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Grecia: il colpo di stato finanziario e l'espropriazione degli stati e dei popoli

di Luigi Tedeschi - 29/07/2015

Fonte: Italicum

 

Non essendo temporaneamente in funzione il blog di Italicum, il numero di maggio giugno 2015 può essere richiesto in pdf al'indirizzo posta@centroitalicum.it

Per i colpi di Stato i generali non servono più: non sono più necessarie armi, eserciti, servizi segreti, ma sono sufficienti le misure di austerity imposte da oligarchie finanziarie non elettive, ma dotate dei poteri sovrani effettivi. Il 2015 infatti rappresenterà nella storia dell'Europa l'anno zero della sovranità nazionale.

Le riforme imposte alla Grecia saranno attuate sotto il rigido controllo della Troika. Sono misure ispirate alla più rigida austerity e non potranno che generare ulteriore recessione, disoccupazione, emergenze sociali, in un paese già condannato al default dalla stessa politica di austerity, dalla stessa Troika dalla stessa Germania. Tali riforme comporteranno: 1) Inasprimenti della pressione fiscale, abrogazione delle agevolazioni, innalzamento delle aliquote IVA al 23%. 2) Tagli alle pensioni per un importo pari al 17% del Pil, con innalzamento dell'età pensionabile a 67 anni. 3) Misure di liberalizzazione delle professioni e delle attività economiche. La Grecia ne trarrebbe un beneficio di 5,2 miliardi (?). 4) Soprattutto, si vuole imporre un programma di privatizzazioni che prevede la costituzione di un fondo cui conferire il patrimonio pubblico da privatizzare per 50 miliardi. Le privatizzazioni daranno luogo alla cessione – liquidazione dell'intero patrimonio pubblico greco a favore delle multinazionali e dei fondi di investimento in larga maggioranza americani. Il fine ultimo di tali riforme è evidente: l'espropriazione degli stati e dei popoli, secondo la logica di dominio globale delle oligarchie finanziarie.

La rigidità tedesca ha un evidente significato: una eventuale ristrutturazione del del debito greco potrebbe costituire un pericoloso precedente a favore dei partiti euroscettici. L'intransigenza tedesca  ha avuto lo scopo di produrre effetti destabilizzanti nei confronti del governo greco. Il golpe finanziario ne è la dimostrazione evidente. La Germania non crede certo alla sostenibilità del debito greco né tanto meno alla solvibilità della Grecia, Il debito reale secondo stime del FMI ammonterebbe al 200% del Pil. Infatti, il FMI ha dichiarato di opporsi agli aiuti senza una preventiva ristrutturazione del debito, la Gran Bretagna e la Repubblica Ceca non erogheranno prestiti per la Grecia, lo stesso Schaubler  era contrario ad ulteriori aiuti. Ma in realtà, la Germania, nel mantenere la Grecia, nell'euro ha voluto imporre il dogma dell'irreversibilità o, meglio, dell'inesorabilità dell'euro, che è il fondamento della sua egemonia europea.

Il golpe finanziario greco ha in realtà motivazioni di carattere geopolitico evidenti. La Grecia è un paese di fondamentale importanza strategica per gli Usa e la Nato, La Grecia infatti è un paese – ponte tra l'Europa e il medio oriente, la cui uscita dalla UE avvantaggerebbe la Russia di Putin, acerrimo nemico geopolitico degli USA. Putin aveva avanzato proposte di sostegno economico e finanziario alla Grecia, in caso di uscita dalla UE. I timori americani non hanno tardato a manifestarsi con moniti di Obama e pressioni politiche sull'Europa. In questa ottica devono essere dunque interpretati i recenti accordi tra la UE e la Grecia, che si inseriscono nella logica della politica americana di aggressione all'Eurasia.

 

E' stata l'Europa ad entrare in Grecia, non la Grecia in Europa

 

Il dafault greco non è uno spettro, ma uno stato di fatto che si perpetua, generato dalla politica economico – monetaria aggressiva perseguita da Germania, Francia e loro alleati minori. Con l'avvento dell'euro infatti, si diede luogo ad ondate massicce di esportazioni di prodotti tedeschi in Grecia e, in ossequio al principio della libera circolazione dei capitali nell'Eurozona, le banche tedesche offrirono ingenti capitali in prestito a bassi tassi di interesse. Tuttavia, poiché l'economia greca non era in grado di generare un tasso di sviluppo tale da rendere sostenibili tali masse di importazioni e tali livelli di indebitamento, non essendo possibili misure di svalutazione monetaria con l'adozione della moneta unica, crebbe a dismisura il debito privato, rivelatosi poi insolvibile, il deficit dei conti con l'estero, il debito pubblico. Come è stato affermato da Giulio Tremonti, “Il problema non è che la Grecia è entrata in Europa, è che l'Europa è entrata in Grecia”.

