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Abbiamo inventato la tolleranza ma andiamo armati in casa d'altri

di Franco Cardini - 04/03/2017

Fonte: cittadellaspezia

Lo ha ammesso lui stesso: "Sto facendo un discorso impressionista". Questo, ieri sera, è stato il parlare del professor Franco Cardini, tra i massimi storici sulla piazza. Ospite dell'associazione culturale Mediterraneo, lo studioso fiorentino ha fatto tappa a Sarzana - che ha visitato addirittura nel lontano 1961 per preparare una tesi sui fatti del '21 -, in Sala della Repubblica, per presentare il suo nuovo nato "Samarcanda". Compito quest'ultimo di cui, tuttavia, si è preso l'onere più che altro, introducendo Cardini, l'ex sindaco spezzino Giorgio Pagano, presidente di Mediterraneo. Il professore, invece, come detto, pur senza trascurare il libro - "né una guida, né un volume di storia" - dedicato alla mitica città dell'Uzbekistan, ha preferito un girovagare storico politico che, come sempre, lo ha visto esprimersi fuori dai denti, al solito sfuggendo a quegli incasellamenti politici in cui invano gli incasellatori di professione cercano di incastonarlo da tempo.

"A Samarcanda, e nell'Uzbekistan odierno - ecco uno dei primi punti toccati da Cardini, di stringente attualità - si fronteggiano il fondamentalismo islamico e la nomenclatura ex sovietica, che ha la meglio. Anche perché il fondamentalismo non attecchisce: in Uzbekistan vige un Islam popolare, anti fondamentalista, la cui anima è legata al sufismo, e tende quindi a una religiosità interiore, antidoto al fondamentalismo. I Sufi hanno resistito a Marx e Lenin, vediamo ora se resisteranno ai selfie e a McDonald".

Partendo poi dal tema del cotone, al centro di una maxi truffa operata dal satellite uzbeko a danno di Mosca - se ne accorse Gorbachov, ci furono 50mila incriminati, poi Eltsin graziò tutti -, e arrivando quindi al colonialismo britannico, Cardini ha sgranato uno dei suoi leitmotiv: "I cumuli di morti non li hanno fatto mica soltanto Hitler e Stalin, ma anche le belle democrazie europee".

Una dritta a divulgatori e insegnanti: "Se i ragazzi non ascoltano, è principalmente colpa nostra. Se usiamo un linguaggio giusto, non inutilmente difficile, i ragazzi ascoltano e si interessano. Magari un po' agitati, agitati dalla tempesta ormonale, ma ascoltano, e sanno stare fermi anche per ore".

Infine, un affascinante ragionamento sulla nostra cultura: "Il mondo occidentale prova fascino e curiosità per l'altro, per il diverso, mentre le altre culture del pianeta tendono a pensare di essere le migliori. Tuttavia, il moto di conoscenza che l'Occidente prova per gli altri finisce per tradursi in conquista. Questa è una grande contraddizione. Noi abbiamo inventato la tolleranza, l'orientalismo, l'antropologia culturale, ma come nessun altro siamo andati con le armi in casa altrui, per prendere forza lavoro e materie prime. Siamo una cultura superiore? Non si può fare una graduatoria. Superiore in che senso, poi? Dal punto di vista delle realizzazioni economiche e militari probabilmente sì. Ma se io parlo con un mio collega indiano, lui mi farà notare quanto noi siamo legati alla trasformazione della materia, mentre loro guardano principalmente alla trasformazione dell'essere umano. Ad ogni modo, noi occidentali, grazie alla nostra cultura, fatta anche di violenza e distruzione, oggi mangiamo e vestiamo meglio. Dobbiamo restituire tutto? No, ma almeno dobbiamo avere coscienza di questa condizione".