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La biodiversità

di Guido Dalla Casa - 10/03/2017

Fonte: Guido Dalla Casa

La varietà in generale

   Partiamo dalla fisica di base.

   Un sistema isolato, cioè senza scambi di energia-materia con l’esterno, tende a diventare completamente uniforme. Quando ha raggiunto l’uniformità, non succede più niente, tutto è alla stessa temperatura. L’uniformità è la morte del sistema.

   Un sistema è “vivo” o, se volete, creativo, soltanto se c’è varietà, se ci sono temperature diverse, se c’è fluire di energia all’interno o all’esterno. Il sistema resta vitale se è “dissipativo”, ovvero entra energia e ne riesce, con un flusso anche di entità notevole. La creatività nasce dalla complessità e varietà, proviene dall’esistenza di biforcazioni, o instabilità, nell’evoluzione del sistema stesso. Tutti i viventi sono sistemi altamente complessi, dove si ha l’emergenza di fenomeni mentali, nei singoli individui come nelle società o negli insiemi (ecosistemi).

   Come esempio semplificato: in un sistema idraulico, si ha creazione di strutture (vortici, gorghi, ritorni, figure varie) solo quando il flusso è turbolento, quindi nei sistemi più dissipativi.

  Nello stesso tempo questi sistemi, come i viventi, che scambiano molta energia con l’esterno, sono in grado di mantenersi in situazione quasi-stazionaria, cioè conservare le strutture che si sono create, oltre ad originarne di nuove nel tempo, se si alterano i flussi di energia-materia.                                              

   La varietà è alla base della vita: varietà e vita si devono intendere anche come caratteristiche di un ecosistema, di una società di termiti, di lupi, o di Primati, e quindi anche di umani.

Una citazione da un premio Nobel:

  All’equilibrio l’energia e la materia sono “cieche”, lontano dall’equilibrio cominciano a “vedere”.                                                                                      Ilya Prigogine

Funzioni della biodiversità

  Fino a tempi non molto lontani, in pratica fino a pochi secoli fa, il mondo era un grande Ecosistema naturale (Ecosfera), cioè la Terra si comportava come un essere in grado di autocorreggere le modifiche non troppo drastiche che avrebbero potuto danneggiarlo (omeostasi). Vivevano in questo modo anche i vari sottosistemi naturali che costituivano, con le loro interrelazioni, l’Ecosistema complessivo, un grande Essere senziente, una specie di immenso complesso con la massima varietà biologica, garanzia di persistenza a tempo indefinito.

  Tutto questo è stato il lento risultato di simbiosi e collaborazione (e talvolta competizione) fra esseri senzienti (individui, gruppi e specie), protrattasi per circa tre miliardi di anni. Ogni ecosistema naturale è semi-autonomo se si esclude l’indispensabile apporto esterno dell’energia solare (es.: fotosintesi clorofilliana). La biodiversità è la caratteristica che mantiene un ecosistema omeostatico e in situazione quasi-stazionaria.

 Possiamo schematizzare ed elencare brevemente qualche funzione della biodiversità:

-        Fotosintesi e produzione di sostanze organiche

-        Alimentazione di primo livello (erbivori)

-        Alimentazione di secondo livello (carnivori)

-        Forte partecipazione al ciclo dell’ossigeno

-        Assorbimento dell’anidride carbonica

-        Controllo dell’erosione

-        Diffusione di pollini, semi, spore

-        Controllo numerico delle popolazioni

-        Simbiosi fra specie anche molto diverse

-        Controllo del clima locale e generale

-        Mantenimento delle catene e reti alimentari

-        Omeostasi e mantenimento della struttura e complessità degli ecosistemi.

 

   Si tratta naturalmente solo di un’esemplificazione e tutte queste funzioni sono fortemente intercollegate.

 

L’energia

  L’Ecosistema ha bisogno soltanto dell’apporto dell’energia del Sole. Come per i viventi, anche per la Terra l’energia che è venuta dal Sole ritorna alla fine nello spazio cosmico, a temperatura inferiore, in conformità ai principi della termodinamica. Il fluire dell’energia solare in ingresso e in uscita mantiene in vita l’Ecosistema, e quindi anche gli umani.

 Il brano seguente è tratto da un articolo di Guido Ceronetti (La Stampa, 9-3-1993):

 

   Ecco un pensiero di Konrad Lorenz: “L’unico introito legittimo di energia del nostro pianeta è costituito dall’irraggiamento solare, e ogni crescita economica che consumi più energia di quella che riceviamo dal sole, irretisce l’economia mondiale in una spirale debitoria, che ci consegnerà a un creditore spietato….”

   Il Creditore Spietato, evocato da Lorenz, non è un fantasma del futuro. Si presenta ogni giorno, e ogni sua apparizione è una rapina: si porta via della vita vivente, ma ci lascerà fino all’ultimo lo sviluppo.

