Non sono solo i lettori di Saker a conoscere Fulvio Scaglione (lo abbiamo intervistato qui e abbiamo recensito qui il “il Patto con il Diavolo”, materia di esame obbligatoria alla scuola del pensiero critico).  Ormai Fulvio è seguito anche sul profilo facebook  e sul suo blog  da una vera folla di lettori di tutti gli orientamenti politici e ideologici: gente che vaga in un panorama informativo desertificato, e trova qui un’ oasi di fatti e di opinioni indipendenti. Proprio attraverso i social ed i suoi reportage abbiamo seguito il suo viaggio a Damasco e ad Aleppo: lo abbiamo aspettato al varco e appena rientrato gli abbiamo chiesto di raccontare la guerra di Siria ai lettori di Saker.

S.I.: Per molti mesi TV e giornali hanno parlato di Aleppo. Sembra quasi che in quello che succedeva ad  Aleppo si concentrassero tutti i 4 anni di guerra in Siria. Tutto quello che è avvenuto prima e altrove è passato in secondo piano. Secondo te la battaglia di Aleppo è stata davvero tanto importante?

F.S.: Importante, sì. Ma credo più dal punto di vista politico che militare. La fine di ribelli e jihadisti, in Aleppo, è stata segnata dall’accordo (politico, appunto) tra Russia e Turchia. Paesi che, proprio in queste ore, hanno anche cominciato a compiere raid aerei insieme contro l’Isis. Se pensiamo che Russia e Turchia, nel novembre 2015, erano arrivate sull’orlo della guerra… Quanto è avvenuto ad Aleppo significa questo: anche nel prossimo futuro esisterà una Siria di Bashar al-Assad. Che Siria sarà, quali possibilità avrà, che cosa vorrà fare, è tutto da vedere. Ma esisterà, mentre il piano dei jihadisti appoggiati dalle petromonarchie del Golfo Persico, dalla Turchia e più o meno direttamente anche dagli Usa, era di farla sparire dalle carte geografiche”.

Aleppo, campo profughi di Jibrin: “Quando parte una delle nostre campagne per regalare la democrazia” scrive Fulvio Scaglione “il primo risultato è sempre di avere uno, dieci, cento Jibrin. Il resto, quando arriva, e quasi mai arriva, viene molto dopo. Non varrebbe la pena di pensarci?” (dal profilo Facebook di F.S.)

S.I.: Abbiamo letto delle condizioni disastrose della città dopo la fine degli scontri. Peraltro, anche dopo la sua conclusione, i sobborghi restano fuori dal controllo governativo: ad ovest ci sono i ribelli, ad est l’ISIS, a nord i Turchi. Aleppo è collegata a Damasco solo da una strada militare peraltro continuamente insidiata  sia dall’ISIS che dalla ribellione. E’ possibile, in queste condizioni, nutrire e riportare ad una vita normale una metropoli di quasi 2 milioni di abitanti?

F.S.: Aleppo, come il resto la Siria in generale, non tornerà mai alle condizioni quo ante. Le distruzioni sono state troppo massicce, le divisioni troppo profonde. In questo senso l’Isis ha raggiunto il proprio scopo. Ad Aleppo, in particolare, è stata rasa al suolo la parte antica della città, quella più “vera”, la fonte del turismo. E le aree industriali sono state saccheggiate, con intere fabbriche trasferite in Turchia. La ricostruzione sarà un’impresa titanica.

S.I.: Sappiamo che la guerra si combatte anche sul terreno della propaganda: l’ultimo clown di Aleppo, il numero esorbitante di ospedali bombardati dai Siriani e dai Russi, la campagna Twitter #savealeppo, i Caschi Bianchi, candidati addirittura al Nobel per la Pace. Hai potuto verificare queste notizie, in particolare il ruolo dei Caschi Bianchi? E quella, di fronte opposto, dell’arresto di 14 esponenti dei servizi di vari paesi ad Aleppo est?

F.S.: Ho parlato con diverse persone che hanno vissuto in Aleppo Est in questi quattro anni. Al di là di quanto narrato dai media occidentali, emerge una realtà che sta all’incrocio tra la Tortuga e la mafia: circa 250.000 persone sottoposte a un regime di violenza esercitato da gruppi e bande che spesso si combattevano tra loro per il controllo del territorio, con relative estorsioni e commerci criminali. Qualunque miliziano poteva brutalizzare un aleppino, o portargli via la figlia o la moglie, a piacimento, sicuro di non dover subire alcuna conseguenza. L’aspetto ideologico, per chiamarlo così, era gestito soprattutto dagli stranieri: sia predicatori (pakistani ed egiziani in primo luogo) sia jihadisti (delle più varie parti del mondo, Giappone compreso). Bisogna comunque ricordare che nella gente c’è anche molta paura della polizia segreta del Governo. Sia come eredità del passato, sia come nuovi timori del presente, perché la caccia a possibili miliziani infiltrati da Ovest è continua.

