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Per l’onore di Irlanda. L’insurrezione irlandese del 1916

di Maurizio Bergonzini - 09/05/2016

Per l’onore di Irlanda. L’insurrezione irlandese del 1916

Fonte: Arianna editrice

Il centesimo anniversario della “ Rivolta di Pasqua”, l’insurrezione di Dublino contro la plurisecolare dominazione britannica, ha avuto in Italia un eco limitato nonostante il fascino che “l’ isola verde” emana. Paolo Gulisano con “Per l’onore di Irlanda. L’insurrezione irlandese del 1916” ( edito da IL Cerchio, euri 18, 160 pagine)  offre un motivo di riflessione generale non solo una ricostruzione di quei fatti storici che William Butler Yeats, premio Nobel per la letteratura, così cantò «Li ho incontrati al cadere del giorno / mentre ritornavano animati in viso / da banchi di negozi / o scrittoi tra grigie / case del diciottesimo secolo. (…). Noi conosciamo il loro sogno / basta sapere che sognarono e son morti. / E che importa se eccesso d’amore / Li sconvolse fin che morirono? / Lo scrivo in rima: / MacDonagh e MacBride / E Connolly e Pearse. / Ora e nel tempo avvenire, / ovunque s’indossi il verde, / sono mutati, interamente mutati: / una bellezza terribile è nata».
Il volume di cui trattiamo ripercorre le vicende irlandesi dall’invasione, nel 1171, di Enrico II re normanno di Inghilterra alla colonizzazione di Elisabetta I con il conseguente tentativo anglicano di spezzare la Chiesa Cattolica irlandese, costretta alla clandestinità e perseguitata in ogni modo, dalla “ plantation” la colonizzazione dell’Ulster da parte di fanatici protestanti fedeli alla corona inglese cui furono concesse le terre confiscate alla ribellione del 1798 e all’abolizione nel 1829 dell'esclusione di cattolici e presbiteriani dalla vita pubblica.
Il dottor Gulisano ( saggista, medico e fondatore e Vice Presidente della Società Chestertoniana italiana ) dà giusto rilievo alla “grande carestia” che a metà ottocento portò alla morte un milione di irlandesi e ne costrinse all’emigrazione più di un milione e mezzo in gran parte verso gli USA e le città industriali britanniche. Questa tragedia e questo sradicamento misero in pericolo la stessa persistenza del gaelico divenuta la lingua dei poveri, dei contadini, dei pescatori, dei vagabondi.
E non a caso Yeats in Fiabe irlandesi scrisse : “Una lingua rappresenta la memoria collettiva «naturale» di una popolazione: se questa, per impossessarsi di un nuovo strumento linguistico, perde il contatto con il suo mezzo d'espressione più antico, diviene del tutto incapace di riconoscersi nelle proprie tradizioni: come potrà, allora, affermare la propria identità?” Da qui nasce, ed è al centro dell’analisi di Gulisano, uno sforzo e impegno corale che, al fianco dei tentativi politici e insurrezionali, si propone di ribadire l’identità irlandese dando ad essa rinnovata espressione dall’esperienza dell'Abbey Theatre inaugurato nel 1904 con la messa in scena  di Cathleen Ni Houlihan di Yeats alla fondazione nel 1888 del Celtic nato nei quartieri di immigrati irlandesi poveri a Glasgow, dalla rinascita del football gaelico alla fondazione da parte di Patrick ( o Padraig come preferiva essere chiamato) Pearse ( uno dei fucilati dai britannici dopo la rivolta di Pasqua) della Scoil Enna che ambiva a incarnare il progetto di un’educazione bilingue tesa a “ valorizzare la cultura irlandese e fondata sui valori cattolici”.
In queste poche righe abbiamo un poco tralasciato la attenta e rigorosa ricostruzione dei fatti storici che Gulisano offre. Ma essa, pur importante,ci sembra non debba mettere in secondo piano quel che appare il dato fondamentale: la lotta per l’identità comunitaria, la lotta per non farsi strappare l’anima.