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Yarmouk (Siria): La resistenza dei palestinesi contro l’Isis

di Stefano Zecchinelli - 14/04/2015

Fonte: L'interferenza

 

La sinistra palestinese si ricompatta di fronte alla crisi di Yarmouk ?

L’analisi della crisi siriana – crisi provocata dall’esterno – ha tratto in errore molti analisti e studiosi di politica internazionale i quali, in larga parte condizionati dalla propaganda dei mass media occidentali, hanno travisato o frainteso il ruolo geopolitico della Siria baathista che, dopo l’Egitto nasseriano, rappresenta una sorta di ultima roccaforte del vecchio panarabismo laico.

Anche in relazione agli accadimenti di Yarmouk, come era prevedibile, i media ufficiali non hanno fatto eccezione: tante notizie rivelatesi prive di fondamento e ricavate da tante fonti discutibili sono state diffuse dalla grande parte dei giornalisti europei. E’ importante quindi cercare di fare chiarezza. A tal fine è bene tornare indietro nel tempo, esattamente al 2011; in questo modo sarà più facile comprendere quanto sta accadendo ora.

Che cosa è realmente successo in Siria: rivoluzione popolare o destabilizzazione imperialistica ?

Il tentativo di infiltrare gruppi wahabiti fu già attuato nel 2011 da John Negroponte che si recò a Damasco accompagnato dall’ambasciatore Robert Ford. Chi è Negroponte?: “John Negroponte (è colui che) creò gli squadroni della morte anti-sandinisti ‘’ operando con il sostegno di Washington, [essi] assassinarono centinaia di oppositori del regime appoggiato dagli USA.” (Vedasi Bill Vann, Bush Nominee linked to Latin American Terrorism, Global Research, novembre 2001)

L’attività di Negroponte non si esaurisce certo qui. Ancor prima, nel 2005, questo “stratega del caos” si trovava in Irak per organizzare squadroni eversivi filosauditi e curdi, contro la Resistenza sunnita irakena. La strategia di destabilizzazione resta molto simile a quella utilizzata in Sudamerica una ventina di anni prima  ( El Salvador-style ‘death squads’ to be deployed by US against Iraq militants – Times Online, 10 gennaio 2005 )

E’ solo col consenso di Negroponte che scatta l’Operazione Vulcano che porta in Siria dai 40.000 ai 60.000 mercenari entrati attraverso il confine Giordano e posti sotto il comando turco.

Il mondo si divide: ‘A Parigi, Berlino e Washington, i mandanti dell’operazione si sono scatenati nella squallida farsa della condanna delle azioni terroristiche, mentre riaffermano il proprio sostegno politico e logistico militare ai terroristi. Senza vergogna, hanno concluso che la responsabilità di questi omicidi non era dei colpevoli, ma delle vittime che avevano rifiutato di dimettersi sotto pressione e di consegnare la loro patria agli appetiti occidentali’ ( Thierry Meyssan, La battaglia di Damasco è iniziata, Rete Voltaire ).

Caracas e Teheran si schierano con il governo legittimo di Bashar Al Assad condannando il terrorismo e denunciando la responsabilità delle potenze occidentali, Stati Uniti in testa. A tre anni di distanza dall’articolo di Meyssan – La battaglia di Damasco – sappiamo ormai con certezza che il processo di destabilizzazione della Siria baathista era stato pianificato circa dieci anni prima, grazie alla diffusione massiccia sulla rete delle “confessioni” del generale statunitense Wesley Clark. Sappiamo che ISIS ed Al Qaeda sono creature dei servizi segreti Usa e sauditi grazie alle rivelazioni dell’ex informatico statunitense Edward Snowden. La collaborazione fra Israele ed i terroristi di Al Nusra non è più un mistero: il Primo Ministro israeliano, Netanyahu, nonché leader del partito di destra, Likud, è stato fotografato con terroristi affiliati ad Al Nusra sulle alture del Golan (ex territorio siriano). In poche parole, molti dubbi sono stati sciolti…

La guerra contro la Siria baathista di Assad è propedeutica a una serie di nuovi conflitti voluti dai “falchi” di Tel Aviv e dai neoconservatori Usa contro gli Stati indipendenti e non allineati ai dettami USA e NATO: una guerra che dalla Siria porta all’Iran e poi alla Russia.

Qual è la posizione della sinistra palestinese nei confronti della “crisi siriana” ?

Nel delineare la posizione dei socialisti palestinesi relativamente al conflitto siriano, prenderemo in esame le posizioni del Fronte popolare di liberazione palestinese, cioè la principale organizzazione marxista araba e palestinese. In Italia le tesi del Fplp vengono diffuse dal “Comitato del martre Ghassan Kanafani”. Questo ci permette di poter delineare un quadro della situazione

I rappresentanti delle Brigate Abu Ali Mustafa non hanno dubbi in merito alla necessità di difendere la Siria. In modo chiaro affermano che “La Siria ci ha sostenuto, è rimasta al nostro fianco e ha ospitato la resistenza palestinese. Merita il nostro appoggio in questo momento e durante questa crisi; noi non abbandoniamo chi ci ha sostenuto, chi ci ha ospitato e chi è stato dalla nostra parte”. La stessa natura della rivolta antigovernativa viene svelata “Quel che accade oggi in Siria è differente da quel che è accaduto in Tunisia e in Egitto; quello che accade in Siria è un vero e proprio complotto contro il Popolo siriano nostro fratello, contro il suo esercito e le sue dirigenze”.