Aleppo: un selfie con la polizia militare russa (dal profilo facebook di F.S.)

S.I.: Qual è l’ atteggiamento del governo siriano nei confronti dei giornalisti occidentali? Hai subito delle intimidazioni? Ti è stato proibito di svolgere il tuo lavoro? E poi, perdona la domanda forse ingenua: perché tutti i giornalisti occidentali che vanno in Siria, anche quando dicono peste e corna dei governativi, visitano le aree controllate dall’esercito siriano e non quelle tenute dall’opposizione?

F.S.: Io non ho subito restrizioni né intimidazioni di sorta ma, a dire il vero, non ho certo sbandierato il mio essere giornalista. Anche essere rapito o rapinato (perché il giornalista, si sa, ha con sé almeno un computer, una macchina fotografica e un po’ di denaro) non sarebbe stato piacevole. Mi hanno consigliato cautela con le foto a Damasco, soprattutto nei pressi delle installazioni militari, mentre ad Aleppo ho davvero fatto tutto ciò che volevo. Per il resto, non è esattissimo che tutti i giornalisti siano andati solo nelle aree governative. Ho qui sul tavolo un libro fotografico di una reporter che qualche tempo fa era tranquillamente embedded con i miliziani di Al Nusra, da lei fotografati con armi e grandi sorrisi. Poi qualcuno è stato sgozzato, e certi viaggi sono finiti”.

S.I.: Immagino che tu non abbia avuto modo di parlare con esponenti dell’opposizione. Ma magari ti sei fatto un’idea su di loro parlando con la popolazione. L’opposizione è composta da siriani o da stranieri? Prevalgono i gruppi laici o quelli estremisti? E soprattutto: esiste una reale distinzione fra l’ISIS, Nusrah e i cosiddetti “moderati”? Esiste realmente sul terreno quella distinzione fra “neri” e “verdi” che vediamo sulle carte geografiche?

F.S.: Ho riassunto prima alcune testimonianze da me raccolte su come si viveva ad Aleppo Est. Sui “moderati”, credo si possa dir questo: è innegabile che Siriani hanno sparati a Siriani, e cioè che ci sia stato un movimento di opposizione armata ad Assad. I moderati, però, hanno cessato relativamente presto di essere un fattore determinante sul campo di battaglia. Anche ad Aleppo Est il nerbo della resistenza contro l’esercito e i Russi era costituito dai combattenti di Al Nusra. Senza di loro, Aleppo Est sarebbe caduta molto prima”.

“Aleppo: candido ufficialmente al Premio Nobel per la Pace (minimo minimo a un Cavalierato del Lavoro) il corpo degli spazzini del quartiere Hanano, distrutto dai combattimenti. Spazzare con tanta cura in quella situazione è assai più che una missione.” (dal profilo FB di Fulvio Scaglione)

S.I.: Qual è lo stato d’animo nei confronti del presidente Assad e dei Russi?

F.S.: Per quanto riguarda Assad, il paradosso su cui l’Occidente dovrebbe riflettere è che il Presidente è forse “amato” più oggi che prima della guerra. Certo, chi lo odiava non ha smesso di farlo. Ma gli altri, avendo assaporato la possibile alternativa jihadista, lo ritengono di certo la soluzione meno peggiore del mazzo. E siamo solo noi, che non rischiamo nulla e pontifichiamo in Tv, a credere che in certe situazioni il “meno peggio” non vada considerato. Per i Russi: sono già popolari in Medio Oriente, e in Siria sono molto popolari. Sono gli alleati che non hanno tradito nel momento del bisogno”.

S.I.: Nel caso (tutt’altro che scontato) alla fine si pervenga alla demolizione del califfato, la Siria si troverà divisa fra un’entità occidentale, sostenuta dai Russi, ed una orientale arabo-curda protetta dagli Stati Uniti. A nord una striscia di territorio sarà controllata dai Turchi. C’è poi il problema delle aree ancora controllate dai ribelli, principalmente Idlib e Dar’a. Anche ammesso che tutti questi soggetti riescano a raggiungere una tregua, sarà difficile ricomporre il bue con questo spezzatino. Credi che i siriani possano oggi aspirare in un qualche sollievo prossimo futuro, o che la frammentazione abbia definitivamente ipotecato le possibilità di normalizzazione della loro vita?

F.S.: Credo sia impossibile che la Siria torni a essere quella di un tempo. Tutto dipenderà dalla politica: i rapporti Russia-Turchia, quelli Russia-Usa, Donald Trump… L’Isis è una creazione delle petromonarchie sunnite, che sono tranquillamente in grado, una volta che questo movimento fosse sconfitto, di creare un altro mostro con un altro nome e gli stessi fini. Sono quarant’anni che va avanti così. Per cambiare strada, deve cambiare la politica delle alleanze delle grandi potenze.

Aleppo Est: scuola elementare (dal profilo Facebook di F.S.)

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Intervista a Fulvio Scaglione a cura di Marco Bordoni per SakerItalia.it