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Non viviamo in un mondo di post-verità, ma di bugie da sempre

di Robert Fisk - 03/01/2017

Non viviamo in un mondo di post-verità, ma di bugie da sempre

Fonte: Come Don Chisciotte

Non viviamo in un mondo di “post-verità”, né nel Medio Oriente né nell’Occidente, né in Russia, a dirla tutta. Viviamo in un mondo di bugie. E abbiamo sempre vissuto in un mondo di bugie.

Guardiamo ai rottami del Medio Oriente con la sua storia di persone di repubbliche popolari e con i suoi odiosi dittatori. Banchettano sulla disonestà, anche se tutti loro, eccetto l’ultimo Muammar al- Gaddafi, chiedono regolari elezioni per far rendere credibile nel tempo il loro potere.

Adesso, io credo, siamo noi ad avere elezioni regolari basate sulle menzogne. Così forse Trump e gli autocrati arabi andranno d’accordo. A Trump piace già il Maresciallo di campo- Presidente dell’Egitto al-Sissi, ed ha già un campo da golf a Dubai. Il fatto che egli dica bugie, che inventi fatti, lo potrebbe far sentire a casa in Medio Oriente. Misoginia, prepotenza, minacce verso gli oppositori politici, autoritarismo, tirannia, tortura, schernire le minoranze: sono parte integrante del mondo arabo.

E guardiamo ad Israele. Il nuovo futuro ambasciatore americano, che potrebbe anche essere l’ambasciatore israeliano in USA, non vede l’ora di trasferire l’ambasciata americana a Gerusalemme. Sembra che egli senta più antagonismo verso gli ebrei rimasti in America che verso i palestinesi che rivendicano la Gerusalemme est come capitale, verso il cui stato egli non ha nessun interesse. Trump farà infuriare gli arabi? Oppure se la caverà con un piccolo riassetto domestico dell’ambasciata israeliana sulla base del fatto che gli arabi del golfo, per lo meno, sanno che l’antisciismo di Israele, contro la Siria, l’Iran ed Hezbollah, si adatta bene con il sunnismo più potente che finanzia Isis e Jabhat al-Nusrah e tutti gli altri soldati jihadisti?

Ho il sospetto che questa “post-verità” abbia molto a che fare con i social media più che con elezioni ingannevoli. L’uso dei social media nel riportare la battaglia di Aleppo est è stata straordinaria, strana, dannosa e persino omicida, quando neanche un giornalista occidentale era in grado di poter raccontare la guerra di Aleppo est in prima persona. Si è creato un grave danno verso la credibilità del giornalismo, e dei politici, attraverso l’accettazione di una sola versione della storia, quando neanche un solo reporter può confermare di aver visto con i propri occhi quanto ha riportato.

Abbiamo passato il giornalismo ai social media, e gli uomini armati che controllano le aree da cui provengono questi resoconti sanno di poter giocare nuovamente lo stesso inganno la prossima volta. Lo faranno ad Iblid. Ma questo problema nella regione è molto, molto più grande di una provincia siriana. Si tratta adesso della malleabilità dei fatti attraverso tutto il Medio Oriente.

I 250.000 musulmani “intrappolati” ad Aleppo est, adesso che 31.000 hanno scelto di andare ad Idlib, molti altri verso Aleppo ovest, pare siano stati qualcosa meno di 90.000. È possibile, ora, che almeno 160.000 dei civili “intrappolati” ad Aleppo est non esistano realmente, ma nessuno lo dice. La vivace statistica di 250.000, il punto esatto di ogni report sull’enclave di assedio, è adesso dimenticato o ignorato (forse saggiamente) da coloro che lo citavano.

Nessuno ci ha detto dei civili di Palmira ora che l’Isis è tornato. E di Mossul? Non stavamo per liberare un milione di civili intrappolati lì dagli jihadisti, non meno degni sicuramente dei 250.000 o 100.000 o 90.000 o meno civili intrappolati ad Aleppo est?

