Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Doha Round: una data cruciale per l'Ue

Doha Round: una data cruciale per l'Ue

di Marzio Paolo Rotondò - 09/11/2005

Fonte: rinascita.info

 

E’ scontro fra Gran Bretagna e Francia sul negoziato in sede Omc e sull’approvazione di bilancio Ue.
Il Doha Ruond si prospetta infatti sempre più un grosso problema per l’Unione europea oltre che per i desiderata del commercio globale. Le posizioni sono divergenti nel cuore del Vecchio continente e sembra che più che andare verso un compromesso si vada verso lo scontro frontale già nelle nostre frontiere, rendendo ancora più ardua la battaglia su scala mondiale. Esauriente in questo senso la riunione di tutti i ministri degli Esteri avvenuta ieri.
Il Doha Ruond, il negoziato che va avanti dal 2001 su diversi temi caldi per l’ulteriore liberalizzazione del commercio globale, vede l’agricoltura ed i sussidi statali come l’argomento più delicato che contrappone le diverse visioni europee. Il dibattito si estende dai negoziati presso l’Omc a scala globale del Doha Round, all’approvazione del prossimo bilancio 2007-2013 in sede europea, e dunque della politica economica del nostro continente. Due appuntamenti previsti per la stessa settimana e che avranno la medesima conclusione.
Il vero nodo che si cela dietro ogni discussione è la contrapposizione fra ultraliberisti e i difensori dello Stato sociale: più ci si avvicina alle due fatidiche date in cui bisognerà trovare un punto d’accordo e più i toni delle discussioni si trasformano in polemiche e lotte agguerrite fra interessi divergenti.
In ambito europeo, il mondo filo anglosassone sostenitore del commercio ad oltranza è contrapposto ai difensori della coesione e dello Stato sociale, che vede la Francia in prima fila per ideologia ma anche per motivi di interesse. L’Italia, invece, sembra avere una posizione combattuta, più favorevole ad un compromesso che schierata su uno dei fronti.
Mentre i ministri degli esteri di tutta l’Unione europea affrontavano la difficile discussione su come superare i negoziati in sede Omc ed in seguito quelli sul bilancio, il commissario al Commercio Peter Mandelson, britannico molto vicino al suo governo, ha lanciato un durissimo attacco ai microfoni della radio Bbc contro lo Stato francese e la sua legittima posizione. “Il governo francese - ha dichiarato - non ha alcun diritto di veto sulle proposte della Commissione, né sulla mia strategia negoziale”. Una dichiarazione quella del commissario europeo che dimostra quanto sia duro e complicato il dibattito. Nell’incontro a Bruxelles il commissario ha usato toni più diplomatici, pur difendendo la sua ultima proposta, che prevede un taglio medio delle tariffe sui prodotti agricoli pari al 46%, anche se ha trovato una Francia sostanzialmente irremovibile.
La risposta ufficiale della Francia non si è fatta attendere, reagendo sui toni del commissario.
A quanto si apprende, il ministro degli Esteri francese Philippe Douste-Blazy ha sostenuto che “molte delegazioni hanno indicato dubbi” sulla posizione della Commissione, soprattutto sulla compatibilità della proposta di Mandelson con il mandato dell’esecutivo comunitario. “La Commissione - ha dichiarato il ministro durante la riunione - deve dimostrare la sua offerta resta davvero entro i limiti del mandato”. Non solo, il francese ha sottolineato che “l’offerta deve restare condizionata agli sforzi delle altre parti, se non vi sarà risposta positiva andrà ridotta o ritirata”.
Il governo francese ha esposto “dubbi” su diversi punti della proposta della Commissione, e ha ribadito la sua posizione: l’accordo sulla politica agricola comune del 2002 “è il limite massimo”, ha detto il rappresentante di Parigi. Dalla sua, la Francia ha trovato l’Irlanda, la Grecia e Cipro, mentre sull’altro fronte della barricata si è schierata la Svezia e ovviamente la Gran Bretagna, che hanno chiesto “più ambizione” sul fronte del mercato agricolo.
In particolare, Douste-Blazy ha avanzato dubbi su tre punti.
