Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Pannella, la (falsa) coscienza infelice del sistema

Pannella, la (falsa) coscienza infelice del sistema

di Fabrizio Marchi - 23/05/2016

Pannella, la (falsa) coscienza infelice del sistema

Fonte: L'interferenza

Che quella di Marco Pannella fosse una personalità complessa, è fuori di dubbio. Parlo di quella politica, naturalmente. Complessa e, aggiungo, ambigua. O forse no. Coerente. Molto coerente.

Un cosa è sicura. Pannella non era di certo un uomo “antisistema”, nonostante l’immagine che molto abilmente si era costruito, né poteva esserlo per la semplice ragione che ne faceva parte, e a pieno titolo, da liberale e liberista qual era e dichiarava orgogliosamente di essere. Personalmente credo che sia giunto il momento di mettere seriamente in discussione l’equazione liberalismo=liberismo, che ormai fa acqua da tutte le parti, perché la storia ci ha detto con molta chiarezza che il capitalismo può affermarsi sia in presenza che, ancor meglio, in assenza di diritti, nonostante quello che vorrebbero millantare i suoi cantori, di destra o di “sinistra”. Ma questo è un altro discorso assai complesso e che dovrà essere affrontato con un articolo ad hoc.

E da liberale e da liberista qual era Pannella è stato sicuramente un uomo coerente. Di questo gliene va dato atto. In tutto e per tutto, anche e soprattutto nelle evidenti, macroscopiche e inevitabili contraddizioni, anche se la cosa può apparire apparentemente paradossale, che quella stessa coerenza impone e che hanno caratterizzato la sua vita e le sue scelte politiche.

Si può infatti lottare per il riconoscimento de diritti dei detenuti in Italia e nello stesso tempo appoggiare incondizionatamente uno stato, come quello israeliano, che viola costantemente, fra gli altri, anche i diritti delle migliaia e migliaia di prigionieri politici palestinesi detenuti nelle sue carceri, come peraltro documentato da tante associazioni, non certo invise al mondo occidentale, come Amnesty International o Human Rights Watch?

Ci si può battere per i diritti civili, fare professione di “pacifismo” e nello stesso tempo invocare e farsi portabandiera di guerre imperialiste, seppur camuffate da interventi “umanitari”, che hanno causato centinaia di migliaia di morti, feriti, lutti e sofferenze di ogni genere in tanti paesi del mondo?

Per il liberale e liberista Pannella non solo era possibile ma del tutto coerente. Né più e né meno, sia chiaro, di tanti altri liberal-liberisti.

Ecco, il ruolo di uomini come Pannella, fra le altre cose, era anche quello di confondere le acque, di mescolare le carte o di rigirare la frittata, che dir si voglia, e quindi spacciare una guerra imperialista e/o neocolonialista come una sorta di “guerra etica”, necessaria per portare democrazia e diritti a tutti quei popoli soggetti a tirannia, vera o presunta che fosse. Peccato che anche Pannella fosse colpito da strabismo e avesse visto tiranni solo dove li vedevano Washington, Londra o Tel Aviv . Il suo “pacifismo”, infatti, decisamente a senso unico, non è mai entrato in rotta di collisione con le politiche delle grandi potenze occidentali, a partire naturalmente dagli USA e da Israele di cui, come già detto, era grande amico e sostenitore.  Indimenticabile, fra gli altri, il suo strenuo impegno per portare pace e diritti umani nella ex Jugoslavia, naturalmente schierato dalla parte dei “buoni”, cioè la NATO e i suoi alleati in loco, fra cui anche noti e riconosciuti massacratori – come ad esempio il croato Tudjman – eredi dei vecchi “ustascia”, collaboratori dei nazifascisti durante la seconda guerra mondiale. Neanche il suo vecchio amico Adriano Sofri (anche se quest’ultimo non praticava il digiuno) è stato tanto solerte.

Fin qui, in estrema sintesi, la storia della sua militanza “pacifista” e in favore dei popoli del mondo.

Ma Marco Pannella è stato anche altro, molto altro. E’ stato uno dei principali interpreti di quel metaforico passaggio di consegne tra una “falsa coscienza” e un’altra, cioè tra il vecchio impianto ideologico “vetero borghese”, fuori tempo massimo per raggiunti limiti di età, che doveva essere messo in soffitta o meglio nel ripostiglio (dove, qualora ce ne fosse la necessità, è sempre pronto all’uso…), e la nuova ideologia “liberal (o radical) politicamente corretta”, sicuramente più funzionale in questa fase storica alle esigenze del sistema capitalista che voleva e doveva disfarsi di ogni laccio o lacciuolo, sia di ordine pratico (cioè politico o economico) che ideologico, in grado di costituire un ostacolo alla sua illimitata riproduzione.  In realtà, anche in questo caso, non inventò nulla, non fu un apripista, come si suol dire. Fu soltanto molto abile, anche perché dotato di una indiscussa verve, di una notevole abilità dialettica (retorica?) e anche di un notevole carisma personale, a farsi interprete di processi che erano già in corso e che avrebbero avuto il loro naturale epilogo, indipendentemente dalla sua personale volontà. In tema, fece storia il suo (molto breve e, per la verità, assai funzionale) arresto per essersi fumato uno “spinello” sulla pubblica piazza; una provocazione nell’ambito della “battaglia” per la liberalizzazione delle droghe leggere.

