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False Flag: come il Potere falsifica la storia

di Enrica Perucchietti - Federico Musso - 23/06/2016

False Flag: come il Potere falsifica la storia

Fonte: testelibere

"La libertà è poter dire che due più due è uguale a quattro." Questa frase profetica di George Orwell è quantomai vera, quando si è di fronte a una "flase flag operation", ossia a un'operazione bellica organizzata apposta per far ricadere la colpa su un avversario.

Di solito, di fronte ai "false flag" (documentati oppure possibili) l'opinione pubblica si fida della "verità" ufficiale, senza approfondire la vicenda. Di fatto, si rifugia in una storia il più delle volte falsificata.

Le azioni "sotto false bandiera" non sono insolite o nuove, come spiega Enrica Perucchietti nel suo "False Flag. Sotto falsa bandiera. Strategia della tensione e terrorismo di stato". Sono un sistema collaudato per gestire l'opinione delle masse e per muovere la storia verso gli obiettivi del potente di turno. Ma come distinguere la versione ufficiale, la teoria complottista e la verità?

Per approfondire l'argomento, Teste Libere ha rivolto alcune domande alla saggista Enrica Perucchietti.

La paura è il sentimento indotto più efficace per trasformare le decisioni politiche sgradite in “inevitabili”, come spieghi nel tuo libro. Quale episodio “sotto falsa bandiera” è, secondo te, quello più importante che le persone capiscano essere stato architettato con altri scopi?

Vorrei poter rispondere l’Undici Settembre, ma non è ancora storicamente provato che si sia trattato di un’operazione sotto falsa bandiera, nonostante la mole di anomalie e di interessi che ruotarono attorno alla tragedia. Forse un giorno sarà riconosciuto come un atto di terrorismo sintetico, ma negli ultimi 15 anni gli attentati, alcuni omicidi sospetti e alcune particolari stragi rientrano sotto la categoria di false flag operation solo “presunta” e non comprovata (come distinguo per obiettività nel mio libro). Faccio dunque riferimento a due casi meno noti all’opinione pubblica ma storicamente accertati: l’operazione Mongoose e l’operazione Northwoods. La prima, conosciuta anche come The Cuban Project, è un’operazione disegnata e condotta dalla CIA a partire dal 1961 sotto la spinta dell’allora ministro della giustizia Robert Kennedy. Nel novembre del 1961, nella massima segretezza, John e Bob Kennedy crearono una cellula per la pianificazione dell’attività clandestina volta a eliminare Castro. Per portare (inutilmente) a segno l’obiettivo, i Kennedy passarono dalle operazioni di sabotaggio e azioni terroristiche, alla pianificazione vera e propria dell’omicidio del leader cubano. Rovesciare Castro era infatti la massima priorità per il governo degli Stati Uniti. In questo clima volto all’eliminazione del leader cubano, nasce l’operazione Northwoods: si trattava di un piano collaterale concepito nel 1962 da alti dirigenti del Ministero della Difesa statunitense, (firmato dal generale Lyman Lemnitzer, capo degli Stati Maggiori Riuniti), allo scopo di suggestionare l’opinione pubblica statunitense e indurla così a sostenere un eventuale attacco militare contro il regime cubano.
Il piano, che non fu mai messo in atto, prevedeva l’esecuzione di una serie di azioni organizzate da entità governative USA condotte sotto copertura e che apparissero come dirette da nazionalisti cubani, inclusi attacchi terroristici da portare a termine contro obiettivi all’interno del territorio nazionale degli Stati Uniti. Essa prevedeva dunque la messa a punto di attentati sotto falsa bandiera allo scopo di screditare il regime Castro e generare un’ondata di indignazione nell’opinione pubblica. Questo è uno dei modelli più sofisticati di false flag, almeno sulla carta. L’operazione intendeva infatti inscenare operazioni sotto falsa bandiera da imputare poi ai cubani in modo da promuovere al mondo l’idea che il governo cubano fosse pericolo e irresponsabile, tanto da rappresentare un’inquietante e imprevedibile minaccia per la pace in tutto l’emisfero occidentale.

Nel libro tratti un capitolo dedicato alle operazioni di organizzazioni segrete, tipo Gladio, e servizi segreti deviati in Italia che sono coinvolti nelle pagine più cupe della nostra storia recente, come gli attentati di Piazza Fontana e di Piazza Della Loggia. L’anno scorso è uscito un libro di Giovanni Fasanella e di José Cereghino “Colonia Italia” che documenta l’influenza dei servizi segreti britannici sull’apparato politico-economico del nostro Paese. E’ un architettura anglo-americana la “strategia della tensione” che abbiamo vissuto?

