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Fiat-Chrysler: è vera partecipazione agli utili?

di Mario Bozzi Sentieri - 29/04/2015

Fonte: Arianna editrice

 

Bisogna dare atto a Sergio Marchionne, Amministratore Delegato di Fiat Spa, di avere costruito un’operazione “furba” ed  ad affetto, “incastrando” l’annuncio degli aumenti contrattuali per i dipendenti delle fabbriche auto del gruppo  tra la prima assemblea olandese di Fiat Chrysle Automobiles e la prevista apertura del tavolo per il rinnovo contrattuale.

Intanto perché così ha smorzato le eventuali polemiche in merito alla prima assemblea post fusione fuori dall’Italia, tenuta in un albergo del Centro di Amsterdam, di quello che un tempo veniva considerato il “gruppo torinese” e poi per avere spiazzato i sindacati, facendo balenare, dal 2015 al 2018,  bonus medi annui per lavoratore  che vanno da 1.400 euro a 2.800, fino a punte di 5mila euro, seppure legati al superamento degli obiettivi aziendali.

Il primo risultato è stato quello di spaccare il mondo sindacale , con Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Quadri, pronti a sposare  la linea di Marchionne e a sottoscrivere un verbale  d’intesa, attraverso  il quale i firmatari  riconoscono che  il nuovo sistema  "si inquadra nel processo di modernizzazione delle relazioni industriali intraprese dalle parti con la sottoscrizione del Contratto collettivo nel 2011 e prevede il pieno coinvolgimento delle persone di Fca nel perseguimento e raggiungimento degli obiettivi del Piano industriale dell'Azienda".
Dall’altra parte la  Fiom e la Cgil,   con  Maurizio Landini  preoccupato a sottolineare come la proposta/annuncio di Marchionne  cancelli “il ruolo del sindacato riducendolo a spettatore notarile", fingendo “una partecipazione dei lavoratori ai destini aziendali su cui invece non hanno alcuna possibilità di parola".

In attesa di verificare, nel concreto, l’applicazione della nuova formula salariale, è d’obbligo – da parte nostra – porre il problema  se effettivamente ci si trovi   di fronte ad un progetto di “partecipazione agli utili” da parte dei lavoratori o se invece si tratti di un sistema “premiante”, legato ai traguardi produttivi da raggiungere, ben lontano dal sistema partecipativo “alla tedesca” evocato per l’occasione.

Marchionne – non dimentichiamolo – non è nuovo alla politica degli annunci. E già questo, a livello  “di metodo”,  crea qualche perplessità, rispetto ad una materia che non può essere lasciata alla “buona volontà” di una parte, con livelli produttivi e percentuali di aumenti salariali decisi unilateralmente piuttosto che essere determinati e verificati, dati alla mano, con i rappresentanti dei lavoratori.

Nel concreto bisogna poi considerare l’anomalia del sistema salariale  di  Fca, che applica una paga base inferiore a quella del contratto nazionale, con una perdita salariale per i lavoratori del gruppo di  novanta euro mensili rispetto ad altri colleghi impiegati in altre aziende.

Ulteriore anomalia è che l’aumento promesso sia calcolato percentualmente (5%) sulla paga base, invece che su  una percentuale definita sui maggiori utili. Così la proclamata “distribuzione degli utili aziendali” sembra più un premio di produzione, molto simile a una sorta di cottimo mascherato, che una reale partecipazione di tutti i lavoratori ai risultati di produttività.

D’altro canto, sia il dibattito in sede di Costituente che l’esperienza giurisprudenziale e parlamentare seguente hanno sempre subordinato l’attuazione dell’art 46 ad una specifica legge applicativa che determinasse i modi ed i limiti alla gestione delle aziende, non escludendo peraltro – è prassi corrente – accordi tra le parti.

Gli esempi non mancano : l’Electrolux Zanussi, la Ducati di Borgo Panigale, le Cantine Ferrari, la Volkswagen Italia. Alla base di queste esperienze ci sono però chiari impegni, presi tra i rispettivi datori di lavoro ed i rappresentanti dei lavoratori, che prevedono tutta una serie di diritti all’informazione, alla consultazione e alla cogestione.

Non basta insomma annunciare un bonus, legato ai risultati, per parlare di “partecipazione agli utili”.

A questo punto l’invito che ci sentiamo di rivolgere alle organizzazioni sindacali è di alzare il tiro, incalzando i vertici di Fca proprio sul terreno partecipativo e  chiedendo perciò  non solo di meglio specificare i termini della proposta-Marchionne ma di allargarla, introducendo quegli elementi di informazione/cogestione che sono alla base di qualsiasi politica partecipativa e che toccano certamente il tema salariale (e quindi della partecipazione agli utili) ma che devono  anche riguardare le strategie aziendali, non ultimi i modi ed i tempi della produzione.

Parlare – come hanno fatto i vertici di Fca – di “ … passo avanti nel coinvolgimento delle persone per raggiungere gli obiettivi del piano industriale” significa insomma avere le idee confuse o di volere scientemente confonderle agli altri.

Solo con un coinvolgimento diretto dei lavoratori negli obiettivi aziendali, attraverso organiche forme partecipative, si può parlare di cogestione.