In assenza di regole di vigilanza sui movimenti finanziari, si manifestò presto la crisi – default  della Grecia. Afferma al riguardo Alberto Bagnai: “La letteratura scientifica e la prassi delle istituzioni finanziarie internazionali [Manasse e Roubini, 2005] stabiliscono che quando un paese, nel suo complesso, si indebita verso l'estero a un ritmo superiore al 4% del proprio Pil all'anno, si rischiano seri problemi. Queste sono cose che chi opera nella finanza sa: sono regole empiriche che fanno parte del patrimonio culturale di chi lavora sui mercati, tra l'altro molto facili da verificare sui dati. Basta un telefonino per sapere quale sia l'indebitamento estero di un paese. Quindi, posto che tutti  sanno che il 4% del Pil di indebitamento estero è una soglia di attenzione, come è mai possibile che ancora nel 2007, a crisi dei mutui subprime conclamata, le banche del Nord continuassero a prestare largamente a paesi come l'Irlanda (5% di Pil di indebitamento estero), la Spagna (10%), il Portogallo (10%) e la Grecia (15%)? Non avevano occhi per vedere?”.

Si continua ancora oggi a mentire spudoratamente, riversando sulla Grecia la responsabilità della crisi, in quanto essa avrebbe vissuto al di sopra delle proprie possibilità, avrebbe finanziato un welfare troppo generoso ed improduttivo, non avrebbe attuato le riforme necessarie. Ma nessuno, o quasi, mette sotto accusa la politica di espansione illimitata del credito operata dai paesi del Nord dell'Eurozona. Se azzardo morale c'è stato, questa accusa deve essere rivolta ai creditori, in primis alla Germania, che hanno pervicacemente erogato credito ad un paese debitore di dubbia solvibilità ed il cui debito non dava garanzie di sostenibilità, Non dovrebbero essere condannate dai cittadini dei paesi del Nord classi politiche che hanno perseguito politiche finanziarie irresponsabili provocando il default oggi della Grecia e domani anche di altri paesi che inevitabilmente coinvolge gli stessi paesi creditori, prima di gridare contro l'avventurismo e l'incoscienza di Vaoufakis? In tale contesto, non è solo in gioco la credibilità del debitore, ma anche e soprattutto quella del creditore.

 

Il destino atlantico dell'Europa

 

E' evidente che i prestiti erogati alla Grecia per 84 miliardi non scongiureranno nuove crisi, che in breve tempo torneranno a manifestarsi. Nei prossimi mesi i problemi della Grecia ritorneranno alla ribalta europea in tutta la loro drammaticità. L'intransigenza  della Germania, culminata nel golpe finanziario, sembra avere avuto regione sui movimenti “populisti”. Ma tale rigidità non potrà in tempi brevi che incentivare le opposizioni euroscettiche in tutta l'Europa. Il default greco potrebbe presto replicarsi in altri paesi, data l'insostenibilità del debito e il perdurare della politica di austerity. Crisi di maggiore rilevanza potrebbero verificarsi in paesi più importanti della Grecia (Spagna, Italia, Portogallo e la stessa Francia). In primis, il debito italiano potrebbe rivelarsi insostenibile, dato il suo progressivo incremento a fronte di una crescita assai limitata ed incerta. Le reazioni popoli al dominio tedesco sull'Europa potrebbero essere assai più rilevanti. Il processo di dissoluzione interna dell'Europa nei prossimi anni potrebbe accentuarsi.

In concomitanza dell'avanzata delle spinte centrifughe anti – euro, la Germania ed i suoi alleati – vassalli (ancor più rigidi verso la Grecia della stessa Merkel, perché le politiche di austerità rappresentano la ragion d'essere delle classi dirigenti spagnole, portoghesi, italiane, dei baltici ecc.), vogliono accelerare i processi di integrazione europea, con ulteriori cessioni di sovranità da parte degli stati, data la concreta possibilità di implosione politica della UE nei prossimi anni. Si vuole soprattutto accelerare la realizzazione del TTIP, del patto transatlantico, per creare quel mercato unico USA – UE, che rappresenterebbe il definitivo assorbimento dell'Europa nell'area di dominio politico ed economico americano, ma che comunque preserverebbe le attuali classi dirigenti, quali garanti – vassalli delle oligarchie finanziarie europee.

Il destino atlantico dell'Europa è quindi irreversibile? Occorre considerare che i fenomeni di dissoluzione, quale quello cui sembra condannata l'Europa, hanno nella storia sempre esiti imprevedibili. La politica europea non sarà più strutturata sul binomio destra / sinistra, ma sulla contrapposizione tra le oligarchie della global class e le masse della pauper class. Occorre infine rilevare quanto nella storia le politiche repressive abbiano contribuito a creare i presupposti per la nascita di nuovi soggetti politici e nuovi eventi rivoluzionari. Si rammenti a tal fine, la brutale repressione zarista sul popolo del 1905, che creò i presupposti della rivoluzione russa.