Ora gli americani dicono che le forze irachene stanno “riorganizzando” e “riposizionando” intorno alla seconda città irachena, ma “riorganizzare” e “riposizionare” è ciò che il Corpo di spedizione britannico ha fatto con la sua ritirata a Dunkerque.

Come ci possiamo lamentare delle bugie di Trump e dei sostenitori del Brexit quando i giornalisti stanno sminuzzando i fatti sul Medio Oriente? Inoltre, ho notato sui nostri quotidiani e in televisione, che il muro di Israele è un “recinto di sicurezza”, le sue colonie sono “insediamenti” che sono “discutibili” più che illegali.

Possiamo davvero scuotere la testa con incredulità per le bugie elettorali quando non abbiamo fatto altro per anni che mentire ai nostri lettori e spettatori?

Il mio filosofo giornalistico preferito, Fintan O’Toole dell’Irish Times, aveva ragione questo mese quando ha scritto che “ la mendacità dei politici nel 2016 è stata stupefacente sia nella sua sfacciataggine che nella sua efficacia. La rivendicazione da parte del “leave” nel referendum sul Brexit che 350 milioni di sterline a settimana sarebbero stati presi dal contributo al budget dell’Unione Europea del Regno Unito, e messi nel National Health Service, è stata velocemente e comprensibilmente demolita. Essere stati colti sul fatto di una menzogna, non ha avuto importanza… era una prova di una strana sorta di autenticità. Bugie plateali hanno mostrato che non siete nessuno di quelli esperti che la guida pro brexit Michael Gove ha suggerito di disprezzare ed ignorare agli elettori del Regno Unito…”.

Il bugiardo, secondo O’Toole, “fluttua liberamente, senza la pretesa di essere ancorato in evidenza”. Da nessuna parte questo potrebbe essere più paurosamente rappresentato che nella negazione dell’olocausto ebreo (o dell’olocausto armeno, a dirla tutta) sui social media, O’Toole nomina precisamente Facebook e Google, “ora gli utenti diretti rispondono a nuove storie fake e nauseabonde propagande neo-naziste, con a malapena un’alzata di spalle. Le compagnie evocano in loro difesa la nozione di ‘diversità di prospettive’, un eufemismo orwelliano nel quale la convinzione che l’olocausto non sia mai avvenuto è valido quanto la conoscenza che sia invece accaduto.

Non ho mai accettato l’assurdità del nazismo e del diritto americano. Trump non è Hitler, sebbene ci sia una sorta di fascismo teatrale nella sua performance. È più un buffone che satanico, più Duce che Führer. Cesare Rossi, uno dei primi collaboratori di Mussolini, una volta descrisse il suo leader come un movimento rapido “dal cinismo all’idealismo, dall’impulsività alla cautela, dalla generosità alla crudeltà… da moderazione a intransigenza. Era come se non avesse mai saputo della sua personalità genuina e stesse sempre lottando verso una interpretazione contraffatta”. Ci potrebbe essere una descrizione migliore di Trump? Come filosofo del fascismo di Mussolini, Giovanni Gentile disse: “ la risata è del diavolo, e i veri credenti non ridono se non per amaro sarcasmo”.

Questo pessimo uso della parola “risata” è la chiave. La seconda guerra mondiale finì prima della mia nascita. Ma ci sono abitudini dolorose che la politica europea ha dimostrato quando sperava di prendersi gioco dei suoi nemici, caratteristica che io trovo profondamente inquietante. Questa è la politica “dell’ultima risata”; dell’umiliazione di coloro che pensavano di saperne di più e adesso devono maledire il giorno della loro superiorità presunta. È sufficiente contare quante testate hanno fatto riferimento a “l’ultima risata” di Trump. È crudele e vendicativo.

Molti di noi ricordano le parole vergognose e false di Nigel Farage al Parlamento Europeo il 28 giungo, quando asserì che molti membri “non hanno mai svolto un lavoro appropriato”. Ma l’altra sua osservazione spaventosa: “ Non è divertente? Quando sono venuto qui 17 anni fa e dissi che volevo guidare una campagna per far uscire la Gran Bretagna dall’Unione Europea, avete tutti riso di me, bene, adesso devo dire che voi non state ridendo, giusto?”.