Primo, sull’indicazione e la tutela dei prodotti sensibili. Secondo, sulla clausole di salvaguardia, a sua dire ancora insufficienti. Ed infine sui termini del calendario per la progressiva eliminazione o riduzione delle tariffe protettive.
Dal canto suo Mandelson ha affermato che la risposta dei partner è “prevedibile”, e che l’agricoltura non può “tenere in ostaggio” tutti gli altri capitoli del negoziato. Da un altro punto di vista, che noi sosteniamo, non si può mistificare l’agricoltura per far passare delle regole sul commercio globale ad uso e consumo delle multinazionali e contro i veri ideali sociali su cui si basa la funzione, anche se utopica, dell’Omc. Esattamente la strategia che utilizza la presidenza britannica, che tiene in ostaggio l’intera struttura di bilancio 2007-2013 per preservare il proprio sconto, utilizzando anche la carta Omc per rilanciare il loro progetto liberista.
Mandelson, infine, non si è risparmiato lanciando un’ulteriore stoccata alla Francia anche durante il Consiglio. “La Commissione - ha dichiarato - non si sarebbe aspettata che uno Stato membro facesse una dichiarazione contraria alla posizione Ue”. Ma la posizione Ue che Mandelson promuove, sostiene indirettamente la totale riforma del bilancio europeo. Tocca ora stabilire chi è realmente coerente con la politica Ue.
Visibilmente, il nodo non è ancora stato sciolto ed è lontano dall’esserlo. Ma prima di potersi presentare davanti al mondo e proporre qualche soluzione che rappresenti l’Unione eurpea, il commissario Mandelson in quanto rappresentante della Commissione europea e quindi degli interessi di tutti gli Stati espressione del giudizio popolare, ha il dovere di cercare il compromesso interno prima di chiudersi a riccio sulle proprie ideologie mercantili.
La Commissione europea è un organo che agisce tramite la discussione e l’approvazione fra gli Stati, nei loro interessi e non al disopra di essi. La politica della Commissione Ue è la politica comune degli Stati e non una fine a se stessa, o tanto meno da strumentalizzare. Questo è il primo passo per raggiungere un accordo interno, giusto o non giusto che sia, anche se bisogna ammettere che nessun accordo è meglio che un pessimo accordo.
In seguito è d’obbligo riflettere sul vero obiettivo dell’Omc, in questi anni totalmente trascurato, che ha creato obiettivi come quelli previsti dal Doha Round. Un vertice, quello di Hong Kong che rappresenta il vero punto cardine che stabilirà la strada per il commercio globale, ma anche l’esito delle discussioni interne del Vecchio continente.
L’Omc è stato fondato, almeno sulla carta, per creare un commercio globale che possa risolvere i principali problemi sociali che affliggono la nostra società. Portare maggiore prosperità, assicurare la piena occupazione, ridurre la povertà, diminuire l’ineguaglianza e proteggere e preservare l’ambiente, promuovendo lo sviluppo sostenibile in tutto il pianeta attraverso un commercio più libero. Dopo dieci anni è chiaro che l’Omc, ha raggiunto risultati esattamente opposti.
Il regime puramente liberista del commercio internazionale, definito, regolato e quindi imposto dall’Omc, si è dimostrato profondamente ostile a misure che promuovessero lo sviluppo, diminuissero la povertà ed aiutassero la sopravvivenza umana ed ecologica sia a livello locale sia globale. In nome del libero commercio e dei profitti, gli accordi dell’Omc vengono utilizzati esclusivamente per aprire nuovi mercati e portarli sotto il controllo di poche multinazionali, promuovendo un grande centro commerciale mondiale.
Il Doha Round è anch’esso un’espressione di questa politica ultraliberista ed antisociale, il cui esito avrà grandi ripercussioni politiche ed economiche anche nel nostro continente.
Il prossimo vertice di Hong Kong rappresenta forse l’ultima occasione per opporsi e per allontanarsi da questa deriva neoliberista ad uso e consumo di pochi. Ma giorno dopo giorno questa politica economica tradisce sempre più le promesse di sviluppo e la fiducia dei cittadini, creandosi sempre più nemici.