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Chiamatelo tradimento!

di Francesco Lamendola - 14/01/2017

Chiamatelo tradimento!

 

 

L’attacco terroristico di Berlino, in questa vigilia di Natale 2016, è solo l’ultimo episodio di una catena di sangue e di paura che parte da molto lontano e sembra non dover finire mai, come se ci dovessimo rassegnare ad accettare fatti del genere entro l’orizzonte di quella che sta diventando la nostra “normalità” quotidiana. Si muore di terrorismo, nelle città d’Europa, come si muore a causa degli incidenti stradali, o per una esplosione dovuta a una fuga di gas, o per una scossa tellurica. Insomma, qualcosa d’imponderabile e d’imprevedibile; qualcosa da cui è vano pensar di potersi difendere. Qualcosa con cui dovremo imparare a convivere, in un modo o nell’altro. Nello stesso giorno, l’assassinio dell’ambasciatore russo in Turchia dimostra quanto la pace nel Medio Oriente, e, di conseguenza, nel mondo, sia costantemente appesa a un filo. Dietro il solito giovane esaltato dal grilletto facile, il Gavrilo Princip o Alì Agca di turno, non si fa troppa fatica ad intravedere cospirazioni complesse, coinvolgimenti finanziari importanti, interessati a sfruttare al massimo la miscela esplosiva di nazionalismo e fondamentalismo islamici, che incendia un’area sempre più vasta; né la longa manus dei servizi segreti americani e israeliani, più che mai impegnati a spargere caos e instabilità in tutte le zone ove, anche solo potenzialmente, esistono le condizioni per una evoluzione politica, economica e finanziaria che contrasti coi loro particolari disegni e interessi.

Gli abitanti dell’Europa – gli abitanti originari, intendiamo, e non la massa d’immigrati islamici recenti o recentissimi, legali o illegali, moderati o estremisti, lavoratori o nullafacenti, profughi veri o profughi fasulli – assistono sgomenti allo spettacolo sconcertante di un’invasione spacciata come migrazione “naturale”, cui bisogna rispondere con una politica di ampia e generosa “accoglienza umanitaria”; e di una classe politica e di una élite culturale le quali, concordi, raccomandano, anzi, esigono il dovere della ospitalità e della tolleranza, anche se i nuovi arrivati, palesemente, non sono portatori di una mentalità tollerane, visto che perfino durante la traversata del Mediterraneo, e anche nei centri di prima accoglienza, non esitano a discriminare in maniera pesantissima i loro compagni di avventura che non riconoscono il Profeta, fino a gettarli in mare.

Frattanto, un velo d’impenetrabile silenzio è stato steso sugli interrogativi più legittimi, riguardo a questa massa di migranti/invasori che quotidianamente filtra dalle frontiere marittime e terrestri dell’Unione europea, la meta agognata di tutti i “profughi” che è anche, nello stesso tempo, il più esecrato simbolo della odiata civiltà occidentale, meritevole solo di scomparire sotto i colpi dei seguaci dell’unica vera religione, al grido di Allah Akbar. Proibito, e politicamente scorrettissimo, domandare se si fanno dei controlli sanitari su tutte queste persone di provenienza ignota; proibito chiedere se la lebbra, la meningite, il tifo e altre malattie contagiose, da molto tempo scomparse in Europa, stiano ritornando a causa dei nuovi arrivati; proibito chiedere se si possano considerare “profughi” degli individui che rifiutano di essere identificati, che forniscono generalità false, che si presentano con i polpastrelli abrasi per non farsi rilevare le impronte digitali; proibito chiedersi quanti di loro siano terroristi, quanti criminali comuni, quanti spacciatori, quanti, semplicemente, soggetti ben decisi a vivere senza far nulla, sfruttando l’incomprensibile generosità degli Europei, ch’essi ritengono, a ragione, un segno di debolezza e non di bontà; e meritevole di essere considerata come una forma di razzismo qualsiasi perplessità circa il nostro “dovere” di accoglienza illimitata, senza contare l’anatema religioso che papa Francesco e la Chiesa modernista e progressista lanciano contro quei cattolici i quali, per avventura, si rifiutassero di collaborare, cioè di lasciarsi invadere, sopraffare, e ipotecare il futuro dei propri figli.

Non occorre essere degli esperti di demografia per capire che cosa sarà diventata l’Europa nel giro di pochi decenni, anzi, di pochi anni: tempo due generazioni, e gli Europei “indigeni” saranno una minoranza, forse tollerata, forse no; tempo quattro generazioni, e l’Europa, così come l’abbiamo conosciuta da giovani, e così come è stata per  mille anni, sarà solamente un ricordo del passato. Il tasso d’incremento delle nazioni europee varia da 1,1 dell’Italia, il più basso di tutti, al 2 scarso dei Paesi più “prolifici”, mentre sarebbe necessario un 2,5 per assicurare il normale ricambio generazionale: questo significa che siamo già ora un continente di vecchi, che non facciamo più figli e che le poche nascite non bastano a compensare le morti. Gli immigrati islamici in Europa, viceversa, hanno un indice di fertilità che si aggira intorno a 4. Del resto, non c’è bisogno di proiezioni, basta guardare le cose al presente: nella Francia del sud, un abitante su quattro è islamico, e già ora a Marsiglia vi sono più moschee che chiese; mentre nell’immediata periferia di Parigi, come recenti episodi dimostrano, vi sono quartieri ove la polizia non osa neppur farsi vedere, e nel centro di Bruxelles vi sono interi quartieri abitati da maghrebini, disposti a offrire protezione a terroristi ricercati dalle polizie di tutta Europa, dopo i sanguinosi attentati parigini.

