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Usa e Russia ai ferri corti

di Andrea Terrenzio - 07/10/2016

Usa e Russia ai ferri corti

Fonte: controinformazione

 

Vladimir Putin fa sapere, tramite il Dipartimento Esteri del Cremlino, di non fidarsi piu’ degli Stati Uniti.

Il 17 settembre scorso, le forze dell’aviazione militare Usa hanno colpito postazioni dell’esercito siriano nei pressi di Deir ez Zour, nel nord-est della Siria, causando la morte di 90 soldati e ferendone altri cento.

Tale attacco ha favorito l’avanzata delle milizie jihadiste che, grazie all’ incursione dell’esercito americano, hanno potuto guadagnare terreno, arrivando ad occupare i territori presso l’aeroporto dell’omonima localita’.  Di seguito, una nota del Dipartimento della difesa statunitense, ha spiegato che l’attacco sarebbe avvenuto per errore per uno scambio di soldati siriani con i miliziani dell’Isis.

 

Non si e’ fatta attendere la reazione del Cremlino che ha dichiarato, tramite il suo ambasciatore presso le Nazioni Unite, Vitaly Churkin, che i raid americani sono stati lanciati intenzionalmente, con l’obiettivo di sabotare l’accordo di collaborazione tra Mosca e Washington sulla Siria.

La tregua in Siria e’ quindi saltata e ad Aleppo sono riprese le ostilita’.

L’Osservatorio Siriano per I Diritti Umani ha accusato l’aviazione russa e siriana di aver bersagliato un convoglio umanitario dell’ONU, causando la morte di decine di civili.

Le fonti diffuse da tale Osservatorio rimangono poco credibili, data la faziosita’ e l’attivita’ espressamente anti-governativa svolta da tale organismo.

Durante la riunione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Ban ki Moon, ha ammonito il Presidente Bashar al Assad, di essere il principale responsabile della morte dei civili siriani, sostenendo che:”il futuro della Siria non puo’ dipendere da un solo uomo”.

Anche in questo caso, l’ONU ha svolto il ruolo di megafono della propaganda occidentale, rivelandosi inadeguato nel monitorare in maniera imparziale i conflitti internazionali.

Martedi’ scorso, intanto, il segretario di Stato americano, John Kerry, ha annunciato la rottura dei colloqui con la Russia e la fine del coordinamento con Mosca delle operazioni militari sul fronte siriano.

Come risposta, Putin ha congelato gli accordi del 2000 per la distruzione reciproca delle scorte di plutonio destinate agli armamenti nucleari. Il Cremlino ha inoltre accusato gli Usa di aggirare a loro volta tali accordi, immagazzinando plutonio, anziché’ usarlo come combustile nucleare.

Ad alimentare le cause della rottura diplomatica tra i due paesi ci sarebbe anche la disposizione del sistema missilistico di difesa S-300, installato presso le basi russe, quella navale di Tartus e quella aerea di Hmeimim, con la decisione del Cremlino di implementare il suo programma nucleare.

Il teatro siriano, rischia di compromettere irreversibilmente i rapporti tra Usa e Russia, con quest’ultima oramai riluttante ad abbassare la testa in tale confronto.

A far degenerare lo scontro è stato il “Nobel per la pace”, Barak Obama, che, come sottolinea Gian Micalessin: “dopo due mandati presidenziali, si prepara a lasciare in eredita’, al proprio successore e al resto dell’umanita’, un mondo restituito agli incubi della ‘Guerra Fredda”.

Dopo aver gettato in fiamme Nord-Africa e Medio-Oriente, la sua amministrazione, con complicita’ di Cia e Pentagono, ha favorito l’ascesa dello Stato Islamico e dei gruppi Jihadisti, attraverso il finanziamento di stati fiancheggiatori del terrorismo, come l’Arabia Saudita.

Anche in Europa le pressioni degli americani non accennano a diminuire.

Nell’Est e nel Baltico, la Nato continua ad inviare convogli militari e uomini alzando il livello di tensione ai confini con la Federazione Russa.

Come andiamo sostenendo da tempo su questo sito, gli sforzi degli Usa sono concentrati nel tenere piu’ lontane possibili Russia ed Europa. A tale riguardo, l’Occidente non han esitato ad incendiare l’Ucraina e ad imporre sanzioni a Mosca.

