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Putin e Orban, l’intesa che non piace ad Occidente

di Federico Capnist - 24/02/2015

Fonte: L'intellettuale dissidente


False accuse e ironici ammiccamenti al dispotismo hanno contornato la visita di Putin a Budapest. In realtà, entrambi i leader tutelano i rispettivi interessi nazionali e indicano la via da seguire ad un’Europa debole e rassegnata a subire gli eventi.

  

Se Vladimir Putin ha scelto l’Ungheria come primo Paese membro dell’UE in cui recarsi in visita dall’inizio della guerra in Ucraina, la scelta non è certamente stata casuale. Sul tavolo a cui si sono seduti lui e Orbàn, premier ungherese rieletto l’anno scorso a furor di popolo e con il quale la simpatia e una certa affinità ideologica non si sono mai tenute troppo nascoste, si è parlato di importanti questioni per l’avvenire di entrambi i Paesi. Al centro dell’incontro la revisione dei contratti energetici a partire dall’anno prossimo (Mosca fornisce già il 90%, circa, del fabbisogno ungherese) e la conferma dei preziosissimi investimenti russi nel settore atomico per la costruzione di due reattori nucleari (fondamentale al fine di mantenere bassi i costi energetici per scopi industriali, uno dei fiori all’occhiello delle politiche economiche di Orbàn). Una grande opportunità per la Russia e una boccata d’ossigeno per l’Ungheria, quest’ultima, che giunge dopo lo smacco del forzato abbandono del South Stream da parte di Gazprom. Uno smacco che ha comportato per Mosca, l’abbandono di un progetto dal grande valore strategico ed economico, e per Budapest, l’impossibilità di fare cassa con i proventi del gasdotto, entrato in rotta di collisione con i dettami euro-atlantici a seguito della crisi ucraina.

Proprio a proposito di gas, ha trovato spazio nel summit anche il nuovo progetto russo, che dimostra l’abilità da scacchista di Putin che con un altro “arrocco” ha stupito chi pensava di averlo relegato nell’angolo. Il “Turkey Stream”, che nell’idea del CEO di Gazprom, Miller, dovrebbe portare il prezioso oro blu in Europa bypassando la debole e ricattabile Bulgaria. Si privilegerebbe, in questo modo, la Turchia, per ricalcare poi la “tratta ortodossa” attraverso Grecia, Macedonia e Serbia per arrivare poi proprio a Budapest. Il malcelato sogno di Orbàn, è di fare del suo Paese una piattaforma per la distribuzione del gas in Europa. Ma tra il dire e il fare, c’è l’Unione Europea, che pur con qualche sporadica apertura di buon senso, non sembra riuscire ad affrancarsi dall’ostilità dimostrata nei confronti del Cremlino e ha appena, per contro, aumentato la portata delle sanzioni. L’ambiguità della posizione di Orbàn, in ambito UE, è giocoforza soggetta a calcoli di realpolitik. L’Ungheria guida uno sparuto gruppo di Paesi membri UE (Slovacchia, Repubblica Ceca, Cipro, Austria e ora, prepotentemente, anche Grecia) che non vede di buon occhio l’atteggiamento europeo nei confronti di Mosca e soprattutto la ricaduta economica delle sanzioni. D’altro canto, però, questi stessi Paesi non possono porre il veto alle decisioni di Bruxelles voltando le spalle all’Europa e alla Germania, alfiere delle sanzioni e leader, de facto, in seno ai 28 membri. Sopportano, così, mugugnando a denti stretti, i dettami che vengono presi dall’alto confidando di riuscire, dall’interno e senza ulteriori traumi, a manovrare le decisioni europee in senso più ragionato. Lo spera anche Vladimir Vladimirovich, che in questo viaggio ha cercato la conferma di poter contare su qualche alleato in Europa, al fine di portare a più miti consigli i pezzi da novanta dell’UE e di appianare le divergenze che si fanno sentire anche sull’economia russa.

Orbàn, vittima dei pettegolezzi e della vulgata mediatica che lo vorrebbero come il “grimaldello russo” con cui Putin cerca di scardinare una fantomatica compattezza europea, altro non fa, in fondo, che cercare di aprire gli occhi di una sonnolenta opinione pubblica e di una scellerata classe dirigente che oggi vanno, ahinoi, per la maggiore. Putin, per quel che lo riguarda, cerca di ricucire quanto prima lo strappo con i partner europei: sa, da buon padre di famiglia, che l’atteggiamento europeo è frutto di cattive frequentazioni e non dell’indole, che, al contrario, è buona. Entrambi cercano di far capire che per l’Europa, prescindere dalla Russia vuol dire minare la prosperità economica e la sicurezza energetica. Cercano di far capire che per la Russia, prescindere dall’Europa significa strozzare il suo progresso economico. Cercano insomma, di far capire, che attuare le sanzioni è stato come “spararsi ad un piede”. Parola di Orbàn.