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Hello Afrika

di Eugenio Benetazzo - 06/05/2015

Fonte: Eugenio Benetazzo


Chi è nato all’inizio degli anni 70 forse si ricorda di questa hit discografica se quando era un teenager aveva la passione per la disco music di allora. Hello Afrika è stata una hit dal sound hip-hop reggae del 1991: il cantante era un allora noto deejay e produttore nigeriano conosciuto con il nome d’arte, Dr. Alban al secolo Alban Uzoma. A molti questo nome non dirà nulla, ma immagino che invece conosciate, It’s my life, ancora un’altra hit dello stesso autore che nel 1992 diventò prima nelle classifiche discografiche di Italia, Spagna, Germania e Regno Unito. Possiedo e custodisco ancora il vinile di Hello Afrika in versione 33 giri disco remix che comprai allora nel lontano 1991 (al prezzo di 16.000 lire). All’epoca si comprava un disco, soprattutto remix, per il suo ritmo dance: riascoltarlo oggi avendo le capacità di comprenderlo quasi interamente per il messaggio che voleva dare assume una connotazione di portata socioeconomica e sociopolitica. Dr Alban, che si faceva chiamare dottore perchè aveva originariamente iniziato gli studi di medicina in Svezia, con la sua canzone denunciava già nel 1991 come il suo paese, la Nigeria, nonostante fosse un paese ricchissimo era caratterizzato da una popolazione endemicamente molto povera e dava la colpa di questo stato di povertà strutturale in parte ai suoi stessi connazionali che permettevano lo sfruttamento impunito della nazione a favore di pochi eletti e delle grandi corporation occidentali.

Il messaggio che richiamava spesso il live performer nigeriano era quello di unire le forze dei popoli africani per ricreare una coalizione di stati africani alleati al grido di “African People Unite”, che facesse testa allo strapotere ed ingerenza occidentale, abbandonando sia la corruzione che le rivalità viscerali tra le varie etnie africane. In queste settimane tutta l’attenzione mediatica è rivolta alle vicende sempre più drammatiche che arrivano proprio dall’Africa a causa di un’ondata di immigrazione clandestina di popolazioni africane ormai inarrestabile, mediamente cinquemila alla settimana. I vari interlocutori politici in Italia si scannano tra di loro sul fatto che, secondo alcuni, bisogna bloccare il fenomeno o che, secondo altri, bisogna invece gestirlo, mantenendo tuttavia i meccanismi di intervento ed assistenza nei confronti di questi ultimi. Una delle motivazioni principali che viene additata a sostegno di questa ultima tesi è che queste popolazioni scappano da paesi molto poveri, senza risorse e martoriati da conflitti civili. Se qualcuno ha avuto occasione di ascoltare le interviste dei vari talk show fatte ai clandestini che sono ospiti nei campi di accoglienza o di identificazione avrà notato come la gran parte degli intervistati provenga dalla Nigeria. Non vi è niente da stupirisi, questo paese è il primo stato del continente per numero di abitanti con oltre 160 milioni di abitanti, ed anche il primo per dimensione del PIL, pari ad 1/3 di tutto quello del continente africano.

La Nigeria negli ultimi due anni ha superato di gran lunga la storica locomotiva dell’Africa, ovvero la Repubblica del Sudafrica, tanto che oggi il PIL dello stato in cui è ubicato il delta del fiume Niger vale quasi il doppio del secondo, 520 MLD ($) per la Nigeria contro i 350 MLD ($) per il Sudafrica. E questi dati risalgono addirittura ad inizio 2014. Per dirla in altro modo la Nigeria produce ¼ della ricchezza italiana oppure tanto quanto fa la Polonia. Per chi non lo sapesse è il paese che è cresciuto di più al mondo nel 2014 con un + 14%. Se ci fosse un ETF che replicasse l’andamento del solo mercato borsistico nigeriano rappresenterebbe un must per il vostro portafoglio. Sempre Dr. Alban, in quella hit del 1991 ovvero Hello Afrika, definisce l’intero continente come “motherland” ovvero terra madre: effettivamente l’Africa è considerata la culla dell’umanità, in quanto il più antico e presunto nostro antenato, l’Australopitecus Afarensis, è stato scoperto e rinvenuto proprio in uno stato africano. L’Africa oltre che la culla è anche la cassaforte del mondo in quanto ad oggi rimane ancora il continente più ricco sul pianeta in termini di risorse che può offrire: petrolio, gas, carbone, oro, diamanti, metalli bianchi, minerali ferrosi, legname, soft commodity e tanto altro ancora. Pertanto ci si dovrebbe chiedere come mai un paese come la Nigeria che potrebbe essere una sorta di altra Arabia Saudita non riesce a raggiungere un tal livello di benessere economico.

La Nigeria, al pari di altri paesi africani, è divorata al proprio interno dal malcostume locale e dalla corruzione a tutti i livelli di governo del paese: si classifica infatti al 134° posto su scala planetaria in termini di CPI (Corruption Perception Index). Tanti altri stati africani hanno valori di tale indice similari o addirittura peggiori come Sierra Leone, Zimbawe, Camerun, Libia, Costa d’Avorio, Kenya, Congo, Angola, Sudan e Somalia, dove proprio questi ultimi due stati sono rispettivamente penultimi ed ultimi al mondo per l’abuso dell’ufficio pubblico al fine di foraggiare il profitto privato. La povera Italia che adesso si trova sotto assedio, è la terzultima in Europa per corruzione, fanno peggio degli italiani, solo rumeni e greci. Di certo Nigeria ed altri paesi se fossero amministrati più diligentemente per le risorse che possono vantare sarebbero molto più ricchi e benestanti di molti paesi europei. Le motivazioni che spiegano perchè queste popolazioni africane non riescono ad affrancarsi e ad autogovernarsi con diligenza non si possono scrivere, soprattutto a causa del clima mistificatorio che è venuto a formarsi in Italia. Purtroppo. Vi invito tuttavia a soffermarmi su questo pensiero: se un paese come il nostro martoriato e dilaniato internamente a quasi tutti i livelli di governo dal malcostume e corruzione italiana possa trovare giovamento importando risorse umane da altri stati in cui il livello di corruzione è decisamente più elevato ed intenso. Spero non sia questo l’arricchimento culturale di cui dovremmo beneficiare nei prossimi anni.