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Geopolitica del capitalismo: l'assalto agli imperi

di Simone Boscali - 25/10/2016

Geopolitica del capitalismo: l'assalto agli imperi

Fonte: Caposaldo


La Seconda Guerra Mondiale, anche se tra dogmi e manipolazioni, costituisce un momento molto studiato non solo per le sue dinamiche politiche immediate ma anche per i più sottili incastri che i somari di sistema definiscono “cospirazionisti” e che sono invece le normali, per quanto sottili, strategie con le quali il potere vero si impone senza dare troppo nell’occhio.

Ma la Prima Guerra Mondiale costituisce un esempio altrettanto interessante di azione occulta delle élite, un’azione con la quale esse hanno esteso la propria egemonia sull’Europa e sul mondo manipolando il corso di una guerra e i suoi postumi. E la cosa migliore è che nel caso della Prima Guerra Mondiale questa dinamica può essere osservata, studiata e ripresa senza il filtro e le censure imposti dai dogmi ideologici che invece intrappolano il secondo conflitto.

Andando a rivedere la genesi della Grande Guerra 1914-18 e il suo retroterra, sforzandoci magari di usare la prospettiva di quei tempi, ci accorgiamo che in quei fenetici giorni seguiti all’omicidio dell’arciduca austriaco Francesco Ferdinando non vi erano motivi di contrasto che non potessero essere ricomposti per via diplomatica o attraverso azioni anche di forza ma di carattere locale. La storia dei decenni precedenti tra l’altro lo dimostra.

Ciò che differenziava quel particolare momento dai precedenti era però la volontà delle oligarchie dei paesi capitalisti occidentali (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e anche l’Italia) di imporre una guerra generale europea che ridisegnasse i rapporti di forza a definitivo vantaggio del libero mercato e dello stato liberale e liberista. Intenzioni venute tanto più alla luce nell’immediato dopoguerra tra le due conferenze parigine di ristrutturazione dell’Europa: quella ufficiale di Versailles, con la stipula dei trattati di pace tra i belligeranti, e quella più inquietante all’hotel Majestic, tra rappresentanti “privati” di Gran Bretagna e USA con la fondazione del Royal Institute of International Affairs e del Council on Foreign Relations.

Negli anni precedenti il conflitto ciò che agli occhi delle élite mercantili e borghesi costituiva il maggior ostacolo a una propria maggiore espansione era l’esistenza dei grandi imperi legati alla tradizione che, pur essendo certamente paesi capitalisti in senso tecnico, mal si conciliavano con quel primato dell’economia sulla politica necessario a un capitalismo compiuto anche, tra l’altro, per avere mano libera non solo nel campo economico ma anche culturale, spazzando via ogni argine costituito dalle corone imperiali in difesa del Sacro e del Bello.

Non a caso i due schieramenti che si sono affrontati militarmente nella Prima Guerra Mondiale hanno visti contrapposti da un lato i grandi imperi di antica tradizione, la Germania gugliemina, l’Austria-Ungheria e la Turchia ottomana, dall’altro i capitalismi liberali occidentali, Gran Bretagna, Francia, Italia e poi Stati Uniti. Unica anomalia in questi schieramenti l’impero russo dello zar che si era effettivamente schierato, grazie a un sottile ordito britannico degli anni precedenti, con i paesi liberal-capitalisti. E sarà ovviamente l’unico paese che, pur avendo combattuto per quattro lunghi anni dalla parte di quelli che sarebbero risultati vincitori, sarà infine sconfitto, distrutto e spazzato via non solo dalla guerra ma dalla prima “rivoluzione colorata” della storia, quella bolscevica del 1917.

La Germania in particolare attirava su di sé l’ostilità di tutto l’Occidente. Sotto la guida morale del Kaiser e quella pratica di una democrazia autoritaria, il paese contrapponeva alle economie di capitali inglese, francese e americana alcuni momenti di comunitarismo vero e proprio (pur non uscendo dai limiti della proprietà privata e del rapporto gerarchico padrone-salariato) e a dispetto delle repressioni antisindacali ospitava il più grande partito socialdemocratico d’Europa, la SPD1.

Ma la Germania aveva anche contrapposto alla potenza dominante, la Gran Bretagna, un’iniziativa geopolitica e commerciale che Londra, e la sua satellite Parigi, non poteva accettare. Si trattava della grande ferrovia Berlino-Baghdad, con transito a Vienna e Istanbul, che avrebbe messo in comunicazione via terra il cuore dell’Europa col cuore del medioriente. Questo collegamento avrebbe permesso ai grandi imperi di disporre di una propria via commerciale alternativa al canale di Suez. Ma la Berlino-Baghdad incarnava la contrapposizione con Suez anche secondo i caratteri geopolitici che solo pochi decenni dopo avrebbe elaborato lo studioso tedesco Carl Schmitt, la dicotomia Terra-Mare.

