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La sfida Usa-Russia dietro le quinte del fallito golpe turco

di Ugo Tramballi - 24/07/2016

La sfida Usa-Russia dietro le quinte del fallito golpe turco

Fonte: ilsole24ore

 La sera del 19 agosto la “Banda degli otto” diceva di avere il potere in pugno, ma per le strade di Mosca non sembrava fosse in corso da due giorni un colpo di stato. La gente circondava i pochi carri armati agli incroci e discuteva con i soldati. Nessuno stava rispettando il coprifuoco. I golpisti avevano isolato Gorbaciov nella dacia di Soros, in Crimea. Ma alla Casa Bianca di Mosca dove si era barricato, Boris Eltsin lanciava proclami alla stampa russa, ebbra di glasnost, e a quella di tutto il mondo. Alla conferenza stampa convocata per annunciare il ritorno al vecchio comunismo, il portavoce degli otto golpisti si presentò ubriaco.

 

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Ma almeno quell'improbabile colpo di stato durò quasi cinque giorni, dal 17 agosto quando arrestarono Gorbaciov, al 22, quando lo liberarono. L'evanescente golpe turco, molto più breve e più sanguinoso di quello sovietico, sembra il prodotto di un dilettantismo sconfortante. Interrogando alcuni esperti della materia, domenica il New York Times elencava il manuale del golpe tecnicamente perfetto che i militari turchi hanno ignorato. Una presa di potere così male organizzata e velleitaria da suscitare più di un sospetto e da esaltare i teorici del complotto. Perché come quello di Mosca che fu la pietra tombale dell'Unione Sovietica, anche il putsch di Istanbul/Ankara è gravido d'importanti cambiamenti.

Prima della sera di venerdì la visione geopolitica delle cose sembrava positiva. Il segretario di Stato John Kerry aveva appena incontrato a Mosca Vladimir Putin e Sergey Lavrov, il suo ministro degli Esteri: segno di un dialogo intenso per arrivare a obiettivi comuni in Siria e forse altrove. In Turchia Erdogan aveva rafforzato il controllo sul suo governo, mandando via ministri e arruolandone altri, più fedeli. Poco dopo aveva ripristinato le relazioni con Israele e con la Russia, partner militari ed economici strategici per la Turchia.

 

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Poi il golpe: le grida anti-americane di Erdogan, l'imbarazzo di Washington, il pacato silenzio di Mosca. Perché è anche chiaro che in questa rappresentazione la scena appartiene al presidente turco ma dietro le quinte i protagonisti, i vincenti o i perdenti, sono gli Stati Uniti e la Russia. In questo golpe alla ricerca di un autore, quanto meno di un istigatore, il primo sospettato in ordine casuale è Vladimir Putin. Una settimana fa al vertice di Varsavia, la Nato aveva deciso di mettere più uomini e più armi ai confini russi.

Oggi, dopo un colpo volutamente fallimentare, la seconda forza armata dell'Alleanza, garante del suo fianco Sud-orientale, diventa anti-americana, circonda e fa chiudere per qualche ora la più importante base Nato della regione, accusa Washington di golpismo. Qualsiasi cosa accadrà, è difficile che in Medio Oriente la Turchia sunnita, governata dai Fratelli musulmani, passi dalla parte dell'Iran, di Bashar Assad e, per conseguenza, dei russi. Ma una Turchia anti-americana, contraria ad assecondare la prova di forza della Nato in Polonia e repubbliche baltiche, indebolisce l'Alleanza di fronte alla questione ucraina ancora aperta.

È circa mezzo secolo che la Cia commette errori imbarazzanti. Che non sapesse nulla di un golpe che stava maturando nei gangli di potere dell'alleato strategicamente più importante della regione, è un indizio di colpa o di mediocrità. La tardiva reazione a un golpe in un paese tecnicamente democratico, dimostra quanto poco Washington e l'Europa stimino Erdogan. È chiaro - ora anche più di prima - che il modello politico al quale aspira il presidente turco sia una versione islamica di Vladimir Putin. Gli Stati Uniti potrebbero avere istigato (più che organizzato) il golpe per questo e per impedire il riavvicinamento strategico fra Ankara e Mosca.

“L'arresto di migliaia di persone in corso in Turchia non è un ripristino della legalità ma l'esecuzione di una lista di proscrizione preparata da tempo”

 

   

L'arresto di migliaia di persone in corso in Turchia non è un ripristino della legalità ma l'esecuzione di una lista di proscrizione preparata da tempo. È come se la struttura di potere di Erdogan aspettasse il momento opportuno: aiutati che Dio ti aiuta. Il golpe, soprattutto un golpe così fallimentare, è una fortuna per il presidente: potrà disfarsi di tutti gli oppositori, imporre la sua politica regionale, quella con i curdi amici degli americani, con l'Isis, la Russia e l'Iran, senza dover rendere conto.

La quarta e ultima variante è che il colpo di stato sia un semplice episodio accidentale nel percorso tormentato della vicenda euro-mediorientale. Come l'attentato di Gavrilo Princip all'erede al trono austriaco, a Sarajevo: l'evento imprevedibile che fa precipitare degli eventi. È estremamente probabile che anche dopo il golpe turco nulla resterà come prima.