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L’infelicità che alimenta gli idioti dell’orrore

di Alberto Negri - 26/07/2016

L’infelicità che alimenta gli idioti dell’orrore

Fonte: ilsole24ore

In questa epoca di guerre e terrorismo ci mancavano i folli e gli idioti dell’orrore. Disorientati da una violenza inspiegabile, al primo impatto ci arrovelliamo sulle rivendicazioni, sui legami possibili con il jihadismo e l’Isis, con il rigurgitante neo-nazismo, poi scopriamo che è l’opera di un solitario disturbato che si è suicidato. Nella camera di Ali Sonboly, sul comodino, c’è un libro: “Follia in testa, perché gli studenti uccidono”, nella sua biografia la frustrazione di un adolescente vittima del bullismo. Adesso scandaglieranno la sua vita per capire l’abisso dove è sprofondata: si cercherà di razionalizzare ma forse trovare spiegazioni comprensibili sarà difficile.

Quindi non era né un terrorista islamico né un estremista di destra: scriviamo sul nulla e dovremmo rifiutarci di farlo, suggerisce un amico. Ma questo è un mestiere scomodo perché non si decide come e quando: la realtà viene incontro con la puntualità imprevedibile del destino e non si può rifiutarla, anche quando è difficile se non impossibile da raccontare. Ottimi e stagionati giornalisti rimproverano la stampa di fare titoli clamorosi, di sollevare lo scandalo per vendere più copie. Ma forse hanno sbagliato epoca: in poche settimane ci sono gli attentati di Istanbul all’aereoporto, quello del ristorante di Dacca, gli 84 morti di Nizza, l’accoltellatore del treno tedesco e in mezzo un colpo di stato in Turchia, senza parlare dei precedenti delle stragi in Francia e in Belgio. I fatti sono quelli che sono e un’esplosione non fa più pensare soltanto ai fuochi d’artificio.

Queste sono alcune delle conseguenze dei conflitti entrati in Europa. Lo Stato islamico non ci lascia mai soli nella nostra ansia di spiegazioni: prova a mettere il suo marchio su ogni possibile gesto che scuote le certezze e le sicurezze dell’Occidente, sfrutta il clima di paura. Sa cosa fare delle vite dei figli del nostro tempo: le manipola, le strumentalizza, anche quando non ne sa nulla e le ignora fino al giorno prima del gesto fatale.

Pianta la bandiera nera del monoteismo islamico anche sul disagio individuale. Cosa sappiamo davvero del giovane tedesco-iraniano? Poco e nulla, come del resto anche di Muhammad Riad, l’accoltellatore del treno, che si è dichiarato soldato dell’Isis, subito rivendicato: era un giovane pashtun radicalizzato su Internet così velocemente al punto che nessuno se ne era accorto. Non era invece un lupo così solitario Mohammed Lahaouiej Bouhlel, che a Nizza ha fatto fuori 84 persone, come sbrigativamente ce lo avevano presentato le autorità francesi. Premeditava da mesi il suo piano criminale e probabilmente aveva dei complici.

C’è un filo rosso che collega le vite di questi stragisti. Ed è quello dei luoghi: la Promenade des Anglais, un treno, un centro commerciale, posti affollati dove la gente si rilassa e non si aspetterebbe mai un attentato. E invece non è così e lo sappiamo benissimo: i tempi sono cambiati e non vogliamo ammetterlo perché nessuno intende rinunciare al ristorante, alla discoteca, al concerto. Qui non si tratta di mettere ansia a cittadini ma di riconoscere che il terrorismo può colpire ovunque e che si presenta anche con volti di giovani anonimi che nessuno si sognerebbe di indagare: persino in quel Brasile apparentemente così lontano dal Medio Oriente hanno trovato un jihadista “brasileiro” che aveva nel mirino le prossime Olimpiadi.

Dobbiamo comportarci come prima, non bisogna darla vinta ai terroristi, ci ripetono continuamente. Ma anche la vita quotidiana può cambiare ed è esattamente quello che è accaduto a milioni di persone intorno a noi per decenni senza che ne subissimo i contraccolpi. Ieri a Kabul un kamikaze ha fatto 80 morti e oltre 200 feriti a una manifestazione di hazara, minoranza sciita. Ma siamo certi che nessuno indagherà sulla vita di questo attentatore suicida come di mille altri che hanno scosso la vita quotidiana di Baghdad, Algeri, Beirut, Damasco, Aleppo.

Visti da lontano questi ci appaiono popoli infelici che non dovrebbero frequentare i bazar, le piazze, i centri commerciali, eppure lo fanno lo stesso, ogni giorno. La notizia è che una parte della loro infelicità è arrivata fino a qui.