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La moneta bancaria: dal valore indotto al valore autoreferenziale

di Nicoletta Forcheri - 09/11/2015

Fonte: mercatoliberotestimonianze




Con tutto il rispetto rimasto intatto di chi scrive per il professore Giacinto Auriti, dobbiamo constatare che la ricerca è andata avanti e che dalla sua teoria del valore indotto della moneta(1), adesso possiamo distinguere la moneta bancaria - quella virtuale dei depositi - dal resto della moenta, per la sua particolarità di non essere solo misura del valore (unità di conto) e valore della misura (riserva di valore) ma anche registrazione - contabile - di tale valore e nel contempo tale stesso valore !!!

Fino a oggi tutti hanno sostenuto che la moneta ha valore a prescindere dal suo supporto - cartaceo, metallico, plastico, elettronico - e che tale supporto non cambiava niente al valore indotto della moneta di cui parla Giacinto Auriti​.

Ma io aggiungo in realtà che la moneta bancaria ha questa peculiarità: che è anche contabilità di sé stessa, contrariamente alla banconota, alla monetina, all'assegno.

Questa particolarità la chiamerei la caratteristica riflessiva o autoreferenziale della moneta bancaria, per di più emessa con il gioco contabile della partita doppia dalle banche private e dalle banche centrali.

Quella della partita doppia è altro aspetto sottaciuto: secondo me è alla base della truffa, poiché la moneta nasce con un pareggio di bilancio - falso - derivante da una partita doppia in pareggio mal interpretata, giacché non azzera più i debiti e i crediti con i relativi rimborsi e incassi, ma un finto debito - il deposito - con un vero credito - il (finto) mutuo, mentre il mutuatario, che sia il cittadino o lo Stato, avrà un vero debito (e un finto credito), da rimborsare tutto, sempre in una finta partita doppia a somma negativa. Tale effetto si ottiene con il falso contabile che mette al passivo la creazione monetaria di cui abbiamo parlato in altri articoli (cfr. http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/search?q=falso+contabile) e di cui peraltro Auriti era ben consapevole.

Secondo la mia opinione, laddove i seguaci di Auriti ripetono che il valore della moneta nasce per accettazione - verissimo, sia pur accettazione forzosa e forzata - e che quindi bisogna dichiarare la moneta proprietà del portatore, essi dimenticano che anche per Auriti il fatto contabile era importante e omettono quindi di dire che se il fatto contabile non combacia con la dichiarazione giuridica di proprietà al portatore, ciò non servirà a rendere la moneta veramente proprietà del portatore.

Comunque sia oramai siamo nell'evidente situazione paradossale di proprietà giuridicamente dichiarata della moneta bancaria alla banca, con l'articolo 1834 che dichiara la banca proprietaria dei nostri depositi - e relativi conseguenti logici bail-in - ma di cui contabilmente la banca si dichiara debitrice, al passivo, un debito che ci presta a noi: ma essendo il prestare prerogativa del proprietario, come diceva Auriti, la banca non dovrebbe potere  accumulare la qualità di proprietaria e di debitrice della cosa prestata contemporaneamente, a meno di imporci la situazione del paradosso del mentitore, quel paradosso cioè in cui una dichiarazione non può essere definita né falsa né vera poiché chi la enuncia ad esempio è incluso nel paradosso. Dichiarandosi la banca sia debitrice - contabilmente - sia proprietaria - giuridicamente - della moneta emessa/deposito siamo vicini a quella situazione descritta da Aristotele quando si chiede se sia possibile giurare di rompere il giuramento che si sta prestando od ordinare di disobbedire all'ordine che si sta impartendo, si tratta cioè di quelle dichiarazioni paradossali che confondono tra uso e menzione, un paradosso di tipo autoreferenziale in cui chi fa la dichiarazione non può fare fede e la cui veridicità andrebbe annullata, non accettata.

La banca mettendo al passivo la moneta prestata quando dichiara di erogare un prestito di tale moneta è quindi come quando io dico: Io sto mentendo. Non è possibile sapere se è vero o falso perché tale dichiarazione è autoreferenziale.   Lo stesso dicasi per il mutuo erogato da una banca che dichiara di prestarti i soldi mentre tali soldi non li ha, ma te li deve, per definizione contabile: quindi le dichiarazioni di mutuo di una banca, per dirla con Crisippo sulle frasi paradossali (cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_del_mentitore)  "non si deve dire che esse dicono il vero e (neppure) il falso; né si deve congetturare in un altro modo, cioé che lo stesso (enunciato) esprima simultaneamente il vero e il falso, bensì che esse sono completamente prive di significato" ovvero sia giuridicamente NULLE. 

Per chiarire il paradosso bisognerebbe distinguere le due cose e scegliere: o la banca non è proprietaria ma vera debitrice, in tal caso le banche sono tutte fallite, o è proprietaria vera e finta debitrice, in tal caso le banche sono tutte falsarie.

Per chiarire il paradosso bisognerebbe anche esplorare ed operare la distinzione tra chi tiene la contabilità da chi emette/crea la moneta, e poi soprattutto separare le scritture contabili stesse dalla moneta stessa, la scrittura contabile andrebbe cioè non considerata moneta come lo è attualmente. 
  
Alla luce della teoria del valore indotto della moneta si capisce anche facilmente che tale valore che le banche ci prestano segnandolo come un loro (falso) passivo in realtà lo succhiano da chi accetta tale falsa moneta, perché siamo noi con il nostro valore intrinseco e prodotto ad avvalorare tale falsa moneta. Una prassi che deriva dallo slittamento di una concessione - la concessione dell'emissione dei NOSTRI soldi - a quello di CESSIONE, la cessione della nostra sovranità monetaria e sovranità tout court.

Slittamenti semantici che avvengono a cascata a partire da quel paradosso del mentitore, con rovesciamenti dei significati o contraddizioni,  ed è così che l'agency/concessionario diventa il dominus, o che per dirne un'altra la corporazione diventa la Corporation.... e così via dicendo.



(1) "valore indotto della moneta": il valore della moneta ha valore solo per accettazione, se la moneta non viene accettata rimane mero simbolo. Il fatto è che tale accettazione è forzata e imposta.