Queste sue doti di abilissimo e intelligente affabulatore, unite ad una dose di smodato narcisismo, anche in questo caso sopra la media (ma oggi c’è chi lo supera senza però avere il suo carisma e la sua personalità, anche questo va riconosciuto) lo hanno portato a cavalcare e a rappresentare storiche battaglie, come quelle per il divorzio e per l’aborto, che in realtà furono portate avanti, sostenute e vinte grazie alla spinta di milioni e milioni di persone e di grandi movimenti di massa all’interno dei quali il Partito radicale rappresentava soltanto una esigua e sparuta minoranza.

Complice il sistema mediatico che di fatto lo ha sempre sostenuto e celebrato nonostante lui stesso lamentasse di continuo di essere oscurato, riuscì perfino a diventare il paladino delle battaglie degli ultimi, dei “rifiuti”, dei reietti della società, come si suol dire, cioè dei carcerati. Non che non si sia fatto promotore di iniziative pregevoli da questo punto di vista – ciò che è giusto va ricordato e sottolineato – ma ci si dimentica sempre di dire che quei diritti che i detenuti, fra cui molti politici, riuscirono a conquistare nel corso del tempo furono innanzitutto il risultato di lotte durissime, condotte in condizioni difficilissime e pagate a un prezzo salatissimo, ben prima che Pannella cominciò ad interessarsene. Qualcuno di voi ricorda le rivolte nelle carceri, specie negli anni ’70, con i detenuti che salivano sui tetti o si barricavano all’interno dei bracci, rimanendoci talvolta per settimane, per protestare contro le disumane condizioni di vita a cui erano sottoposti? Questi numerosi episodi di ribellione ad un sistema ingiusto e immotivatamente ultra repressivo, niente affatto isolati (al contrario, fu una stagione di lotte che portò alla nascita di un vero e proprio movimento dei detenuti), terminavano sempre nella stessa maniera: irruzioni della polizia e talvolta delle forze speciali all’interno dei penitenziari, pestaggi brutali, isolamento, trasferimenti di massa, divieto di incontrare i parenti, inasprimento delle misure restrittive e delle già durissime condizioni detentive, e altre pesantissime sanzioni. Ma tutto ciò è caduto, o meglio è stato fatto cadere nell’oblio, a differenza dell’astro di Pannella, che ha sempre continuato a brillare nel firmamento (si fa per dire…) della politica italiana.

Una politica all’interno della quale il “nostro” si è barcamenato, stringendo alleanze a destra e a manca, nel senso letterale del termine.

Fanatico liberista in ambito economico, insieme ai suoi compagni e alle sue compagne di partito, in primis Emma Bonino, è stato uno dei più autorevoli ideologi del processo di “liberalizzazione”, leggi precarizzazione del lavoro. Celebri i suoi strali contro la cosiddetta “sindacatocrazia” e la contro la “partitocrazia”.  Il contributo di Pannella è stato determinante, dal punto di vista ideologico, per distruggere la Prima Repubblica con i suoi partiti di massa che, con tutte le loro contraddizioni, in qualche modo rappresentavano una cerniera fra la cosiddetta società civile e il “Palazzo”. Crollato il muro di Berlino, i padroni del vapore (che Pannella ha sempre servito) non avevano più necessità di tenere in piedi quella complessa e costosa macchina di mediazione sociale che era appunto il “sistema dei partiti”. Bisognava liberarsene e servivano gli uomini giusti, in ogni ambito, per farlo. Pannella ha recitato il suo ruolo alla perfezione e, forse, in questa materia specifica, è stato un anticipatore, contribuendo fattivamente alla disaffezione nei confronti della politica e alla costruzione di quel sentimento diffuso che oggi prende appunto il nome di “antipolitica”.

Ancora più importante, sempre dal punto di vista ideologico ma soprattutto comunicativo, è stato il suo lavoro finalizzato allo smantellamento del sistema di garanzie, tutele e diritti conquistati dai lavoratori in tanti anni di lotte, interpretati come legacci che impediscono alle imprese di crescere (leggi fare profitti), e di muoversi liberamente e agilmente sul mercato (leggi libertà di assumere e licenziare a piacimento e di stabilire le condizioni di lavoro).

Altrettanto celebri i suoi scioperi della fame che non lo hanno indebolito (evidentemente era di fibra robusta…) e non gli hanno impedito di arrivare alla non più tenerissima età di 86 anni, tutto sommato in buona salute.  Altri che hanno scelto di praticare quella stessa forma di protesta, penso ad esempio ai militanti indipendentisti irlandesi, pur essendo anch’essi di fibra robusta e molto più giovani di lui, sono morti o si sono lasciati morire di fame e di sete in quelle carceri speciali britanniche dove erano sepolti vivi.

In conclusione, Pannella ha rappresentato una sorta di falsa autocoscienza o di (falsa) coscienza infelice, del sistema dominante. Una funzione di fondamentale importanza per una forma di dominio sociale così complessa quale quella attuale. Che lui fosse in buona fede o meno – e secondo me lo era, nel senso che credeva veramente nelle sue idee e nel sistema che lui voleva “riformare” o “modernizzare” – è del tutto irrilevante ai fini del discorso che stiamo facendo, perché ciò che conta, drammaticamente, in politica, è ciò che storicamente e concretamente si determina. E in virtù o a causa di ciò lui, da questo punto di vista, è stato sicuramente un vincitore. Purtroppo.