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Il mito del “silenzio” di Pio XII fu creato per fare pressioni sulla Chiesa cattolica

di Francesco Lamendola - 17/02/2017

Fonte: Il Corriere delle regioni

Che quello di Pio XII sul dramma degli ebrei durante gli anni del nazismo e della Seconda guerra mondiale sia un mito totalmente privo di fondamenta, lo si è sempre saputo; o, almeno, lo hanno sempre saputo gli storici e gli studiosi seri e intellettualmente onesti, tanto più se si raffronta quel “silenzio” con quello altrettanto assordante, ma meno o per nulla operoso, dei vari Churchill, Roosevelt, Stalin; perché, mentre Pio XII non denunciò apertamente il genocidio, però si diede da fare in ogni modo per salvare la vita di tutti gli ebrei che era umanamente possibile salvare, gli altri non fecero assolutamente nulla. Anzi, negli anni precedenti la guerra, Gran Bretagna e Stati Uniti brillarono per la loro politica di respingimento degli ebrei in fuga dalla Germania hitleriana. Valga per tutti il caso del transatlantico St Louis che, al comando del capitano Gustav Schröder, nel 1939 lasciò la Germania con quasi 1.000 ebrei a bordo, ma venne respinto dalle autorità portuali americane, benché si sapesse benissimo quale destino avrebbe atteso quei poveretti, se la nave si fosse vista costretta a ritornare in patria. La situazione disperata dei “maledetti”, respinti come lebbrosi, venne salvata unicamente dalla tenacia, dal coraggio e dallo spirito d’iniziativa del comandante, un tedesco non ebreo, il quale, con grave rischio personale, fece di tutto per trovare una soluzione e alla fine poté attraccare con la sua nave ad Anversa, dove i passeggeri vennero smistati e accolti, in piccoli contingenti, da alcuni Paesi dell’Europa occidentale.

Restava da capire chi e perché abbia fabbricato il mito del “silenzio” di Pio XII. Una interessante, e, per molti aspetti, valida chiave interpretativa è stata avanzata da un ebreo eccezionalmente lucido e onesto, un rabbino statunitense che è stato anche uno storico, e che ha scritto una parola di verità, mentre alcuni elementi del giudaismo internazionale alimentavano, invece, la campagna denigratoria nei confronti del papa: David Gil Dalin, nato a San Francisco nel 1949, il cui libro The Myth of Hitler’s Pope: How Pius XII rescued Jewish from the Nazis (Il mito del papa di Hitler: come Pio XII salvò gli Ebrei dai nazisti), del 2005, ha ristabilito la verità non solo su Pio XII, ma su tutti i pontefici. L’autore, infatti dimostra come sempre, nella storia della Chiesa, i papi abbiamo difeso gli ebrei da ogni forma di razzismo e persecuzione, e abbiano combattuto l’antisemitismo; per poi passare a Pio XII, riconoscendogli pienamente il merito della salvezza di almeno 700.000 Ebrei destinati, altrimenti, a morte certa per mano dei nazisti (il libro è stato tradotto in Italia nel 2007 con il titolo La leggenda nera del papa di Hitler dalla casa editrice Piemme). A lui spetta il merito di aver dimostrato che Pio XII svolse un ruolo non solo indiretto nell’opera di assistenza e salvataggio dispiegata dalla Chiesa cattolica, in Italia e in tutta Europa, nei confronti degli ebrei perseguitati, nel senso che ne era infornato e lasciò fare, ma che egli ebbe certamente un ruolo attivo, in quanto fu proprio lui la mente operativa di tutta l’operazione, ed il clero cattolico si adoperò in quella difficile e rischiosa impresa per sua esplicita volontà; anche se, ovviamente, una tale direttiva non poté essere mai ufficializzata apertamente.

