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L’Amministrazione USA rinuncia alla distensione e ritorna alla vecchia politica antirussa

di Luciano Lago - 17/02/2017

Fonte: controinformazione

 

Secondo vari analisti, la dirigenza russa si trova già molto delusa rispetto alle aspettative di una possibile distensione nei rapporti con Washington , con l’arrivo del nuovo presidente Donald Trump, in particolare per le posizioni manifestate di recente dal nuovo presidente degli Stati Uniti. Mosca contava in un cambio di atteggiamento di fronte al contenzioso nei  rapporti USA-Russia, risulta invece che questo cambiamento non ha avuto luogo e Trump sta portando avanti le stesse politiche anti-russe del suo predecessore, Barack Obama.

L’ultimo conflitto in questo senso è stata l’affermazione dell’Amministrazione Trump circa il fatto che la Russia debba “restituire” la penisola di Crimea all’Ucraina. La nuova ambasciatrice degli USA presso l’ONU ha annunciato anche il mantenimento delle sanzioni contro la Russia, a meno che i russi rinuncino alla Crimea, cosa che è totalmente impensabile da parte della dirigenza russa.

 

Le autorità russe hanno risposto in modo molto netto circa la questione della Crimea, prima attraverso il portavoce della Cancelleria, la Maria Zajarova, la quale ha dichiarato che “la Russia non ha alcuna intenzione di consegnare la Crimea all’Ucraina” e che “noi non consegnamo i nostri territori e il territorio della Crimea è parte integrante della Federazione russa”.
Ancora più categorica la successiva dichiarazione di Dimitri Peskov, portavoce del Cremlino, il quale ha dichiarato che “la Russia non va a negoziare il destino della Crimea con alcuna parte straniera e tanto meno con il presidente USA”.

D’altra parte, come da programma deciso dalla precedente Amministrazione Obama, sono in pieno svolgimento le manovre militari da parte della NATO e delle truppe e mezzi blindati inviati dagli USA ai confini russi in Lituania, in Estonia, in Polonia, in Romania e nel Mar Nero, dove una flotta della NATO si trova in forma permanente violando tutti gli accordi precedenti. Queste manovre, con il massiccio afflusso di truppe e mezzi NATO direttamete ai confini russi, sono un fatto mai avvenuto prima e sono state indicate ultimamente come una “forma di provocazione” dallo stesso Putin, il quale ha assicurato che la Russia sta prendendo le sue contromisure in quanto lo spiegamento NATO rappresente “una minaccia reale e pericolosa a i propri confini”.

A complicare le cose sono intervenuti due fattori chiave: le recenti dimissioni dell’assessore alla sicurezza nazionale, Michael Flynn, causate dalle sue conversazioni con i russi fatte prima della nomina ufficiale, e le dichiarazioni di Trump con cui il presidente si è lanciato in una serie di accuse pretestuose ed ingiustificate contro l’Iran, indicando questa nazione come il “grande patrocinatore del terrorismo”.

Il primo fattore, quello della rimozione di Flynn, oltre ad essere un indizio di un conflitto interno nell’ambito dell’establishment USA, dimostra che la fazione favorevole ad una distensione con Mosca è perdente in questo momento e tutto indica che i neocons anti russi e guerra fondai hamnno preso il sopravvento nell’enturage di Trump.
Quanto al secondo, le accuse all’Iran, la Russia ha risposto, attraverso il ministro Lavrov, confutando le dichiarazioni e sottolineando la collaborazione intercorrente tra la Russia e l’Iran ed Hezbollah nella lotta comune contro il terrorismo. Una reazione molto decisa che lascia intravedere la stretta relazione intercorrente in questo momento tra Mosca e Teheran.

Da parte sua l’Iran ha rinnovato ultimamente a Mosca il permesso di sorvolo del proprio territorio per realizzare attacchi aerei contro i gruppi terroristi in Siria ed ha riconfermato la concessione della base aerea di Hamedan all’aviazione russa, che in precedenza era stata interrotta per diverbi con Mosca sulla pubblicizzazione di tale concessione.

Risulta evidente che l’Amministrazione Trump si trova sotto pressione della dirigenza israeliana, Natanyahu e soci, nel tentativo di creare un fronte antiraniano che dovrebbe includere, oltre ad Israele, alcuni paesi arabi, sicuramente Arabia Saudita, Qatar, ed Emirati (EAU) ma difficilmente si potrebbero aggregare a questo fronte altri paesi come l’Egitto che si sono già schierati dalla parte di Mosca. Inoltre l’Iran sta estendendo la sua influenza, oltre all’Iraq (paese a maggioranza sciita) ed al Libano, anche ad altri paesi arabi che sono desiderosi di normalizzare i rapporti e la cooperazione con Teheran.

Ancora una volta gli USA si lasciano dettare l’agenda da Israele in base ai suoi interessi ed alle sue fobie, trascurando la possibilità di impostare una nuova politica di coesistenza con la Russia che favorirebbe una distensione nei rapporti anche in Europa ed in altre aeree del mondo.

Tutto questo scenario, anche in questo caso, rischia di produrre effetti opposti a quelli sperati da Washington e da Tel Aviv, dopo il fallimento della loro campagna per rovesciare il Governo di Damasco e per lo smembramento della Siria, si profila una solida alleanza ed un asse fra Mosca e Teheran che, considerando anche l’aggregazione già manifestata della Cina, costituisce un solido blocco militare e strategico che si pone come enorme ostacolo ai piani di Netanyahu e dei neocons di pianificare una nuova campagna bellica per isolare l’Iran.

Le relazioni tra Iran e Russia hanno un carattere ormai strategico ed i maldestri tentativi degli USA e di Israele di ottenere un distacco tra la Russia e l’Iran sono destinati al fallimento.

Rimane il fatto che Trump, come alcuni avevano previsto, si sta dimostrando l’ennesima marionetta manovrata da Israele.