Certamente. Le rivelazioni dell’ex terrorista Vincenzo Vinciguerra al giudice Felice Casson a partire dal 1984 hanno aiutato a portare alla luce notizie riguardanti Gladio, di cui si sospettava l’esistenza, e la sua architettura angloamericana. La struttura, alle dipendenze dell’Ufficio R del Sifar, era stata creata nel 1952 grazie a un patto segreto stipulato tra la CIA e il capo del Servizio informazioni forze armate (Sifar). Durante il processo del 1984, Vinciguerra spiegò le connivenze dell’estrema destra con i servizi segreti italiani. Ancora Vinciguerra, sentito sempre nel 1984 anche nel processo relativo alla strage di Bologna, parlò apertamente dell’esistenza di una struttura occulta nelle forze armate italiane, composta sia da militari che da civili, con finalità anti-invasione sovietica, ma che, potendo questa anche non avvenire, era stata in grado di coordinare le varie stragi per evitare che anche internamente il Paese si spostasse troppo a sinistra. Ciò era avvenuto a nome della NATO e con il supporto dei servizi segreti e di alcune forze politiche e militari italiane. Essendo nata da un accordo segreto in assoluta illegittimità costituzionale, solo poche persone erano a conoscenza dell’esistenza di Gladio: si trattava di alcuni politici, alcuni ufficiali dei servizi segreti e la massoneria.
Anche il generale Gianadelio Maletti, ex capo del Reparto D del SID del controspionaggio italiano, ascoltato il 21 marzo 2001 dal tribunale di Milano in merito al processo sulla strage di Piazza Fontana (per cui era stato condannato nel 1987 per depistaggio) dichiarò che esisteva una «regia internazionale» delle stragi relative alla strategia della tensione, che la CIA finanziava il SID e che l’Agenzia americana avrebbe fatto di tutto per impedire uno spostamento a sinistra del governo italiano. Il generale sostenne che l’esplosivo utilizzato a Piazza Fontana «proveniva da una base NATO in Germania» e che a «dare l’impulso ai terroristi neri erano stati gli americani, fornendo tritolo avvolto nel plastico». E ancora: «Il SID infiltrava gruppi di estrema destra. E viceversa. Tutti infiltravano tutti. Era un groviglio indescrivibile». Le stragi di quel periodo, secondo il generale, andavano quindi inquadrate nella strategia della tensione.

In Inghilterra la settimana scorsa la deputata pro-UE Jo Cox è stata assassinata in circostanze alquanto sospette. L'assassino assomiglia a uno “zimbello di turno”: un uomo instabile, facilmente manipolabile. Dalle testimonianze dei giornali, pare che Thomas Mair fosse una persona solitaria, taciturna e non avesse relazioni affettive. Inoltre, non aveva mai comunicato ai familiari e conoscenti la propria posizione sul referendum prossimo. Tant’è che la frase da lui urlata al momento dell’assassinio: “Britain First” non trova concordi tutti i testimoni. Inoltre, nel 2003 quattro giorni prima del voto popolare sull’ingresso della Svezia nell’Euro, il Ministro degli Affari Esteri, pro-Euro, fu uccisa a coltellate. Stesso “pattern” che si è ripetuto con Jo Cox e anche allora nei sondaggi i favorevoli all’Euro sono aumentati. E’ possibile pensare a un false flag per condizionare il voto sulla Brexit?