Ma c’è di più. A Dalin spetta il merito di aver individuato la radice della calunnia contro Pio XII, a proposito della sua pretesa indifferenza sulla sorte degli Ebrei, o, peggio, della sua tacita accondiscendenza con la politica del genocidio messa in opera dal regime nazista, e delle sue (indimostrate) simpatie filo-tedesche. E lo ha fatto in maniera estremamente chiara, affermando che le polemiche antipapali di ex seminaristi come Gary Willis e John Cornwell (autore de “Il papa di Hitler”), di ex sacerdoti come James Carroll e di altri apostati o cattolici liberali risentiti sfruttano la tragedia del popolo ebraico durante l’Olocausto per sostenere oggigiorno la propria agenda di cambiamenti forzati della Chiesa cattolica.

Certo, rovesciare tutta la regia del “complotto” contro Pio XII sui soli cattolici liberali è, a nostro avviso, assai limitativo; senza dubbio vi furono anche altri attori a monte di quella oscura operazione di deliberata distorsione della verità storica, e cioè proprio certi ambienti paramassonici del giudaismo, specialmente il B’nai B’rith, interessati a premere sulla Chiesa in vista di un “dialogo” che doveva tradursi in una sorta di mea culpa collettivo del cattolicesimo nei confronti del giudaismo: obiettivo in gran parte realizzato con la pubblicazione della dichiarazione conciliare Nostra Aetate, pubblicata il 28 ottobre 1965 (ma la cui bozza, sul giudaismo appunto, era già stata completata sin dal novembre 1961, e cioè prima della convocazione del Concilio stesso), seguita dalla Dignitatis Humanae, il 7 dicembre 1965. Ne abbiamo già parlato in un recentissimo articolo (cfr. Come il B’nai B’rith ha infiltrato e condizionato il Concilio Vaticano II, pubblicato su Il Corriere delle Regioni il 09/01/2017).

Inoltre, Dalin si riferisce particolarmente ad alcune opere recenti, come quella dell’inglese John Cornwell, Il Papa di Hitler, apparsa nel 1999, o quella di Susan Zuccotti, Under His Very Windows: the Vatican and the Holocaust in Italy (Sotto le sue stesse finestre: il Vaticano e l’Olocausto in Italia), del 2000: pertanto, la manovra dei cattolici liberali sarebbe diretta contro il pontificato di Giovanni Paolo II, considerato “conservatore” e, da taluni, perfino con sfumature antisemite (cfr. il nostro precedente articolo: Giovanni Paolo II mancò di tatto verso gli ebrei durane la sua visita ad Auschwitz?, pubblicato su Il Corriere delle Regioni il 26/08/2015). Noi, invece, riteniamo che si debba considerare la nascita del mito sul “silenzio” di Pio XII fin dall’inizio, dunque collocandola storicamente, e metterla in relazione con il grande evento che si andava preparando nella Chiesa cattolica, dopo la morte di Pio XII e l’ascesa al soglio pontificio di Giovanni XXIII: il Concilio Vaticano II. L’assalto alla diligenza dei cattolici liberali venne sferrato allora; negli anni e nei decenni successivi, per loro, si è trattato solo di procedere sulla via già iniziata, rafforzando le loro posizioni e guadagnandone sempre di nuove, silenziosamente e sistematicamente, fino ad arrivare in cima alla piramide con il pontificato attuale, quello dell’argentino Jorge Mario Bergoglio, nel marzo 2013, dopo le clamorose (e misteriose) “dimissioni” del suo predecessore, il tedesco Joseph Ratzinger.