La Germania resta l’ “osservato speciale” degli americani, pronti a prevenire tutti i sui possibili spostamenti verso Est.

Non bisogna dimenticare che gli Usa non hanno esitato a colpire i tedeschi, con lo scandalo Volkswagen, per aver dimostrato troppa morbidezza con la Russia, dopo gli accordi di Minsk.

Alla maxi-multa che ha colpito la principale casa automobilistica teutonica ne ha fatto seguito un’altra.

Negli scorsi giorni, gli Usa hanno hanno attaccato la Deutsche Bank comminandole una multa di 14 miliardi di Euro, a causa della scarsa trasparenza riscontrata nella transazione sui mutui subprime ad alto rischio, oltre alla manipolazione dei tassi di interesse.

Tale sanzione corrisponde ai 3/4 degli attuali valori di mercato della banca.

Il colpo inferto dagli americani al gia’ fragile sistema finanziario tedesco, sembra essere stata la vendetta americana per l’affossamento del TTIP e rappresenta l’ennesimo segnale di una ‘guerra sotterranea’ tra Berlino e la Casa Bianca.

Qualche settimana fa il ministro dell’economia tedesco Gabriel aveva rifiutato in blocco l’applicazione di tale trattato commerciale che avrebbe suggellato la definitiva sudditanza europea all’egemonia Atlantica.

Ritornando allo scontro in atto tra le due superpotenze, Russia e Usa, siamo ben lontani dall’affermare, come i vari media vanno ripetendo, di essere di fronte ad una nuova edizione della Guerra Fredda. Lo ha già spiegato Gianfranco La Grassa. Vedi: La “Guerra Fredda” è irripetibile

Tuttavia, Russia ed Usa rimangono i principali contendenti della fase e Bruexelles, presa in mezzo alla diatriba, è incapace di prendere decisioni che la liberino dal giogo americano facendola volgere verso Est.

La Germania resta, come detto, il paese ‘pivot” per gli equilibri strategici continentali e sappiamo che alcuni ambienti governativi, legati a figure come il ministro Gabriel e Stainmahier, mal tollerano le ingerenze di Washington, pertanto sembrano più consapevoli delle grandi opportunità’ che eventuali aperture verso l’Eurasia potrebbero dare.

D’altro canto, non si possono minimizzare errori ed indecisioni di personaggi come la Merkel, responsabile del disastro migratorio e dell’austerità economica, scaricata sugli altri membri europei. I risultati elettorali delle ultime elezioni hanno punito la cancelliera, in calo ovunque.

L’ambiguita’ della politica estera tedesca rimane una delle cause principali dello stato di subordinazione europea nei confronti degli Usa. Le posizioni antirusse, manifestate dalla Merkel riguardo sullo scenario siriano ne hanno dato ulteriore conferma.

L’Europa attuale sembra ridotta ad avamposto statunitense, nello scontro in atto con la Russia, senza riuscire ad esprimere posizioni e personalita’ politiche in grado di proiettarla responsabilmente nel futuro modello “multipolare”.

Intanto, l’appuntamento delle elezioni di novembre negli Stati Uniti, qualora si confermasse la sorpresa Trump, potrebbero rappresentare un cambio di corso decisivo, nei rapporti tra Usa, Europa e Russia.

Il pittoresco leader repubblicano, almeno a parole, vorrebbe ridimensionare il ruolo della Nato e riallacciare buoni rapporti con Vladimir Putin, congiungendo gli sforzi contro il terrorismo islamico. Si potrebbe tuttavia scommettere che gli ambienti neo-con, quelli legati a Hillary Clinton, gli stessi che hanno provocato la rottura della tregua in Siria e foraggiato le varie formazioni jihadiste, faranno di tutto per evitarlo. Trump è avvisato o sarà “mezzo” ammazzato.

Se ad uscire vincitrice dal confronto elettorale sara’, invece, la guerrafondaia Clinton dovremo aspettarci un’amministrazione piu’ aggressiva di quella di Obama che aggravera’ lo scontro con la Russia, con conseguenze catastrofiche, soprattutto per il continente europeo.