La Gran Bretagna, in ossequio ai [dis]valori del Mare2, utilizzava il canale di Suez come via marittima per le proprie flotte mercantili e militari affinché raggiungessero le colonie britanniche e gli alleati posti lungo tutto il margine meridionale dell’Eurasia (India e sudest asiatico, oltre all’Australia) e contenere ogni espansione dell’impero russo verso l’esterno. Al contempo la diplomazia inglese ha a lungo lavorato sui fianchi quella tedesca battendola nel ricercare un’alleanza stabile con la Russia stessa e mettendo i due grandi imperi di terra, anzi di Terra, l’uno contro l’altro senza che avessero specifiche contese di frontiera o di altro tipo3. Subdolamente e ambiguamente la Gran Bretagna aveva anche sostenuto la giovane potenza rappresentata in estremo oriente dal Giappone proprio contro la Russia, sia con un’alleanza formale che con l’appoggio in occasione della guerra russo-giapponese (1904-05). La sconfitta russa in oriente e la fine di ogni possibilità di espansione in quella regione avrebbero dirottato la tensione espansionista russa di nuovo a occidente, portandola a scontrarsi con gli imperi centrali di Austria-Ungheria e Germania.

Scopo della politica britannica era quindi la frammentazione.

La Germania per contro con la ferrovia Berlino-Baghdad perseguiva intenti diversi. In omaggio ai valori della Terra4, tentava di collegare il proprio apparato produttivo e quello degli alleati alle risorse del medioriente. La Gran Bretagna sfruttava le proprie vie marittime per controllare le colonie, la Germania avrebbe voluto mettere in collaborazione stati indipendenti e in cooperazione. La tanto vituperata Weltpolitìk tedesca inoltre aveva cercato fino all’ultimo di trovare un’amicizia stabile con la Russia dello zar riproponendo in qualche modo una versione aggiornata della Santa Alleanza fra Austria, Prussia e Russia dei primi decenni dell’800, cosa del resto fattibile poiché i tedeschi, a differenza degli austro-ungarici, non avevano con la Russia dispute di confine o egemoniche nell’Europa centrorientale o nei Balcani

Lo scopo della politica tedesca era quindi, in antitesi a quella britannica, l’unità.

Per spazzare vie questi progetti che avrebbero seriamente indebolito il capitalismo occidentale di fronte ai grandi imperi, occorreva una guerra generale contro gli imperi stessi, una guerra talmente devastante da spazzarne via le stesse strutture politiche prima ancora che l’integrità territoriale. Ecco perché, improvvisamente, in quell’estate del 1914 i canali della diplomazia che per anni avevano comunque funzionato scongiurando ogni conflitto aperto fra grandi potenze improvvisamente si bloccarono.

L’affermazione di Versailles nel 1919 secondo cui la Germania andava considerata ufficialmente l’unica responsabile del conflitto ha a questo punto l’amaro sapore dell’insabbiamento e della volontà di restituire alla storia un’immagine artefatta degli eventi per seppellire quanto realmente stava accadendo e ciò che le élite hanno voluto ottenere.

La Germania, l’Austria-Ungheria e l’impero ottomano sono stati sconfitti, smembrati e trasformati in repubbliche docili nei confronti dei poteri forti dell’Occidente capitalista.

Caso strano la Russia dello zar… grande impero ultraconservatore, forse la più arretrata socialmente e culturalmente tra le grandi potenze, era stata in qualche modo sottratta alla sua posizione naturale a fianco degli imperi centrali per schierarsi con coloro che poi l’avrebbero tradita. La Russia non riuscì infatti a reggere il peso della guerra sino alla sua conclusione nel novembre del 1918 e si arrese alcuni mesi prima stipulando con gli austro-tedeschi l’armistizio di Brest-Litovsk all’inizio dell’anno.

Solo pochi mesi prima qualcosa di molto simile a una congiura aveva permesso a Vladimir Ulianov Ilic “Lenin” di lasciare la Svizzera, ove era in esilio, per raggiungere in treno la Russia a bordo di un vagone ferroviario blindato passato indenne attraverso il fronte e cominciare la rivoluzione bolscevica… fu ovviamente frutto del caso se con l’abdicazione dello zar Nicola II il ruolo di primo ministro venne allora assunto dal massone Aleksandr Fëdorovic Kerenskij cui poi seguì l’evoluzione del processo rivoluzionario a noi noto.