E che cosa fanno, in questi drammatici frangenti, i politici e gl’intellettuali europei? Discutono con molta passione e convinzione, propongono e approvano le leggi che rendono più veloce il divorzio, che equiparano al matrimonio le coppie di fatto, che introducono il matrimonio omosessuale, che consentono le adozioni alle coppie omosessuali, o la fecondazione eterologa per le coppie lesbiche, o la pratica dell’utero in affitto per le coppie di omosessuali maschi, o che estendono l’eutanasia ai bambini; dopo aver ottenuto, nei decenni precedenti, le leggi sul divorzio e sull’aborto, e mirando, in un domani neanche tanto lontano, a ottenere “libertà” per l’uso di droghe pesanti e per la pedofilia. Tutte cose che vanno nella direzione di un ulteriore sgretolamento della famiglia, della stabilità del matrimonio, e di una separazione radicale tra la ricerca del piacere sessuale e l’idea e la pratica della procreazione. Tutte cose, quindi, che, oltre ad essere aberranti dal punto di vista morale, contribuiscono, e di molto, al sempre più vertiginoso calo della natalità  e all’abbandono ormai irreversibile dell’istituzione matrimoniale. Tutte cose che rendono sempre più aleatorio il senso della responsabilità e del dovere verso le generazioni future, anche se vengono fatte passare, con diabolica abilità, come iniziative miranti alla conquista di diritti civili sacrosanti e alla promozione del benessere morale e materiale degli individui.

L’introduzione della ideologia gender nelle scuole è l’ultimo atto di una offensiva da parte delle potentissime lobby gay, che parte da lontano e che nessuno, a quanto pare, aveva saputo riconoscere per tempo, e che pochissimi, a onor del vero, sanno vedere e denunciare anche al presente, mentre è in pieno svolgimento. Si afferma il diritto dell’individuo a determinarsi nel proprio orientamento sessuale. In pratica, si tratta di instillare nella mente dei bambini che frequentano le elementari e la scuola media inferiore l’idea che non esiste alcuna vera differenza tra un individuo di sesso maschile e uno di sesso femminile, e che ciascuno è chiamato a domandarsi se voglia essere, e sentirsi, maschio, femmina, o entrambe le cose, o passare dall’una all’altra condizione: il tutto, si capisce, in nome della libertà, ci mancherebbe altro. E siamo arrivati al punto che, pur d’imporre nelle scuole questi splendidi programmi “educativi”, peraltro pagati con i soldi dei contribuenti, cioè di tutti, compresi quelli che non li apprezzano, si impongono quali ministri della Pubblica istruzione personaggi incredibili, che paiono usciti da una barzelletta di terz’ordine: senza una laurea, senza uno straccio di diploma, sena onore e senza lealtà, pronti a mentire e a scordarsi le promesse, che avevano fatto, di levarsi di torno se gli elettori avessero bocciato un certo referendum, per la cui approvazione essi si erano spesi e strenuamente adoperati.

Intanto le reti televisive sono prese d’assalto dalle lobby LGTB e sfornano programmi ispirati a tale ideologia; mentre l’ineffabile Maria De Filippi, dopo aver rincitrullito generazioni di giovani telespettatori con i suoi squallidissimi talk-show, ora ci ammannisce lo spettacolo dei “tronisti” omosessuali e dei loro spasimanti che si baciano e si corteggiano davanti al piccolo schermo, per la gioia dei loro supporter e per la meritata soddisfazione della signora Cirinnà, paladina riconosciuta  della parità dei diritti e, quindi, anche del diritto di fare l’amore davanti ai telespettatori secondo i propri gusti e le proprie inclinazioni. In attesa, ben s’intende, che il parlamento approvi la legge contro l’omofobia e metta per sempre il bavaglio ai noiosi e  obsolescenti cittadini che non capiscono le magnifiche sorti e progressive della cultura omosessualista. Di tali cose si occupano le televisioni, mentre l’Europa è sotto attacco; ma né i suoi uomini politici, né i suoi intellettuali, sono disposti ad ammetterlo, anzi, si ostinano a presentare la favola bella dell’integrazione e del multiculturalismo, anche se la realtà dei fatti si è incaricata da tempo, e nella maniera più impietosa, di mostrare la sua natura totalmente illusoria. Ma come potrebbero ammetterlo gli odierni nipotini di Rousseau, gli stessi che si rifiutavano di ammettere il fallimento del comunismo quando ormai perfino il povero Gorbaciov se n’era accorto, e il muro di Berlino era sul punto di crollare?