Vegetariani e carnivori

    Esaminiamo un ecosistema naturale abbastanza ampio e variato, con l’intento di  renderci conto dei rapporti che legano le varie specie e i vari cicli. Ci accorgeremo che vi sono modalità vitali alle quali non si può rinunciare senza causare la fine del complesso in quanto tale. Ricordiamo inoltre che gli umani fanno parte dell’ecosistema e non possono considerarsi “fuori dal giro”. L’uomo è un animale a tutti gli effetti, anche facilmente classificabile.

   Come esempio, con un’occhiata anche superficiale ad un ecosistema naturale, vediamo subito che i  carnivori sono in quantità molto minore degli erbivori: c’è posto per un leone ogni mille gazzelle, per un’aquila ogni mille marmotte. Quindi, se gli umani mangiano (anche) carne, dovrebbero essere davvero in pochi. Tutto ciò è conseguenza di un fatto che si evidenzia anche con calcoli più precisi: ad ogni passaggio della catena alimentare, viene disperso circa l’80-90% dell’energia che fluisce nel processo. L’energia non “scompare”, ma viene resa non più utilizzabile.

  Gli esseri senzienti a noi più simili, gorilla, oranghi, scimpanzé e bonobo, sono vegetariani, anche se non completamente. Gradiscono molto foglie, frutti, radici, tuberi e bulbi, talvolta larve di insetti, e, raramente, un po’ di carne (forse solo per gli scimpanzé). La differenza genetica media fra un umano e uno scimpanzé bonobo è dell’ordine dell’uno per cento.

 

Campi coltivati

   Data la dieta sopra indicata, è evidente la grande importanza di allestire sistemi ecologicamente sani allo scopo di avere vegetali per l’alimentazione.

   Gli ecosistemi creati dalla nostra specie per ottenere in particolare sostanze alimentari, dato che sono comunque inseriti in una totalità più grande, devono funzionare (o vivere) allo stesso modo di quelli naturali, che hanno centinaia di milioni di anni di “esperienza”. Altrimenti innescano una spirale che consuma risorse e accumula rifiuti, danneggiando la Vita da qualche altra parte, o in un tempo successivo. Pertanto campi coltivati, orti e frutteti devono autosostenersi ed essere organizzati come gli ecosistemi naturali. Non possono essere “monocolture”.

   Soprattutto negli ultimi decenni abbiamo alterato il modo di vivere di questi “campi” con pesanti apporti esterni di fertilizzanti chimici, antiparassitari ed energia da fonte fossile, tutti interventi che rendono non-ciclici i fenomeni che vi si svolgono e vanno a distruggere cicli vitali da qualche altra parte, o in tempi diversi.

   Così pure, quando abbiamo distrutto una foresta, non illudiamoci che si possa rimediare con la “riforestazione”, anche se è meglio di niente: nessuna “piantagione” di alberi potrà mai costituire una foresta.

I bambini e l’orto

  Il sottofondo culturale che condiziona la nostra visione del mondo viene assorbito e respirato soprattutto nell’infanzia. Il paradigma che viene trasmesso attualmente è quello materialista-meccanicista che porta a un desiderio insaziabile di oggetti, ad un incremento senza fine dei beni materiali. E’ assolutamente necessario interrompere  questa trasmissione culturale, destinata a portare il mondo verso un collasso, di cui si vedono già oggi i primi segni.

 Ci si può chiedere come fare ad insegnare ai bambini fondamenti culturali diversi fin dai primi anni di scuola. Ai bambini si può spiegare tutto, pur di usare le parole e gli atteggiamenti adatti, ma c’è anche una risposta semplice ed efficace: allestire un orto.

  Alcuni anni fa è stato pubblicato a questo scopo un piccolo libro di Fritjof Capra, Ecoalfabeto. L’orto dei bambini  (Stampa Alternativa, 2005). Capra è lo scienziato autore de Il Tao della fisica e che ha fondato il Center for Ecoliteracy a Berkeley, in California.

   E’ importante avere una comprensione profonda dei flussi della vita in cui è naturale riutilizzare ogni cosa, come le foglie cadute, le deiezioni animali, gli scarti alimentari per preparare nuovo concime: in una comunità ecologica i rifiuti non ci sono perché gli scarti di una specie sono l’alimento di un’altra.

   Si può facilmente spiegare che l’orto stesso, composto di tanti organismi viventi, è nel suo complesso un essere vivente-senziente. Anche noi siamo costituiti da molti esseri viventi (le cellule del nostro organismo), eppure “ci sentiamo” un’unica entità.
   Con l’orto si può diventare consapevoli che noi stessi facciamo completamente parte della rete della vita, come tutti gli altri esseri senzienti.