Arresasi poco prima della vittoria finale, la Russia zarista cessò di esistere per sempre e proprio col pretesto della sua nuova veste sovietica venne trattata da sconfitta anche al tavolo della pace di Versailles (dove l’URSS non fu nemmeno invitata).

A dimostrazione del disegno occidentale, che aveva appunto pianificato la Grande Guerra al fine di eliminare gli imperi, si pensi all’ambiguità con la quale le conseguenze del trattato di Brest-Litovsk5 sono state accolte dai vincitori.

L’armistizio prevedeva la cessione della Russia alla Germania (e non solo) di ampi territori diversamente amministrati sotto tutela tedesca. Ebbene, occorre notare che le conseguenze di quel trattato vennero di fatto recepite a Versailles per quanto riguardava le amputazioni territoriali sofferte dalla Russia cui non venne restituito un solo lembo di terra. Ma allo stesso tempo il trattato venne ignorato nella sua assegnazione di tali territori alla tutela tedesca.

Insomma un trattato accettato nella parte che faceva comodo (distruzione della Russia) e ripudiato in quella che invece creava problemi (espansione territoriale della Germania a est quando questa si era arresa a ovest).

Quella fascia di territorio venne invece impiegata da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia per creare il famoso “cordone sanitario” di stati che avrebbero dovuto contenere a est ogni eventuale espansione della rivoluzione comunista.

Ma era implicita una doppia funzione in quel cordone di stati (nuovi o ridisegnati che fossero) che si estendevano dalla Scandinavia al Mar Nero. Arginare ogni espansione russa verso il centro Europa, certamente, ma anche, sul versante opposto, ostacolare ogni collaborazione pacifica futura tra Germania e Russia, tra la periferia e il centro dell’Eurasia.

I protettorati e mandati anglo-francesi ricavati dalla frammentazione dell’impero ottomano e che poi sarebbero divenuti stati arabi indipendenti nel secondo dopoguerra, risposero a una funzione simile di contenimento e allo stesso tempo di “caos controllato” stante lo strutturale disordine di quell’area che perdura ancora oggi.

Di nuovo, l’intento della frammentazione.

Il 1919, con la discreta conferenza al Majestic di rappresentanti anglo-americani, stabilì anche quali fossero i gendarmi di questo nuovo ordine che di fatto è lo stesso dei giorni nostri e rispetto al quale la Seconda Guerra Mondiale si configura a questo punto anche come un tentativo di messa in discussione di detto ordine6, ma questo sarebbe oggetto di un’altra analisi.

Sia chiaro ciò che dovrebbe anzi essere ovvio. Lungi da noi esprimere un giudizio complessivamente positivo sugli imperi che hanno fatto parte della storia d’Europa sino a un secolo fa. Ma l’oggetto della nostra analisi, rispetto la quale la geopolitica non è un fine ma la scacchiera sulla quale manvorano i grandi poteri mondiali, è il sistema capitalista con critica totale allo stesso e costruzione di un pensiero alternativo. E non abbiamo potuto non prendere atto che i grandi imperi radicati nella Tradizione, nel Sacro, nel Bello, con tutte le loro storture in termini di autocrazia, ingiustizie sociali, condotta internazionale, hanno a suo tempo costituito un ostacolo per l’assolutismo del capitale e contro di essi il capitale si è rivolto in termini di aggressione diretta e trame diplomatiche.

L’identica dinamica che a carte in parte mescolate si sta verificando in questi stessi giorni.

NOTE:
1: Che era evidentemente molto diversa da quella attuale…

2: Predazione, pirateria, aleatorietà dei confini e delle leggi, eradicamento culturale, preminenza del capitale, individualismo, mercificazione, etc…

3: E’ quanto del resto sta accadendo in questi giorni

4: Lavoro produttivo, certezza del diritto, Tradizione, comunità, spiritualità, gusto estetico, famiglia, etc…

5: Parliamo di conseguenze pratiche del trattato e non del trattato stesso
6: Una messa in discussione priva di risultati anche perché nuovamente venne ricreata un’anomalia russa. Se nel primo conflitto l’alleanza della Russia coi liberalismi capitalisti occidentali era da considerarsi contraddittoria per via dlla sua condizione di impero autocratico e reazionario, nel secondo conflitto lo sarà forse ancora di più in quanto grande patria del socialismo schierata contro gli affini regimi di Italia e Germania. Da parte del capitalismo di oggi appare a questo punto superfluo, se non addirittura infantile, pretendere di leggere la Seconda Guerra Mondiale in chiave ideologica come guerra antifascista.