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Caccia alla materia oscura. È invisibile, ma tiene insieme l’universo

di Giuliano Aluffi - 30/10/2016

Caccia alla materia oscura. È invisibile, ma tiene insieme l’universo

Fonte: La Repubblica


È come una rete che collega tutto.
La forza di gravità che esercita sulle galassie le fa ruotare vorticosamente

Chi percorre la lunga galleria nel cuore della montagna che domina L’Aquila, può non badare troppo a una deviazione di pochi metri che, sotto una luce bluastra, conduce a un portone blindato. Dall’altra parte, nascosta agli occhi del pubblico, c’è una dimensione futuristica, dove si aggirano indaffarate e curiose menti tra le più fervide della ricerca fisica internazionale. È il mondo segreto dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. La parola d’ordine per accedervi è quasi da 007: “Sono Xenon”. È così che si fanno riconoscere la fisica Elena Aprile, allieva di Carlo Rubbia al Cern e da trent’anni docente alla Columbia University di New York, e i 130 ricercatori della sua squadra, quella del progetto Xenon 1T. Imperniato su un esperimento che, sulla carta, appare paradossale: «Trovare almeno una piccolissima traccia della sostanza più abbondante dell’Universo, le cui particelle ci attraversano a miliardi ogni secondo. Detto così sembra facile, vero? Ma da 80 anni è uno dei maggiori enigmi della scienza», spiega Elena Aprile, che il 4 novembre terrà una lecture al Festival della Scienza di Genova. «Perché quella sostanza è la materia oscura. È lo scheletro dell’universo, la rete che tiene assieme tutte le galassie. Se di notte guarda a occhio nudo la Via Lattea, ossia la sezione della nostra galassia, può immaginare la materia oscura come un alone sferico, seppure invisibile, che la avvolge». E poi c’è la materia oscura negli interstizi tra le galassie: «È come un reticolo di filamenti che collegano tutto. Nessuno l’ha mai vista, perché non emette luce né la assorbe, eppure siamo sicuri che costituisca l’85 per cento dell’universo, perché solo la forza di gravità che esercita sulle galassie può spiegare la velocità con cui queste ruotano», sottolinea. «E purtroppo è rarissimo che la materia oscura si “scontri” con quella ordinaria lasciando tracce di sé». Da cosa è composta? «Non dalle particelle che conosciamo» risponde la scienziata. «Pensiamo sia fatta da nuove particelle, di cui ignoriamo la massa, anche se indicazioni che arrivano dal Large Hadron Collider suggeriscono che siano mille volte più pesanti di un protone». Pesanti e onnipresenti, ma elusive: tanto che per i fisici avere l’oggetto del proprio studio intorno a sé, ma evanescente come un miraggio, deve essere un supplizio.
Però nessuno ha più chance di Elena Aprile di identificare quelle che gli scienziati chiamano Wimp (Weakly Interacting Massive Particle, particelle dotate di massa ma che interagiscono debolmente con le altre), perché il suo è lo strumento più sensibile: «Quando una particella Wimp cozza contro un atomo, impartisce una spinta al suo nucleo, e la collisione può far liberare qualche elettrone: sono questi i due segni che il mio rilevatore, Xenon 1T, può captare», spiega. «Proprio perché questi eventi sono rarissimi, maggiore è la massa del rilevatore, più uno dei suoi atomi può scontrarsi con una particella Wimp. La densità del nostro xenon liquido ci permette di versarne una tonnellata in un metro cubo. Tutti questi atomi di xenon dovrebbero consentirci di intercettare, in un anno, almeno una particella oscura. Ma quand’anche la trovassimo, sarebbe presto per cantare vittoria, perché servirebbero conferme dagli esperimenti che cercano la materia oscura per altre vie». E in luoghi come i ghiacci dell’Antartide, dove il telescopio IceCube cerca i neutrini e i raggi gamma prodotti dal decadimento della materia oscura. Oppure lo spazio, dove operano il satellite-telescopio Fermi, che ha lo stesso obiettivo di IceCube, e lo spettrometro AMS a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, che scruta la composizione dei raggi cosmici in cerca di particelle oscure diverse dalle Wimp e, per ora, altrettanto ipotetiche: i neutralini. Oppure il Cern, dove la strada verso le Wimp è più autarchica: costruirle dalla collisione di altre particelle sparate negli anelli del Large Hadron Collider. L’estrema sensibilità di Xenon T1 è sia un punto di forza che un cruccio: «Richiede di azzerare il rumore di fondo, ossia ogni interferenza elettromagnetica dall’esterno. Come i raggi cosmici: lavoriamo dentro il Gran Sasso perché ci scherma con 1.400 metri di roccia». Qualsiasi momento potrebbe essere buono per una scoperta che farà riscrivere i manuali di fisica. «Sono convinta che entro la fine del decennio qualcosa succederà. O almeno chiariremo che siamo sulla strada sbagliata. E guarderemo altrove». C’è solo l’imbarazzo della scelta: la materia oscura è in cielo, in terra e in ogni luogo.