Quelle parole mi hanno rinfrescato la memoria. Dove avevo già sentito questo sogghigno prima?

Poi, quasi per caso ero in Polonia alcuni giorni fa e leggevo “Auschwitz and the Allies” di Martin Gilbert, sul fallimento degli Usa e Gran Bretagna a rispondere militarmente alle notizie dei nazisti nei campi di sterminio. E lì ho letto queste parole, pronunciate da Adolf Hitler il 30 settembre 1942: “In Germania anche gli ebrei una volta ridevano delle mie profezie. Non so se loro stiano ancora ridendo, o se abbiano già perso la loro inclinazione a ridere, ma posso assicurarvi che smetteranno di ridere ovunque”. Nel 1925, rilasciato da poco dal carcere, Hitler aveva scritto un lungo editoriale sul Volkischer Beobachter, nel quale attaccava gli ebrei, i marxisti e la Repubblica di Weimar. E questo era 17 anni prima del suo discorso “della non-risata” del 1942.

Il disprezzo giace profondo nell’anticamera di un uomo arrabbiato. No, Farage non è nazista e non lo è neanche Trump. Né i mediocri politici europei conservatori che ci minacciano con i loro discorso razzisti. Ciò che è terrificante, e profondamente affine al fascismo, è la nostra abilità di “pensare” al nostro passaggio dalla verità alle bugie.

Oggi non abbiamo bisogno di raduni o di cinegiornali perché abbiamo internet e i social media, le assuefazioni dei nostri tempi. È la dipendenza da droghe che sotto la famigerata “diversità di prospettive” presenta moralità ed immoralità come parte di un paesaggio che si estende dal bassofondo all’orizzonte. Persino noi modesti reporter possiamo vedere cosa sta succedendo. Con un’estensione mai attestata prima, molte persone hanno iniziato a credere a cose che non sono vere. Ed è accettabile farlo. E noi li aiutiamo.

Oggi si può solo negare la storia, gli olocausti degli armeni e degli ebrei, il diario di Anna Frank, le camere a gas di Auschwitz, si possono anche dire balle, grandi o piccole, su più o meno tutto ciò che infastidisce. Il Medio Oriente, con il nostro aiuto giornalistico, è in profondità nello stesso mondo falso. Ogni dittatore adesso sta combattendo il “terrorismo”, insieme a Usa, Nato, UE, Russia, Hezbollah, Iran, tutto il Golfo arabo (senza lo Yemen per ragioni alquanto imbarazzanti), Cina, Giappone, Australia, e chi lo sa? Forse anche la Groenlandia.

Ma la giustizia non è sul menù. Questa è una parola che pochi politici, uomini di stato e persino giornalisti, non usano da molto tempo. Neppure Trump o la Clinton, né i sostenitori del Brexit hanno parlato di giustizia. Non parlo di giustizia per le vittime del “terrore”, o dei britannici che credono di essere stati imbrogliati dall’Unione Europea, ma della giustizia reale per intere nazioni, per le persone, anche per il Medio Oriente, mi permetto di nominarli?- per i palestinesi.

Loro non vivono in un mondo delle “post-verità”. Loro vivono in mezzo alle bugie di altre persone da decenni.

L’unico effetto del terremoto politico dello scorso anno è che possiamo sentirci meno colpevoli nel ripetere tutte queste menzogne. Sono diventate, così come la guerra, normali, una “diversità di prospettive”, parte di un familiare mondo fraudolento in cui la menzogna ha acquistato una “strana autenticità”.

Trump è Hitler. Trump è Gesù. Il suicidio nazionale è reincarnazione. Potremmo non averlo ancora capito. Ma ci sono molti nel Medio Oriente che ci capiranno. Forse loro avranno l’ultima risata.

 

Fonte: www.independent.co.uk

Link: http://www.independent.co.uk/voices/donald-trump-post-truth-world-living-the-lies-of-others-a7500136.html

Traduzione per www.comedonchisciotte.org acura di STEFLOWERS