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Tassonomia e sordofobia. La scuola si sta trasformando in bar

di Miguel Martinez - 22/03/2017

Tassonomia e sordofobia. La scuola si sta trasformando in bar

Fonte: kelebek

La famosa Università di Berkeley è frequentata da poco più di 30.000 giovani che hanno circa 60.000 dollari l’anno da spendere, o perché pagano i genitori o perché hanno scelto di indebitarsi fino al collo senza sapere se ne usciranno vivi (poi qualcuno usufruisce sicuramente anche di borse di studio).

Pagano, perché è davvero una delle migliori università del mondo.

Insomma, si potrebbe immaginare che gli studenti di Berkeley pensino solo a studiare.

Ma il mondo non è così semplice.

Negli Stati Uniti, le razze vengono analizzate e declinate con un perfezionismo che Joseph Arthur de Gobineau avrebbe invidiato.

Sappiamo intanto che appena il 2,5% degli alunni di Berkeley si iscrive nella categoria di ethnically unknown. C’è anche una certa percentuale di non-resident Aliens, che non hanno diritto evidentemente a essere tassonomizzati. Il 4,7% si vanta invece di appartenere a “two or more races“.

Il 35,1% degli alunni sono Asian, che presumiamo spiaccichi lo sciita iracheno addosso al filippino evangelico, ma in linea di massima significa gente con gli occhi a mandorla.

Appena il 27,8% sono White (gli ebrei devono fare la fila assieme agli scandinavi).

La razza Hispanic è al 13,8%.

In fondo a tutta la scala, ci sono i Black or African Americans, appena il 2,1% (il somalo appena arrivato negli Stati Uniti viene evidentemente omologato a forza tra i discendenti di ghanesi arrivati tre secoli fa).

Tra i docenti, il 6% si identifica come gay, lesbian or bisexual, l’87% come eterosessuale e solo l’8% ha il coraggio di non raccontari i fatti propri ai censori (nel senso di estensori di censimenti).

E così via, le altre statistiche le potete trovare anche voi.

150 dipendenti a tempo pieno (diretti da una vicepresidente con uno stipendio diverso, 215.000 dollari l’anno) si occupano esclusivamente di diversity issues all’Università, perché nessun ventenne si senta mai escluso, stilando piccoli dizionari come questo.

Non ci riescono a fare felici tutti, visto che l’autunno scorso alcuni studenti hanno impedito l’ingresso agli studenti “bianchi” (dal video, pare che la qualifica riguardi anche gli Asians), chiedendo safe places (luoghi in cui gli studenti possono trovare “compassione ed empatia”) segregati, riservati esclusivamente a una curiosa combinazione di studenti di colore (sopratutto hispanics, a quanto pare) e transgender.

Probabilmente agli occhi di chi legge balza subito all’occhio una diversità non presa in considerazione dall’augusta università: quella tra chi ha 60.000 dollari l’anno da spendere per studiare (secondo la Global Rich List, 60,000 dollari o più l’anno li guadagna lo 0,19% dell’umanità) e chi non li ha.

Ma ndirettamente, a Berkeley forniva qualcosa anche al 99,81% di esclusi: per aiutare i propri studenti con disabilità motorie, avevano messo su Youtube non meno di 20.000 video di lezioni, che potevano essere visti e ascoltati da chiunque in tutto il mondo.

Il risultato è che si sono presi così una denuncia da parte di due ricercatori sordi (non di Berkeley).

Il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti ha condotto una rigorosa inchiesta, scoprendo due gravi violazioni dell’Americans with Disabilities Act: i sottotitoli dei video erano imperfetti e talvola mancavano del tutto; come imperfetto era il contrasto dei colori nei video, che poteva creare problemi per ipovedenti.

E ha quindi ordinato all’Università di correggere tutti i video subito, oppure farli sparire.

Nemmeno lavorando per un anno, i 150 tecnici della diversity ci sarebbero riusciti; e così il 1 marzo, l’Università di Berkeley ha reso inaccessibili al pubblico i 20.000 video in questione.

Ovviamente, tutte queste cose hanno una lontana origine in qualche autentico problema: i neri schiavi centocinquant’anni fa, i pregiudizi storici contro gli omosessuali, le difficoltà che incontrano i disabili…  ma qui siamo a un effetto che è si è ormai distaccato dalla sua causa: in media, gli studenti neri di Berkeley non vengono sfruttati per coltivare il cotone per le camicie inamidate degli allievi bianchi, né ci sono feroci pestaggi collettivi di studenti ritenuti effeminati.

Quindi queste cose vanno avanti con una forza propria, che deriva da qualcos’altro.

Sarebbe banale leggere tutto questo nella solita chiave Destra-Sinistra: la Destra radicata ai pregiudizi dell’Uomo Bianco Eterosessuale, la Sinistra che maniacalmente impone il Politicamente Corretto perché odia la Storia Giudeo-Greco-Cristiana e la Famiglia.

No, i non-udenti che hanno sconfitto i video non sono nemici della Famiglia o della Storia.

E poi in Italia si sta diffondendo – con effetti sconvolgenti sul sistema scolastico – un’analoga cultura della dislessia e dei “bisogni educativi speciali”, che non ha nulla a che vedere con razza, storia o sesso, che (specie l’ultima) sono le questioni che eccitano i tifosi di Destra e Sinistra.

E se il senso fosse da trovarsi invece in qualcos’altro?

Proviamoci in una frase: la fine dell’illusione di progetto istituzionale che ha ispirato tutta l’enorme macchina del sistema educativo occidentale (strettamente correlato ai dispositivi militari e nazionali).

In pratica, la scuola si sta trasformando in bar.

Il cliente entra, chiede ciò che vuole in quel momento, non quello che il barista ritiene sia meglio per la sua salute futura.

E se il barista insiste nel non servirgli il sale nel caffè o gli nega il permesso di mangiare con le mani, il cliente può rivolgersi a un avvocato e rovinare la vita al barista.

Un processo che potrebbe essere irreversibile, divertente a volte da constatare ma sostanzialmente impossibile da contrastare.