Se all’inizio ci sono state delle legittime rivendicazioni democratiche – dice Ghazi Al-Sourani, esponente del Fplp – “Tale situazione però è stata subito sfruttata dalle forze dell’Islam politico e dalla sottomessa destra liberale’. L’analisi di Al-Sourani coglie un elemento molto importante. Spiega il dirigente palestinese “Queste forze sono state sostenute, in modo sia diretto che indiretto, dai collaborazionisti dell’Arabia Saudita, Qatar e Golfo Arabo, con la benedizione dei loro padroni statunitensi”. ( Fonte: http://kanafani.it/ )

Nulla da aggiungere sul filo-siriano Fronte popolare di liberazione palestinese Comando – Generale guidato da Ahmed Jibril che, senza mezzi termini, ha sempre ritenuto che la liberazione della Palestina storica passasse per Damasco. Proprio il Comando – Generale è la forza politica e militare palestinese che più si è distinta a Yarmouk nel fronteggiare le milizie mercenarie di Al Nusra ed ora dell’ISIS.

E Hamas ?

Il Movimento di Resistenza Islamico, Hamas si è letteralmente spaccato sulla crisi siriana: l’ala militare, le Brigate Al Qassam, resta fedele a Damasco e Teheran, mentre l’Ufficio Politico di Kaled Meshaal ha abbandonato il governo di Assad per avvicinarsi al regime turco di Erdogan. Una grave frattura che rende molto difficile fare previsioni su quello che succederà all’interno di questo movimento popolare islamico nei confronti del quale, per ovvie ragioni, si abbatte da sempre la disinformazione dei media filoisraeliani (in pratica tutti i media europei e occidentali)

Recentemente il Fplp, attraverso il suo leader Ahmed Abu Fuad, ha invitato Hamas ad assumere una posizione chiara relativamente ai fatti di Yarmouk. Fuad “Chiede inoltre che il Comitato Esecutivo dell’OLP condanni ufficialmente l’ingresso dei miliziani dello “Stato Islamico” nel campo’ ( Fonte: Comitato del Martire Ghassan Kanafani )”. Anche in questo caso ci sembra di poter affermare che il Fplp si rivela essere l’organizzazione politica più avanzata dello schieramento palestinese.

Hamas sarà in grado di correggere i suoi numerosi errori?

Cosa accade a Yarmouk …

Prima di tutto è bene dire che Yarmouk non è un campo profughi ma un vero e proprio quartiere palestinese nei pressi di Damasco. Lo scrittore Nidal Al-Azze – direttore della rivista Badil e vicino alla sinistra araba – lo definisce “la capitale politica del movimento di resistenza palestinese’ (intervista concessa al quotidiano Il Manifesto e pubblicata sabato 11 aprile 2015).

Perché l’ISIS attacca Yarmouk ? Per una ragione molto semplice: Yarmouk è una postazione logistica importantissima per entrare a Damasco e assediare il palazzo presidenziale di Assad.

Ma c’è anche un altro elemento che non è stato analizzato: fin dalla sua fondazione lo Stato Islamico ha preso di mira solo obiettivi arabi e musulmani, in tal modo favorendo la penetrazione imperialistica di Washington. Non è un caso che lo Stato israeliano non sia mai stato attaccato dall’ISIS. Di contro, il califfo Al Bagdadi (lo stesso che compariva in foto col senatore McCain!) ha definito più volte i guerriglieri di Hamas e di Hezbollah degli eretici da annientare. Può essere considerata casuale questa oggettiva convergenza di vedute e di obiettivi fra Al Bagdadi e Netanyahu?.

Tutto ciò lascia presupporre una comune strategia imperialistica che tiene insieme Yarmouk, Gaza e lo Yemen. Un’ offensiva delle milizie jihadiste appoggiate dagli Usa, Israele, Turchia e Arabia Saudita contro il nazionalismo progressista arabo e l’Islam sciita.

A Yarmouk sono inoltre presenti molti gruppi palestinesi che non hanno aderito all’Olp ( Organizzazione per la liberazione della Palestina ): Fplp C-G, Fatah Al-Intifada, Jabhat Al Nidal ( diviso in due dopo gli Accordi di Oslo: una parte è per il processo di pace, l’altra parte è per continuare la resistenza contro l’occupazione israeliana ) e As-sai’qa che è una specie di Ba’th palestinese. Sapranno trovare un accordo? La sinistra palestinese, davanti ad una così grave minaccia, si ricompatterà ?

Secondo Nidal Al-Azze (sempre dall’intervista pubblicata su Il Manifesto): “Yarmouk potrebbe essere un modello per altri campi profughi nel territorio che sarebbero incoraggiati a combattere i gruppi islamisti a fianco del governo Assad”. Una voce ottimista che lascia intendere come la Resistenza palestinese abbia buoni margini di vittoria. Una vittoria necessaria che – come appare evidente dati i rapporti di forza – non può prescindere dall’aiuto dell’esercito regolare siriano il quale – è il caso di dirlo – ha fino ad ora difeso la civiltà contro i mostri ( ISIS, Al Qaeda, Al Nusra ) creati dal colonialismo occidentale.

Alla luce di tutto ciò la domanda che ci si poneva poc’anzi – la sinistra palestinese sarà in grado di ricompattarsi? – diventa una condizione necessaria.