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Che errore diluire i popoli per il mercato

di Laurent Blanc - 04/05/2017

Che errore diluire i popoli per il mercato

Fonte: Barbadillo

Se ne stanno accorgendo tutti anche perché, ormai, a furia di nascondere la polvere sotto il tappeto ci si ritrova a sciare su montagne di dissimulazione più o meno autoindotta. E in Francia, che sublima e acuizza da sempre tutti i conflitti che si aggirano nelle strade d’Europa, la questione è ormai palese: i partiti tradizionali sono dissolti, l’estabilishment s’è arroccato attorno a un candidato costruito apposta sul marketing elettorale e sull’altra, espressione della furia popolare contro le oligarchie. Macron e Le Pen, per la sinistra sinistra francese è un problema. Da una parte la lotta alla finanza e al capitalismo (o quel che ne rimane), dall’altra la pregiudiziale anti-fascista. Né peste né colera, dicono quelli che hanno votato Melenchon e adesso non sanno più che pesci prendere.

Tra di loro c’è il filosofo Michel Onfray, il teorico della sinistra “dionisiaca”. In un lungo intervento (in Italia pubblicato da L’Espresso), Onfray teorizza l’orizzonte di un nuovo scontro di classe. “Questa globalizzazione – voluta con tanto ardore dal capitalismo liberale più duro – ha trovato un alleato inaspettato nella sinistra liberale e in seguito, ancor più paradossalmente, nella sinistra anti-liberale. Il mercato odia le frontiere, disprezza il locale e ciò che ha messo radici, combatte una guerra spietata contro i paesi, riempie di merda le nazioni, orina contro i popoli, e ama soltanto i flussi multiculturali che abbattono le frontiere, sradicano il mondo, devastano ciò che è locale, spaesano i paesi, fustigano le nazioni, diluiscono i popoli a esclusivo beneficio del mercato, l’unico a contare e a dettare legge – la definizione chimicamente pura del liberalismo”.

Onfrey su Elements

Onfrey su Elements

Le responsabilità della sinistra, anche per Onfray, sono cristalline: “Giocando la carta del liberalismo, la sinistra al governo spinge nella medesima direzione del capitalismo con i suoi banchieri. Giocando la carta dell’antiliberalismo, la sinistra definita radicale spinge nella medesima direzione del capitalismo con i suoi banchieri. Perché il capitalismo vuole l’abolizione delle frontiere affinché si crei un grande mercato libero, nel quale a dettar legge sia solo la “libera concorrenza, non quella fasulla”, una volta con la sinistra liberale, un’altra con la sinistra antiliberale. Queste due modalità d’azione della sinistra hanno gettato il popolo che io chiamo old school alle ortiche: non ci sarebbero più operai, impiegati, proletari, poveri contadini, ma soltanto un popolo-surrogato, un popolo di migranti in arrivo da un mondo non giudeo-cristiano, con i valori di un Islam che, assai spesso, volta le spalle alla filosofia dei Lumi. Questo popolo-surrogato non è tutto il popolo, ne è soltanto una parte che, però, non deve eclissare tutto ciò che non è”.

 

Una visione della globalizzazione

Una visione della globalizzazione

Le conseguenze non possono che essere devastanti, per i popoli. Prima fra tutte, il fatto che le promesse auree del liberalismo americano post-Guerra Fredda siano state tutte infrante. “Dopo un quarto di secolo di questo regime trionfante e senza opposizione, i popoli hanno constatato che ciò che era stato promesso loro non è stato mantenuto e, peggio ancora, che è accaduto esattamente il contrario: impoverimento generalizzato, disoccupazione di massa, abbassamento del tenore di vita, proletarizzazione del ceto medio, moltiplicarsi di guerre e incapacità di impedire quella dei Balcani, concorrenza forzata in Europa per il lavoro”.

Lo iato fra élite e popolo si fa drammatico, ma questo processo di separazione non è iniziato ora. Anzi. Sempre Onfray: “A fronte di questa evidenza, il popolo dà cenno di ritorno. Per il momento si affida a uomini e donne che si definiscono provvidenziali. Il doppio smacco di Tsipras con Syriza in Grecia e di Pablo Iglesias con Podemos in Spagna mostra i limiti di questa fiducia nella capacità di questo o quello di cambiare le cose restando in un assetto di politica liberale. Anche Beppe Grillo e i suoi Cinque Stelle invischiati negli scandali a Roma vivono un flop di egual misura. La Francia, che nel 2005 ha detto “no” a questa Europa di Maastricht, ha subito una sorta di colpo di Stato compiuto dalla destra e dalla sinistra liberale che, nel 2008, hanno imposto tramite il Congresso (l’Assemblea nazionale e il Senato) l’esatto contrario di ciò che il popolo aveva scelto. Mi riferisco al Trattato di Lisbona ratificato da Hollande e partito socialista e da Sarkozy e il suo partito. Gli eletti del popolo hanno votato contro il popolo, determinando così una rottura che ora si paga con un astensionismo massiccio o con decine di voti estremisti di protesta. Altri paesi ancora che hanno manifestato il loro rifiuto nei confronti di questa configurazione europea liberale – mi riferisco a Danimarca, Norvegia, Irlanda, Svezia, Paesi Bassi – sono dovuti tornare a votare per rivedere le loro prime scelte. La Brexit è in corso e assistiamo in diretta a una sfilza di pressioni volte a scavalcare la volontà popolare”.

Infine, Onfray non vede vittoria possibile per gli oppositori del sistema unico: “Una volta ottenuta questa tabula rasa, non è previsto che ci sia alcun castello nel quale riparare, perché è impossibile che vi resti un castello. A quel punto sembra che non ci resterà che un’unica scelta: la peste liberale o il colera liberale. O il contrario. Trump e Putin non potranno farci nulla. È il capitale a dettar legge. I politici obbediscono e i popoli subiscono”.