Non posso spingermi a sostenere che si sia trattato di una false flag, preferisco mostrarne però le inquietanti analogie con l’omicidio Lindh e soprattutto la strumentalizzazione che ne è stata fatta dai Media. L’omicidio è stato marchiato da subito politicamente e quindi strumentalizzato per generare terrore e convincere l’opinione pubblica a votare contro la Brexit. In un caso di cronaca, conta solo la prima impressione, contano i primi titoli delle agenzie di stampa perché si può ancorare nell’opinione pubblica, anche qualora giunga successivamente una smentita, la paura. Sull’onda dell’emotività il potere può manipolare meglio attraverso un sapiente dosaggio di terrorismo psicologico le masse, indirizzandone le scelte… è la solita teoria dello shock declinata in mille modi diversi. Nelle settimane precedenti l’omicidio il terrorismo psicologico è stato utilizzato a livello sociale ed economico mostrando come l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrebbe rappresentato una “sciagura” collettiva. I toni catastrofici, però, non erano bastati per invertire la tendenza antieuropeista. Così i Media hanno approfittato della morte di Cox, collegandone l’omicidio agli anti-Ue, per spingere gli indecisi (una bella percentuale, dal 10 al 15%) a scegliere di votare per il “remain”. Si è cioè associata la figura del pazzo (Mair) e la fantomatica frase che avrebbe urlato al momento dell’omicidio, a coloro che avrebbero votato per uscire dall’UE.
Sicuramente la manipolazione mediatica è stata talmente sfacciata da lasciare di stucco. A ciò si aggiunge un precedente, incredibilmente simile, ossia l’assassinio nel 2003, quattro giorni prima del voto popolare sull’ingresso della Svezia nell’Euro, del Ministro degli Affari Esteri, pro-Euro, Anna Lindh. La deputata fu uccisa a coltellate da un altro disadattato, Mijallo Mijailovic, mentre faceva la spesa in un negozio di Stoccolma. La Svezia visse allora la medesima atmosfera di smarrimento del 1986, quando venne ucciso nel centro della capitale il primo ministro Olof Palme mentre usciva con la moglie da un cinema. Un altro delitto misterioso di cui mi sono ampiamente occupata in Governo Globale.
L’uccisione del ministro Lindh ebbe immediati effetti sulla campagna referendaria anche se non furono decisivi. Il 14 settembre 2003, giorno del referendum svedese sull’euro, non ci fu l’ondata emotiva che ci si aspettava e furono confermati i sondaggi della vigilia: prevalse quindi il no con un 56,8%. Nel caso di Cox, invece, abbiamo visto da subito mutare i sondaggi su Brexit, coadiuvati dalla massiccia campagna terroristica inscenata dai Media.
Secondo elemento da prendere in considerazione è la somiglianza tra i colpevoli: sia Mair che Mijailovic rappresentano il tipico uomo instabile, solitario o “zimbello di turno” di cui parlo ampiamente nel libro.
La presenza di un capro espiatorio, una pedina o utile idiota a cui addossare la responsabilità materiale dell’incidente, è infatti un elemento determinante nelle false flag operations, sebbene emerga sempre l’impossibilità fisica che questi abbia potuto agire da solo. I Media faranno però di tutto per nascondere le anomalie del caso e i limiti fisici o psichici dello zimbello di turno.
Normalmente il capro espiatorio ha infatti problemi psichici o comportamentali, è psicolabile o sociopatico, borderline, mentalmente fragile, maldestro e facilmente manovrabile in modo che la paternità della false flag rimanga segreta. Ciò perché una volta utilizzati, devono essere facilmente raggiunti dalla polizia e arrestati (ancora meglio se trucidati), lasciando dietro di sé una lunga scia di dettagli. Devono cioè farsi notare e attirare l’attenzione su di sé in modo da non generare dubbi in seguito alla loro responsabilità.

Domanda filosofica, Nietzsche introduce nella pagine di “Così parlò Zarathustra” l’idea dell’eterno ritorno, cioè, nella sua visione, è necessario abbandonare la fiducia nel progresso inevitabile della storia e accettare che la storia si ripeta. Leggendo il tuo libro, si capisce che nella storia tante volte lo stesso modello di “false flag” si è ripetuto in maniera simile. E’ necessario accettare che il Potere tenterà sempre di far perdere chi vi si oppone, ma basta questo per arrendersi?

Le operazioni sotto falsa bandiera sono sempre esistite. Non sono figlie della nostra epoca né tantomeno sono sgusciate fuori dagli zibaldoni di qualche complottista, come si cerca inutilmente di dire. Vi sono dei casi eclatanti e ben documentati che, come dimostro nel mio libro, attestano senza ombra di dubbio come non si tratti di deliri paranoidi ma di un tema drammaticamente reale. Vi sono altri casi in cui, non essendo stati ancora desecretati i documenti, rimane il dubbio che si possa essere trattato di azioni sotto falsa bandiera (pensiamo ad esempio al caso di Charlie Hebdo su cui è stato posto il segreto militare).
Lo scopo del mio saggio è quello di offrire una rassegna dei casi più celebri e storicamente accertati e di quelli che, dall’11/9 a oggi sollevano plausibili dubbi sulle reali dinamiche degli eventi, senza avere la velleità di mettere la parola fine a ricerche che, si spera, continuino per accertare, un giorno, la verità. Dall’altra il fatto che si possa constatare che esiste una forma di eterno ritorno, uno schema fisso e costante, persino banale, che viene utilizzato dal Potere fino alla nausea dovrebbe smuoverci a ribellarci a questo tipo di manipolazione e a smettere di esserne invece vittime passive.
La storia infatti ha delle costanti che si ripetono in modo ricorrente: quando un modello di menzogna ha funzionato ingannando il mondo una volta, esso viene replicato fino all’evidente parodia di sé.
Per evitare di rimanere vittime di un eterno ritorno, ci si dovrebbe vaccinare dalle macchinazioni egoistiche del potere e dalle illusioni offerte alle masse per giustificare aberrazioni. Per evitare di ripetere catastrofi e genocidi, dobbiamo essere disposti a riappropriarci della nostra coscienza critica, per pensare fuori da quegli schemi impostici dall’alto e per abbandonare la comodità della retorica della politica che dietro il buonismo e il politicamente corretto, nasconde sogni di morte e di conquista. La storia e il nostro passato possono però anche essere fonte di avvertimento e speranza per un futuro che rimane aperto a infinite, umane, variabili. Se il Potere ci manipola da decenni, anzi da secoli, è perché, almeno per ora, serve il nostro consenso. E quindi serve che il nostro immaginario, la nostra coscienza sia succube di queste trame. Noi possiamo imparare a negare tale consenso.