Perché questo, infatti, è il problema: l’Europa odierna è governata da una classe dirigente che è la stessa di allora, la stesa del 1968 e dintorni: sono proprio gli stessi di allora, se non anagraficamente (come nel caso dei vari Napolitano), certo ideologicamente e psicologicamente: progressisti, radical-chic, liberal-fricchettoni, spinellari e rivoluzionari da salotto, sempre pronti a levare il ditino contro qualcuno, a scandalizzarsi e indignarsi per qualche ingiustizia nell’universo mondo, a stracciarsi le vesti per qualche abuso maschilista o classista, insomma per qualsiasi stortura e bruttura, tranne che per la loro: per l’esistenza, cioè, di una numerosa e agguerrita corporazione di parassiti, di nullafacenti, di corrotti, di poltroni, di altezzosi parolai, di drogati e lussuriosi che pretendono di rifare la morale e di proclamare i diritti di tutti e di ciascuno, purché siano ben al riparo dalle correnti d’aria le loro poltrone, le loro cattedre accademiche, le loro firme sui giornali a grande tiratura, le loro quotidiane comparsate televisive, le loro posizioni di rendita, le loro baby pensioni, i loro privilegi, i loro vitalizi, le loro prebende, i loro viaggi in giro per il mondo a spese o alla faccia della comunità. Vedi la capogruppo Pd del Veneto, Alessandra Moretti, quella che si vanta di andare ogni settimana dall’estetista e di essere bella, brava e intelligente, che se ne va a fare un viaggio di relax in India, mentre in regione si discute il bilancio di lacrime e sangue relativo ai comuni mortali, e posta pure le sue foto turistiche sulla rete.

Tutti costoro, che falsificano i sondaggi d’opinione, si spendono a più non posso per le cause dei poteri forti, della finanza, delle lobby immigrazioniste e omosessualiste, con i colossali, relativi giri d’affari, e il cui unico obiettivo è maturare il vitalizio e conservare la poltrona il più a lungo possibile, tutti costoro non hanno fatto una piega davanti ai segnali, sempre più frequenti, che la società civile manda loro: non hanno fatto una piega per la clamorosa sconfitta del al referendum sulla riforma costituzionale; non hanno speso una parola per scusarsi: son sempre lì, imperturbabili, inossidabili, incapaci di arrossire, di provare vergogna, di mostrare dignità o fierezza, buoni solo a pontificare e denunciare i “populismi”, i “razzismi”, gli estremismi di destra”: e perché dovrebbero agire altrimenti? Vivono in regime di monopolio, garantiti da un sistema protezionista da socialismo reale: qualunque cosa accada, loro hanno sempre ragione, non conoscono il redde rationem, restano sempre in sella: non è forse, il governo Gentiloni, la riproposizione sfacciata, perfino beffarda, dello sconfitto governo Renzi, come hanno visto e raccontato tutti i giornali europei, tranne i nostri?

Si sarebbe potuto sperare che in tanto disordine, in tanta insulsaggine, in tanta corruzione, almeno una voce conservasse autorevolezza e senso di responsabilità: quella della Chiesa cattolica, forte della sua tradizione due volte millenaria e della funzione storica svolta nella nascita della civiltà europea. E invece, sta accadendo il contrario. Proprio dalla Chiesa cattolica arrivano le più amare delusioni, le più sconcertanti sparate, e questo nel bel mezzo di una crisi morale senza precedenti. In Spagna, un vescovo che denuncia le mene della lobby LGBT, quello di Valencia, viene esposto a una vera e propria gogna mediatica; mentre un altro vescovo, quello di Santiago, ordina sacerdoti due omosessuali dichiarati e conviventi. Ad Anversa, il vescovo Bonny benedice le nozze gay. Il segretario della C.E.I., Galantino, afferma che Dio ha risparmiato Sodoma e Gomorra, e il papa Francesco sostiene che Giuda si è pentito e perciò non è andato all’Inferno. Intanto la Amoris laetitia rende possibile accostarsi all’Eucarestia ai divorziati risposati, alla faccia dell’indissolubilità del matrimonio; e la Misericordia et misera rende più facile l’assoluzione per il peccato di aborto. 

A questo punto, una domanda: come si chiamano coloro i quali, abusando del loro ufficio, vanno contro il bene e l’interesse comune? Tecnicamente parlando, e al di là del grado di consapevolezza che possiedono su ciò che stanno facendo, la parola è: traditori. Una classe politica che va contro gl’interessi della patria, è formata da traditori. I pastori di una religione che, invece di custodire le pecore, le espongono alle zanne dei lupi, sono mercenari e peggio. Non resta che sperare in Dio e in un soprassalto di dignità, orgoglio, coraggio civile e morale. Forse non è ancor detta l’ultima parola.