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La guerra dei pacifisti

di Iacoviello Umberto - 06/05/2017

La guerra dei pacifisti

Fonte: Arianna editrice


Dal 1945 lo scopo dell’ONU è quello di “fornire la soluzione pacifica delle controversie internazionali, mantenere la pace e promuovere il rispetto dei diritti umani”. L’ONU è nata dalle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, tuttavia non è il primo tentativo occidentale di costituire un’organizzazione sovranazionale per garantire la pace.
Poco più di due secoli fa sconfitto Napoleone, Prussia, Austria e Russia, accomunate dalla necessità di conservare lo status quo, costituirono un primordiale governo sovranazionale: la Santa Alleanza. Successivamente aderirono, tra gli altri paesi europei, anche Gran Bretagna e Francia. Unite le principali confessioni cristiane, l’alleanza si prefissò il compito di assicurare la pace e la prosperità tra i popoli. Nonostante mancasse un’organicità istituzionale, la Santa Alleanza aveva dei dipartimenti divisi per compiti e si riuniva in congressi. Represse ogni tentativo (finché ebbe la possibilità) di ribellione all’interno dei singoli stati europei e sebbene ebbe il merito di abolire la tratta degli schiavi, la sua vita fu breve a causa dei dissidi interni tra Gran Bretagna e Russia a cui si aggiunsero i moti europei che caratterizzarono la prima metà dell’Ottocento.
Il secondo tentativo fu quello della Società delle Nazioni, nata al termine della Grande Guerra che secondo le parole di Wilson doveva essere “la guerra che avrebbe posto fine a ogni guerra”. La pace nata dai trattati e il nuovo assetto europeo non fecero altro che rimandare il conflitto di una ventina d’anni.
Dal drammatico evento della seconda guerra mondiale sulla scia della Società delle Nazioni, prese vita l’Organizzazione delle Nazioni Unite, l’organo sovranazionale che come i suoi predecessori si prefissò il compito di garantire la pace.
In settant’anni di storia ha svolto il proprio ruolo di garante della pace?
Sembra che a non aver tenuto conto degli obiettivi pacifisti dell’organizzazione siano state proprio le nazioni che appartengono alla ristretta cerchia dei membri permanenti, i vincitori della seconda guerra mondiale.(1) Questi hanno continuamente violato quei nobili principi di promozione della pace e di rispetto dei diritti umani. Basta gettare uno sguardo al passato per constatare che gli obiettivi sono stati traditi dagli stessi fondatori fin dalla sua fondazione. L’URSS in Ungheria e Afghanistan, gli Stati Uniti in Vietnam, Guatemala, Libano, Cuba, Corea, Panama, Iraq, la Cina in Tibet, i crimini in Algeria da parte dei francesi, il bombardamento di Belgrado degli USA con le maggiori potenze europee per non parlare delle coalizioni capeggiate dalla NATO in tutto il Medio Oriente, solo per fare qualche esempio.
Dal 1945 ad oggi la guerra non ha indietreggiato di un passo -al contrario- si è aperta su nuovi fronti anno per anno, i dati che indicano le spese globali in armamenti ne danno un’idea: 220 miliardi nel 1950, 610 miliardi nel 1970, 950 miliardi nel 1987 fino ad arrivare a 1.676 miliardi nel 2015 (di cui 596 miliardi solo negli USA). L’Italia non risparmia, spendendo più di 20 miliardi all’anno (56 milioni di euro al giorno). Nei primi posti della classifica delle nazioni che spendono più soldi in armamenti troviamo i cinque membri permanenti “Si vis pacem, para bellum” visto che il miglior modo per ottenere la pace sembra essere proprio la guerra. Un esercito ben armato ci fa sentire protetti da possibili attacchi dall’esterno e questo di per se non è criminoso, ma se uno stato non è armato di buone intenzioni, non serve una formale dichiarazione di guerra ma anche solo finanziare e sostenere azioni militari estere per macchiarsi di un grave crimine. L’ONU condanna (a buon diritto) anche questo.
E’ quello ciò che accadde durante il periodo sandinista (1979-1990) in Nicaragua, gli Stati Uniti sostennero le milizie Contras e vennero condannati da un organo giudiziario dell’ONU (la Corte internazionale di Giustizia). Gli USA avvalendosi (abusando?) del diritto di veto ignorarono la decisione della corte. Finì a bolle di sapone.
I capi d’accusa contro i pacifisti internazionali sono numerosi.
