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Fedor Dostoevskij e la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente

di Francesco Mario Agnoli - 14/04/2015

Fonte: Arianna editrice

   Martedì 24 marzo un redattore del quotidiano  “La Voce di Romagna” si è andato a leggere il “Diario  di uno scrittore”  di Fedor Dostoevskij e ne ha tratto un breve articolo così presentato: “Dostoevskij aveva previsto tutto 140 anni fa: I cristiani vengono massacrati per opera di un'odra musulmana selvaggia e l'Europa è indifferente”.

      In realtà più che di una previsione si tratta di una constatazione. Solo che la Storia a volte si ripete.

    Siamo nell'estate del 1876 e l'Europa  e la Russia sono, come oggi, alle prese con la “questione d'Oriente”. Una questione che 140 anni fa era incentrata sulle convulsioni preagoniche dell'Impero turco e i cristiani perseguitati e massacrati  non erano ancora quelli armeni (non ci mancava tanto), o di oggi, ma quelli della Bosnia, dell'Erzegovina e, soprattutto, della Bulgaria  (a difesa dei quali la Russia  farà, di lì a un anno,  guerra alla Turchia).

     L'ortodosso, slavofilo Dostoevskij si indigna e scrive: nel “Diario” (che in quegli anni veniva  regolarmente pubblicato ogn i due mesi): “Tutta l'Europa, o per lo meno,  i suoi rappresentanti più eminenti, quegli stessi uomini e quelle stesse nazioni che hanno gridato contro la schiavitù, hanno distrutto il commercio dei negrieri, distrutto in casa loro il dispotismo, proclamato i diritti dell'uomo, creata la scienza e sbalordito il mondo con la sua forza,  che hanno animato e celebrato l'anima umana con l'arte  e i suoi ideali,  acceso l'entusiasmo e la fede nel cuore degli uomini, promettendo loro in un prossimo futuro  giustizia e verità; a un tratto questi stessi popoli e nazioni, tutti (quasi tutti), in un dato momento hanno voltate le spalle a milioni di esseri infelici, cristiani, uomini, loro fratelli, morenti, insultati, e aspettano con impazienza, e sperano l'istante in cui essi saranno schiacciati, come serpi, come cimici, e ammutoliranno finalmente le loro disperate grida di aiuto, che ora irritano e agitano l'Europa. Perché proprio serpi e cimici li ritengono, anzi peggio: decine, centinaia di migliaia di cristiani vengono massacrati come si elimina  una rogna perniciosa, vengono estirpati dalla faccia della terra con tutte le radici. Sotto gli occhi dei fratelli morenti le sorelle vengono violentate, sotto gli occhio delle madri i bambini lattanti vengono scagliati in aria e ripresi a volo con le baionette; i villaggi sono distrutti, le chiese ridotte in macerie, tutto spietatamente sterminato, e ciò per opera di  un'orda musulmana selvaggia, infame, maledetta, avversaria della civiltà”.

    Sembra il quadro dell'Iraq e, ancor più, della  Siria di oggi, con i cristiani perseguitati e uccisi  dall'orda musulmana  dell'IS (“autentico islam” lo ha definito il consulente della Casa Bianca Edward Luttwak ) e della Jihad. E anche oggi, come allora, non si tratta “dell'opera di una schiera di briganti, raccoltisi casualmente durante una rivolta o il disordine di una guerra (…) I briganti agiscono per ordine ricevuto, per disposizione dei  ministri  e dei dirigenti dello Stato, dello stesso sultano”. Magari  non sarà proprio  di un'armata al dichiarato servizio di un sultano o di un presidente della Repubblica, ma certamente, oggi come allora, nemmeno di briganti  o altri disperati riuniti dal caso o da qualche sventura.

    In centoquarant'anni le armi della diplomazia si sono affinate, l'ipocrisia è aumentata e divenuta di rigore per chi non vuole finire nell'elenco degli “Stati canaglia”. Di conseguenza, difficilmente  uno Stato, un governo sono disposti  ad arruolare ufficialmente i briganti sotto le proprie insegne, a dare apertamente l'ordine delle stragi. E' più che sufficiente fornire un “progetto”,  i mezzi, le armi, l'addestramento per attuarlo, i “santuari”, dove riparare e  riorganizzarsi in caso di bisogno. E non sono pochi gli Stati del Vicino Oriente sui quali grava il serio sospetto di avere contribuito, in un momento o nell'altro, in un modo o nell'altro  alla nascita o alla crescita dell'Is.

    All'epoca di Dostoevskij l'Europa si mostrò indifferente  alla sorte dei  cristiani ortodossi della Bosnia, dell'Erzegovina e della Bulgaria, tutti sotto dominio turco, ma alla fine  consentì, sia pure ponendo condizioni (fra queste non toccare Costantinopoli,, mano libera all'Austria su Bosnia e Erzegovina), di intervenire alla Russia, che, scottata dalla guerra di Crimea, non osava farlo senza il placet europeo.

     Oggi l'Occidente (l'Europa al di qua e al di là dell'Atlantico, come alcuni amano dire)  fa di peggio.  Dopo avere finanziato  e organizzato  i ribelli anti-Assad ed essere stato sul punto di scendere in campo  al loro fianco (intervento bloccato all'ultimo momento dall'appello del Papa, dallo sdegno dell'opinione pubblica mondiale, e, soprattutto, dalla Russia di Putin), si appresta a mettere  in campo una nuova orda musulmana, che per i cristiani di Siria non sarà  migliore di quella che già tanti  di loro ha costretto all'esilio e tante stragi e distruzioni ha causato.

   La rivista Al-Monitor riferisce che gli Usa  si apprestano ad inviare in Turchia 400 esperti militari  per  addestrare in una base militare turca,  situata nella città di Kirsehir, nell’Anatolia centrale (e in altre minori  in Arabia Saudita e Qatar), nell'arco di tre anni 15.000  guerriglieri, definiti “moderati”  (evidentemente sotto l'aspetto religioso in contrapposizione a “fondamentalisti”), precisando che i primi  2.000,  da preparare in tempi brevi, saranno soprattutto  turkmeni, provenienti dalle zone di Damasco e Aleppo.

   Il vescovo Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino,  in una recente intervista a Radio Vaticana,  ne ha tratto le debite conclusione, dicendo   che la guerra proseguirà finché potenze straniere la alimenteranno, e ha aggiunto: “Statunitensi e turchi hanno appena dichiarato di avere un piano di sostegno e addestramento dei gruppi ribelli per i prossimi tre anni. Quindi hanno già messo in programma che la guerra durerà altri tre anni, e la gente qui continuerà a soffrire e a morire per altri tre anni”.

   Il vescovo e tutti i cristiani di Siria sanno benissimo che i cosiddetti “moderati”, oltre ad avere una invincibile propensione a passare con i fondamentalisti,  non sono molto meglio nel rapporto con  i cristiani.

   Dostoevskij è scomparso da tempo, ma forse si può ancora sperare nella Russia di Putin.