy – è andata a inabissarsi nella botola del luogo comune. Dio stramaledica i pubblicitari, urlerebbero a questo punto gli incursori, solo che il linguaggio non è mai innocente. Al momento è ancora un po’ difficile immaginare una traduzione piritolla, ossia vanesia e giuggiolona, del motto dell’aeronautica Mililare (quello degli Atlantici, i trasvolatori: “Chi vola vale, che non vale non vola, chi vale e non vola è un vile”) ma ormai in Italia è tutto così tutto un prendere per il cool, che farà d’uopo vestire col giubbotto di Fonzie le statue di Nazaria Sauro in tutti i porti della nazione.

Dopo di che, obbligatorio va da sé, ci sarà da buttare letteralmente a mare tutta una tradizione – dalle insegne delle Repubbliche Marinare alle esplorazioni di Colombo e Vespucci, senza dimenticare l’Iliade dei sommergibilisti – sperando che le potenti divinità guerriere dell’Himalaya non si accorgano del livello di sudditanza mentale cui ci siamo ridotti a forza di fare awanagana e non si accaniscano vieppiù con quei due poveri sbattuti in India, i due marò. Osservate attentamente la foto. Non è solo il ripudio dell’identità italiana in forma di birignao, è anche una citazione che sa di plagio. Ricalca il manifesto di propaganda Usa del 1943 di Howard Miller, quello della donna operaia a braccia conserte e fazzolettone annodato in testa, fiera nel grugno e pronta a fare la propria parte in guerra. E va bene che Pietro Badoglio prese, a suo tempo, residenza a Brindisi, metà della fuga del re nonché porto dove vennero affondate senza combattere le migliori navi della flotta italiana; va bene tutto, raccontarsela anche senza rileggere le pagine della sconfitta: ma giusto adesso che le nazioni baltiche, Lettonia in testa, cominciano a vietare l’uso della lingua russa ai funzionari pubblici, già s’è capito cosa succederà alla nazione degli eroi, dei santi e degli inventori (nonché navigatori) a noi italiani irrimediabilmente italians nella sequela di Beppe Servegnini e non certo di William Shakespeare. Canteremo – mano al petto, selfie pronto, persi nella cloaca – un solo inno: “Fratels of Italy, smuv de chiapps e vien in Marins!”.