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2017, l'anno giusto per riscoprire il genio di Pirandello

di Annalisa Terranova - 01/01/2017

2017, l'anno giusto per riscoprire il genio di Pirandello

Fonte: Lettera 43

 Il 2017 si preannuncia un anno di celebrazioni letterarie stimolanti: accanto al 150esimo anniversario della morte di Charles Baudelaire spicca un’altra ricorrenza, che coinvolge l’Italia e il suo parterre de rois della cultura nazionale. Il 1867 è anche l’anno in cui nacque Luigi Pirandello, “figlio del caos” e di due genitori anti-borbonici, uno dei sei italiani insigniti con il premio Nobel per la Letteratura, assieme a Carducci, Deledda, Quasimodo, Montale e Fo.

STUPISCE FIN DALL'ESORDIO.Personaggio meno romantico di Giacomo Leopardi, del cui revival fu responsabile nel 2014 il bel film di Mario Martone Il giovane favoloso, Luigi Pirandello - nato il 28 giugno ad Agrigento - rivela a ogni rinnovata lettura una sorprendente modernità, che non coinvolge solo le opere teatrali, che non trapela solo dalle pagine delle Novelle per un anno, ma stupisce fin dal romanzo d’esordio, L’esclusa (1901), che afferma uno dei temi centrali della sua poetica: l’affrancamento dell’individuo dalle ipocrisie delle convenzioni sociali.

Aveva un fastidio del mondo e delle sue regole, tipico dell’anarca, che si ritrova anche nelle ultime volontà in cui intimò di non parlare più di lui dopo la morte

Un elemento anarchico e filosofico al tempo stesso, degno di un letterato che lasciò la Sicilia per laurearsi a Bonn e ancora per affrontare la mondanità letteraria a Roma per approdare da ultimo alla cattedra di lingua e letteratura italiana all’Istituto superiore di Magistero. Un elemento con il quale Pirandello giocò nel suo uscire dall’ombra alla luce e viceversa, come ricorda Mario Apollonio: «Da quell’ombra egli esce verso lo spettacolo assolato e variopinto di un immenso paesaggio umano, e dal mondo si ritrae fantasticando nell’ombra delle sue ore nascoste».

PUÒ DEFINIRSI ANARCHICO? Un fastidio del mondo e delle sue regole, tipico dell’anarca, che si ritrova anche nelle ultime volontà in cui intimò di non parlare più di lui dopo la morte, e che dà l’incipit alle peripezie delle ceneri dello scrittore degne, anch’esse, di una scenografia pirandelliana, rievocata nel libro di Roberto Alajmo Le ceneri di Pirandello. Può definirsi anarchico il pensiero di uno scrittore spesso tirato in ballo a proposito della “dissoluzione dell’Io”? Sì se si riflette sul fatto che i suoi personaggi sono condotti verso una consapevolezza diversa e più alta rispetto a coloro che si sentono rassicurati dalle convenzioni tradizionali.

Pirandello scardinò le regole del teatro.

L’opera di novelliere e quella di autore drammatico si completano, anziché contrapporsi. Nelle novelle riesce a cogliere gli innumerevoli accadimenti umani nell’infinita varietà di casi, ognuno dei quali è frammento di materia da trasformare in apologo. Per questo ogni novella va presa per se stessa, «pura come luce e dura come il cristallo», una per ogni giorno dell’anno, anche se Pirandello le componeva la domenica mattina, dalle 8 alle 13, quando era libero dagli impegni di scuola e di lavoro. La novella è la formula esemplare in cui si manifesta la tematica dell’umorismo: l’irruzione dell’accidente nel contesto quotidiano, che giunge a modificare il livello di coscienza del protagonista.

DIVENNE IMPRENDITORE TEATRALE. Ma fu il teatro ad attrarre principalmente Pirandello fin dagli anni giovanili: la prima rappresentazione di un suo lavoro, La morsa, avvenne a Roma nel 1910. La svolta verso il metateatro arrivò con Sei personaggi in cerca d’autore (1921) che scardinò le regole e le gerarchie dei ruoli fissi e inaugurò il coinvolgimento del pubblico destinato a costituire uno dei cardini del teatro novecentesco. Grazie a lui la scrittura teatrale è diventata “scrittura per il palcoscenico”. Egli stesso si trasformò in regista e imprenditore teatrale: nel 1924 assunse la direzione del Teatro d’Arte di Roma che fino al 1928 percorse le scene d’Italia e del mondo con un repertorio che non si limitava ai soli drammi pirandelliani.

LA CULTURA NON LO COMPRENDEVA. Il successo di Pirandello fu tardivo, ostacolato dalla critica di formazione umanista, che considerava il teatro con diffidenza, e contrastato dal giudizio di Benedetto Croce per il quale Pirandello infarciva la sua opera di elementi filosofici alla portata di tutti, cioè della “gente mediocre”. La cultura ancora intrisa di retorica idealistica faceva fatica a comprendere un autore di respiro europeo, che certo non sfigurava accanto a pensatori che denunciavano la crisi della civiltà o che ne mettevano a nudo, sulla scia di Freud, il profondo “disagio”. Non così il suo vasto pubblico, che riconobbe nelle sue pagine il superamento di un astratto positivismo e di uno spiritualismo incapace di dare risposte appaganti.