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Dilaga il precariato

di Mario Margiocco - 31/12/2016

Dilaga il precariato

Fonte: Lettera 43

 

Gli anni di Barack Obama sono stati davvero una storia di successi per il lavoratore americano? Così ha sostenuto molte volte il presidente uscente, e su questo ha costruito ad esempio gran parte del suo discorso sullo Stato dell’Unione del gennaio 2016. E lo ha ripetuto cercando di aiutare Hillary Clinton, a settembre e ottobre 2016, nella complicata campagna presidenziale. Era un viatico, il successo di Obama, regalato da Obama. In tanti, anche da noi, hanno creduto che grazie a Barack per Hillary era fatta. Ma le cose non stanno esattamente così, dice ora uno studio condotto da due economisti di prima grandezza, Lawrence F. Katz di Harvard e Alan B. Krueger di Princeton (The Rise and Nature of Alternative Work Arrangements in the United States, Working paper n. 603, Princeton University, Industrial Relations Section).

 

UNA GRANDE ITALIA. Krueger è stato dal 2009 capo economista del Tesoro, con Obama, e poi dal 2011 per due anni alla Casa Bianca come capo dei consiglieri economici del presidente. Non è andata per il lavoro in America come ha a lungo raccontato la Casa Bianca, e come hanno ripetuto tantissimi anche in Italia scartando con fastidio chi obiettava. Invece del viatico c’è stata la buccia di banana. I due economisti hanno scoperto e documentato qualcosa che già si sapeva, ma a spanne, e cioè che del saldo netto di 10 milioni di posti di lavoro creati dal 2005 al 2015 la quasi totalità, cioè il 94%, è fatto di lavori atipici: a contratto e a progetto, partite Iva come le chiamiamo in Italia, on demand (si lavora se chiamano il giorno prima o di prima mattina, se no si sta a casa), interinali di vario genere, in appalto e cose simili. E alla fine loro stessi, Katz e anche Krueger che evidentemente dalla Casa Bianca non si era accorto di come stavano le cose, si dichiarano sorpresi per le «scioccanti implicazioni» del fenomeno. Dei 10 milioni di nuovi posti, la differenza tra quelli creati e quelli persi nel decennio in esame, solo 500 mila sono state vere assunzioni a tempo indeterminato. Sembra quasi una grande Italia.

 

L'ERRORE DI OBAMA. È un tassello in più per capire la vittoria di Donald Trump, che difficilmente cambierà le cose, ma che comunque si è guadagnato i voti dicendo che la realtà non era affatto rosea. Ci ha provato anche Bill Clinton, cercando di distanziare Hillary dalla eredità economica di Obama, e il 7 marzo 2016 in un comizio a Raleigh in North Carolina diceva: «Milioni e milioni e milioni e milioni (così, quattro volte, ndr) di persone guardano al bel quadretto dell’America che (il presidente, ndr) ha tracciato e non ci si ritrovano». Bill ripeteva tre o quattro volte questo messaggio ma era troppo forte l’eco presidenziale di un Obama che voleva passare per intero a Hillary la sua eredità di successi e su quella base, un recentissimo ritratto-intervista a Ta-Nehisi Coates di The Atlantic lo conferma, ancora a fine ottobre era convinto della vittoria. L’atipico si è sviluppato nel decennio soprattutto nella rete di vendita al dettaglio, la singola voce più consistente.Tema costante della campagna per fermare Trump sono stati i dati di una disoccupazione dimezzata tra il 2009 e il 2016, dal 10 al 5% e meno. Ma per le statistiche del Bls (Bureau of Labor Statistics) anche i lavoratori a contratto temporaneo a chiamata e in appalto (dipendenti di una società terza come Adecco ad esempio) risultano occupati. E dal 2005 ricordano Katz e Krueger il Bls non aggiorna più la speciale categoria per i lavori atipici. Tutta questa notevole riduzione dei disoccupati (ci sarebbe altro da dire sulla eccessiva approssimazione delle statistiche americane sul lavoro) è quindi dovuta, sostengono ora Katz e Krueger, al lavoro atipico. Katz e Krueger hanno selezionato con l’aiuto della Rand Corporation un campione di oltre 6 mila lavoratori atipici e di questi poco meno di 4 mila hanno risposto al questionario online. Si tratta quindi di un’indagine a campione con il consueto margine di errore, che non cambia però il risultato. I risultati hanno trovato poi conferma nei dati fiscali e in altri confronti.

 

SCARSA INCIDENZA DEL MANIFATTURIERO. Contrariamente a quanto si pensa, pochi dei rapporti alternativi sono nel manifatturiero, solo il 6%, e di questi solo meno del 3% sono con contratti in appalto. L’atipico si è sviluppato nel decennio soprattutto nella rete di vendita al dettaglio, la singola voce più consistente, ma riguarda molto servizi informatici e matematici, sanità, istruzione anche universitaria (professori part time, categoria esplosa nelle università americane) servizi al business, costruzioni, servizi legali, trasporti. L’atipico ha visto una fortissima crescita nel lavoro femminile. Non tutti sono scontenti del lavoro atipico, dice lo studio. Nella parte più professionale, con lavoratori a preparazione universitaria, parte notevole degli intervistati si dichiara più soddisfatta così che non con un contratto tradizionale. Molti hanno un coniuge che ce l’ha, il posto fisso, e apprezzano la maggiore autonomia. Sono in tanti però a lamentarsi di non avere un carico pieno di lavoro, e a cercare di raggiungerlo.

 

UN RITRATTO INEDITO. C’è una netta distinzione comunque su soddisfazione e guadagni tra la parte alta, di tipo professionale, e il lavoro atipico di livello inferiore o di basso livello, come quello degli addetti al dettaglio. I primi guadagnano spesso di più di chi svolge mansioni analoghe come dipendente, i secondi guadagnano meno e vorrebbero a grande maggioranza poter ottenere una assunzione piena e tradizionale. Il ritratto che Katz e Krueger fanno del mondo del lavoro americano non assomiglia a quello che è stato sottoposto ai lettori, anche italiani. Lo stesso Matteo Renzi, che spesso ha portato Obama a esempio positivo per economia e lavoro in contrasto con Angela Merkel, farebbe bene nel caso di un ritorno a Palazzo Chigi a trovarsi un consigliere di cose americane un po’ meglio informato sui fatti e più perspicace. Ma con Trump non sentiremo più l’urgenza del Sogno americano in versione Pontassieve.