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Negli Stati Uniti si è aperta la battaglia sul cibo "biologico"

di italy.indymedia.org - 13/11/2005

Fonte: italy.indymedia.org


Le big companies vogliono che il cibo biologico si possa produrre con l'uso della chimica e delle tecniche non-biologiche.

Le vendite di cibo biologico, che negli Stati Uniti è chiamato “Organic”, crescono al ritmo del 20% l’anno, e hanno cominciato ad attirare l’attenzione di catene e grandi produttori multinazionali, Wla Mart, Nelstè, Kraft in testa.
Anche se il fatturato è di soli 12 miliardi di dollari su un totale di 500, i grossi conglomerati vogliono entrare nell’affare.
Il problema è che la produzione di massa di cibo “organic” si scontra con i limiti della natura, la stagionalità dei prodotti ed i loro costi di produzione.
Ecco allora che i big del settore hanno cominciato a proporre modifiche alla disciplina dell’organic food, in modo da poter ricorrere agli stessi espedienti usati per gli altri cibi.

Sono così state proposte eccezioni per le quali “in caso di carenza” di prodotto, le aziende che usano il marchio "U.S.D.A. Organic" possono ricorrere a ingredienti non-bio per non fermare la produzione, fino alla richiesta di rendere ammissibile l’impiego di molti ingredienti sintetici.

Joseph Mendelson, rappresentante legale del Center for Food Safety, afferma che una tale strategia è destinata ad aprire porta ad un vasto numero di sostanza, dagli stabilizzatori di cottura, ai conservanti, ai disinfettanti, fino alle sostanze lubrificanti. Fin dal 2002 il National Organic Standards Board ha ammesso l’uso di 38 sostanze, la maggior parte di essi innocue, come il lievito, la pectina, l’acido ascorbico ed il diossido di carbonio. La settimana scorsa una subcommissione del Senato ha inserito nel budget fiscale del 2006 una disposizione che consente l’introduzione di alcuni ingredienti diversi.

Queste misure vengono paradossalmente promosse dicendo che aumenteranno la diffusione di prodotti “Organic”, mentre è chiaro il contrario, cioè il tentativo di trasformare il marchio “Organic” in qualcosa di facilmente accessibile ai grandi produttori.
Già ora molti dei produttori “Organic” non rispettano i precetti di legge, come nel caso delle mucche da latte; gli allevamenti più grandi mantengono al pascolo solo pochi capi, mentre la gran parte resta chiusa nelle stalle e viene nutrita ed allevata esattamente come le vacche che danno latte non “Organic”.

La battaglia esplode perché grandi acquirenti come Mc Donald e Wal Mart hanno annusato l’affare e vorrebbero distribuire nei loro punti-vendita tanto “Organic”, che però non c’è e non potrà mai essere fornito alle condizioni richieste dalla grandissima distribuzione. Peculiare è il fatto che se da una parte Wal Mart vuole fornire ai suoi clienti cibi che questi pagheranno più cari (il bio costa di più), dall’altra vorrebbe che questo fosse prodotto come quello non-bio in modo da pagarlo a prezzi simili. Esemplare il caso per il quale un produttore di latte biologico ha rinunciato a fornire latte biologico a Wal Mart, perchè lo voleva pagare un prezzo troppo basso. Per organizzazioni come Wal Mart e McDonalds interfacciarsi a produttori troppo piccoli è diseconomico perchè non possono giocare sulle grandi quantità di forniture, o sulle esigenze dei produttori di mantenere grossi volumi produttivi, per non parlare del potere di ricatto che colossi del genere esercitano su questo tipo di fornitori, spesso costretti ad accettare condizioni-capestro per non sparire dal mercato o perdere l'unico cliente.
Anche grandi produttori come Kraft e Nestlè vorrebbero contrastare l’avanzata dell’organic cambiando semplicemente le etichette dei loro prodotti non-organic e continuando a produrli con gli stessi sistemi. Una tendenza già emersa chiaramente con l'ingresso nelle produzioni con marchio "Equo-solidale", un'operazione di marketing grazie alla quale possono vendere a prezzi molto più alti gli stessi prodotti di sempre assicurando una miseria supplementare ai prodotti.

Già ora è possibile etichettare, ad esempio, come “Organic frozen Lasagna” quelle che al massimo potrebbero essere “Frozen Lasagna made with Organic Tomato”, cioè etichettare le lasagne pronte e surgelate come “organic” anche se solo i pomodori utilizzati sono “organic” e il resto non si sa.

Il cibo biologico ha successo, la richiesta aumenta e il mercato ha assunto dimensioni che fanno gola, e allora succede che le stesse aziende che hanno voluto introdurre il cibo transgenico, e prossimamente gli animali clonati per l’alimentazione umana, ora complottino per allargare al definizione di cibo biologico alle schifezze che producono.

Una eventualità che segnerebbe la fine di ogni tutela per i consumatori che non gradiscono il tech-food industriale, che prossimamente pagheranno di più solo perché riporta il sigillo di “Organic” senza averne alcun requisito.
Una eventualità che porterebbe chiaramente alla sparizione dei piccoli-medi produttori, e degli stessi prodotti biologici, sostituiti da una produzione industriale e messi fuori mercato da una concorrenza con spese infinitamente inferiori, vuoi per le economie di scala, vuoi per i processi produttivi più economici.

Per approfondimenti:

www.organicconsumers.org
www.mofga.org/food.html
www.soilassociation.org/web/sa/saweb.nsf?Open
agr.wa.gov/FoodAnimal/Organic/FoodProducers.htm
www.nal.usda.gov/afsic/ofp
www.moffa.org
www.organicfood.co.uk