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La Fortezza Eurasia degli anti-Nato di Shangai: da Mosca a India e Pakistan

di Alessandro Sansoni - 17/06/2017

La Fortezza Eurasia degli anti-Nato di Shangai: da Mosca a India e Pakistan

Fonte: Tempi

Il presidente del Kazakistan Nursultan Nazarbayev non ha esitato a definire “storico” il summit dell’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione (Sco), tenutosi l’8 e il 9 giugno ad Astana. La “storicità” dell’evento è determinata dall’ingresso nell’alleanza, come membri a pieno titolo, di India e Pakistan. La Sco è un’alleanza politica, militare ed economica nata nel 2001 per garantire il rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza in Asia e fino all’ultimo vertice comprendeva in qualità di componenti effettivi Russia, Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Afghanistan, Bielorussia, Iran e Mongolia continuano ad avere lo status di osservatori, mentre Armenia, Azerbaigian, Cambogia, Nepal, Turchia e Sri Lanka hanno lo status di partner di dialogo. Con l’ingresso delle due principali potenze del subcontinente indiano la Sco comprende ormai i tre quinti del continente eurasiatico e circa il 40 per cento dell’intera popolazione mondiale.

A prendere l’iniziativa di portare a compimento l’ingresso dei due nuovi membri, in gestazione da tempo, è stato il presidente russo Vladimir Putin in persona. L’obiettivo dichiarato è quello non solo di ampliare l’organizzazione, ma anche di determinarne un salto di qualità, rafforzando ed estendendo a trecentosessanta gradi le sue competenze in materia di sicurezza, attraverso il paradigma della “lotta al terrorismo”. Non a caso è stato auspicato, nel corso del vertice, un maggiore impegno da parte della Sco nella risoluzione politica del conflitto afghano.

Durante la due giorni, Putin ha anche attribuito la massima importanza alla visita che il 4 luglio il presidente cinese Xi Jinping effettuerà a Mosca. Xi da parte sua ha cordialmente ricambiato, esprimendo l’auspicio «che sotto la guida volitiva [di Putin] la Russia raggiunga nuovi successi nello sviluppo e nella rinascita dello Stato». Sullo sfondo ci sono le turbolenze dello scenario internazionale che stanno innalzando il livello della relazione tra Mosca e Pechino, fornendole un carattere sempre più strategico. È significativo il fatto che il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu abbia proposto alla Cina l’approvazione di una tabella di marcia per lo sviluppo della cooperazione militare bilaterale negli anni 2017-2020.

La tentazione di accogliere l’Iran

Contestualmente si fa sempre più strada l’ipotesi che anche l’Iran segua l’esempio di India e Pakistan, entrando a far parte della Sco a pieno titolo. Già in passato se ne era parlato, ma Pechino e la stessa Mosca avevano sempre frenato, per non deteriorare i rapporti con l’Arabia Saudita. D’altra parte anche Teheran, dopo la visita di Donald Trump a Riyad, il successivo embargo diplomatico dei sauditi e dei loro alleati contro il Qatar e, soprattutto, il sanguinoso attacco terroristico contro il parlamento della capitale iraniana, per bocca del segretario del Consiglio supremo della sicurezza nazionale (Snsc), Ali Shamkhani, ha tenuto a sottolineare il carattere non provvisorio, ma strategico, dell’alleanza con la Russia in Siria e nella “lotta al terrorismo”. L’impressione è quella che si vada verso la costruzione di una sorta di “Fortezza Eurasia”, almeno nelle intenzioni di Mosca, sempre più in preda alla sensazione di essere sotto assedio, paradossalmente ancor di più dopo l’elezione del nuovo inquilino della Casa Bianca, presunto filorusso.

Il caso Montenegro

A fomentare le preoccupazioni russe contribuisce il costante allargamento della Nato verso est: il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha definito l’adesione del Montenegro all’Alleanza atlantica, sancita con la cerimonia dell’alzabandiera al quartier generale di Bruxelles lunedì 5 giugno, «un progetto geopolitico» non giustificato da alcuna minaccia contro il piccolo stato balcanico.

La reazione poi alla votazione del parlamento ucraino, tenutasi l’8 giugno, che ha stabilito come l’adesione alla Nato sia una priorità della politica estera nazionale, da parte del portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov è stata ancora più eloquente: «A Mosca c’è diffidenza per il processo di espansione della Nato verso i nostri confini. Noi crediamo che questo minacci la nostra sicurezza e l’equilibrio di potere nella regione eurasiatica. Naturalmente, la parte russa prenderà tutte le misure necessarie per riequilibrare la situazione e per garantire la propria sicurezza». Più chiaro di così.

Verso il disgelo con la Turchia?

D’altra parte i comportamenti di Donald Trump, che sembra muoversi sullo scenario internazionale come un elefante in una cristalleria, potrebbero dare il via libera a una serie di reazioni ulteriori da parte di altri paesi che si sentono minacciati dagli atteggiamenti iperfilosauditi di Washington. Un esempio per tutti è la decisione della Turchia non solo di schierarsi dalla parte del Qatar, ma anche di acquistare il sistema di difesa missilistico russo S-400 per un valore di oltre 3 miliardi di dollari: un’operazione concordata nei suoi aspetti tecnici lo scorso 8 giugno e resa possibile da un prestito del Cremlino ad Ankara, non in grado di affronta- re autonomamente l’impegno finanziario preteso dalla Rostekh, la società russa per lo sviluppo tecnologico nel settore della difesa. Una novità dopo il parziale raffreddamento dei rapporti tra Mosca e Ankara, avutosi nelle primissime setti- mane successive all’insediamento di The Donald, che se portata alle sue estreme conseguenze da ulteriori criticità sul teatro siriano, e mediorientale in generale, favorirebbe la chiusura del fianco sud della “Fortezza Eurasia”.