Verrebbe quasi da sorridere se non ci fossero dei morti di mezzo nel sentire le dichiarazioni del segretario di stato degli USA Colin Powel che il 5 febbraio 2003 dichiarò “Il fatto che l’Iraq smentisca ogni appoggio al terrorismo vale quanto le smentite sul possesso di armi di distruzione di massa. E’ una trama di menzogne.” Mentre nemmeno un anno dopo rimangiò le sue parole affermando il 3 febbraio 2004 “Adesso lo posso dire. Se avessi saputo ciò che so ora, e cioè che non esistevano in Iraq armi di distruzione di massa, non credo che mi sarei espresso a favore di quella guerra.” E’ vero, solo gli stolti non cambiano idea, tuttavia questi “errori di valutazione” vengono pagati con la vita di migliaia di uomini: soldati e civili. A questo punto una domanda sorge spontanea: si può attaccare un Paese solo perché sospettato di possedere armi di distruzione di massa? La guerra preventiva in fondo non è un atto criminale tanto quanto usare armi di distruzione di massa?
Visto che qualcuno ha fretta di censurare le cosiddette fake news, occorre ricordare che la notizia del possesso di armi di distruzione di massa da parte dell’Iraq (rivelatasi falsa) venne pubblicata sulle più importanti testate giornalistiche e da tutti i TG. Non è forse anche questa una fake news? Chi decide ciò che è vero e ciò che non lo è? Sembra di essere di fronte ad un decreto del Ministero della Verità di cui parlava Orwell. In 1984, uno degli slogan del Partito era: L’IGNORANZA E’ FORZA. Chi ha il potere di controllare le notizie, controlla centinaia di milioni di menti, l’opinione pubblica è quella che conta ed essa non ha dubbi sulla legittimità delle azioni militari svolte sotto la bandiera della pace. Il mainstream propone con ogni mezzo il pensiero unico: guardando la tv o leggendo i giornali “storici” si ha l’impressione che l’Occidente sappia bene chi sono i buoni e chi sono i cattivi. Gli europei si indignano se uno dei loro paesi viene preso di mira dal terrorismo, ma sono del tutto indifferenti quando gli eserciti delle loro nazioni bombardano civili fuori dall’Europa. Il 22 marzo si piange per Londra, tre giorni dopo la coalizione capeggiata dagli USA bombarda la parte ovest di Mosul, uccidendo decine di civili, tutti tacciono. Attentato in Russia? Nessuno colora la propria immagine del profilo con la bandiera russa, perché?
Un altro slogan del Partito in 1984 era: LA GUERRA E’ PACE.
L’evidente contraddittorietà dello slogan viene sanata dal casus belli, nell’ottica in cui la pace e i diritti umani vengono prima di tutto e qualcuno si sente in dovere di esportare democrazia e diritti umani a tutti i costi, tutto è concesso, anche violare la pace e i diritti umani. Il trionfo dell’illogicità. Le idee che si concretizzano nelle azioni degli uomini che scrivono la storia di un mondo moderno sempre più alla rovescia, dimostrano che la polizia globale garantisce la libertà di alcuni stati a discapito di altri, usando sempre due pesi e due misure. Quando il 9 aprile 1948 l’Etzel capeggiata da Menachem Begin insieme ad altri gruppi paramilitari sionisti massacrò gli abitanti del villaggio arabo di Deir Yassin non vennero presi provvedimenti da parte dell’ONU. Al capo carnefice Menachem Begin (diventato in seguito primo ministro di Israele) venne anche assegnato il premio Nobel per la Pace nel 1978. In altre parole esistono morti di serie a e morti di serie b. (2)
Così come durante la Guerra del Golfo sono stati usati da parte degli alleati capeggiati dagli USA ordigni radioattivi che oltre ai morti hanno provocato in Iraq disastri ambientali a lungo termine e cosa più importante hanno violato i principi di Norimberga che loro stessi hanno istituito. Alla faccia di Hitler.
Assodato che le pretese da parte di un governo sovranazionale di porre fine all’anarchia internazionale, a conti fatti (ma ancora aperti) sembra aver storicamente fallito, qual è l’alternativa?
Per una questione di tale portata non esiste una risposta esatta, si possono fare solo delle constatazioni che trascinano con se numerosi interrogativi.
Mettere “lo zampino” (armato) in questioni che riguardano stati sovrani provoca una serie di conseguenze: non solo amplifica un conflitto interno ma ha delle ripercussioni gravi anche in Occidente, terrorismo e immigrazione in primis. Il problema va cercato a monte: non agire sembra essere meno dannoso che intervenire, riprendendo le parole di I. Kantuno stato non è (come il territorio in cui è situato) un possesso. E’ una società di uomini, su cui nessun altro tranne se stessa, può comandare e disporre.” (3) L’esistenza stessa di una polizia globale autoreferenziale dimostra come qualcuno considera le nazioni merci e non società di uomini liberi di autodeterminarsi.
Paradossalmente, liberarsi dai pacifisti sembra essere il primo passo verso la pace.