Nondimeno, è quanto mai verosimile che i cattolici liberali, e specialmente i vescovi e gli arcivescovi di matrice progressista e neomodernista, abbiano colto la palla al balzo per saldare i loro conti, e sia pure postumi, con Pio XII, il papa che non volle convocare il concilio, e per fare pressione sui Padri del Vaticano II, sfruttando il senso di colpa collettivo, per quanto ingiustificato, che si era diffuso nelle file del clero cattolico dopo che erano apparsi libri come quello, già citato, di John Cornwell, o della storica americana Susan Zuccotti, estremamente duri e impietosi nel giudizio sul ruolo svolto da Pio XII nel contesto politico della Seconda guerra mondiale e della hitleriana “soluzione finale” del problema ebraico. In altre parole, ci sembra che la spiegazione più vicina al vero delle ingiuste accuse rivolte a Pio XII – che si levarono, si badi, oltre un decennio dopo la fine della guerra, quasi come un bomba a scoppio ritardato, perché, sulle prime, unanime era stato il riconoscimento, soprattutto da parte ebraica, per l’azione meritoria svolta dal papa nell’opera di salvataggio degli ebrei perseguitati – sia quella di una convergenza d’interessi fra certi settori del giudaismo e alcuni circoli liberali cattolici, entrambi volti a far sì che il Concilio Vaticano II imboccasse con molta decisione la via delle riforme radicali, sia per ciò che riguarda il rapporto con il giudaismo, sia per ciò che riguarda la struttura interna della Chiesa cattolica, tanto sul piano liturgico e pastorale, quanto, e sia pure in forma velata, su quello teologico e disciplinare.

Ma torniamo al rabbino David G. Dalin e alla sua energica difesa dell’operato di Pio XII, e alla denuncia del complotto mirante a screditare la sua opera e la sua memoria per ragioni estrinseche alla verità storica. Ha scritto Andrea Tornielli nella sua biografia Pio XII, quando il libro di Dalin non era ancora uscito, ma era già apparso un significativo articolo dello stesso autore, che ne preannunciava i contenuti (Casale Monferrato, Edizioni Piemme, 2001, pp. 302-304):

 

L’ultima, clamorosa presa di posizione in favore di Pio XII e contro i suoi più recenti accusatori, arriva dagli Stati Uniti. È apparsa nel febbraio 2001 sulla rivista americana “The Weekly Standard” ed è firmata dal rabbino David G. Dalin. Nel suo articolato saggio, Dalin cita i tanti libri su Pio XII e l’Olocausto pubblicati negli ultimi due anni e fa un’affermazione inedita, affermando che il vero bersaglio degli ultimi attacchi non è il comportamento di Papa Pacelli verso la persecuzione ebraica, ma la Chiesa di oggi. “Fare di Pio XII un bersaglio dei nostri attacchi morali contro i nazisti e presentare il cattolicesimo nelle istituzioni come delegittimato dall’orrore dell’Olocausto, rivela un errore di comprensione storica”, scrive il rabbino americano. “Quasi nessuno dei recenti libri vuole davvero trattare di Pio XII e dell’Olocausto. Il loro vero argomento è un altro: Pio XII diventa un’arma per parlare della Chiesa di oggi, la più grande arma dei cattolici liberal contro i tradizionalisti. Un dibattito sul futuro del papato è ovviamente qualcosa in cui i non cattolici non dovrebbero immischiarsi. Ma gli Ebrei, quali che siano le loro posizioni verso la Chiesa, hanno il dovere di respinger ei tentativi di strumentalizzare l’Olocausto e di usarlo per fini partigiani in questo dibattito”. Citando i libri di John Cornwell e di Susan Zuccotti, i due attacchi più clamorosi di questi ultimi mesi contro Papa Pacelli, il rabbino Dalin fa notare la loro scarsa obiettività: “La tecnica dei recenti attacchi è semplice. Richiede solo che i fatti favorevoli siano presentati nella luce peggiore secondo i testi presi alla lettera, mentre i fatti meno favorevoli vengono presentati nella luce migliore sena basarsi sui testi”. Secondo Dalin “con la loro doppia lettura, questi scrittori hanno pochi problemi ad arrivare a due conclusioni preordinate. La prima è che la Chiesa deve prendere su di sé le colpe dell’Olocausto: Pio XII fu “il più grande colpevole dell’Olocausto”, afferma la Zuccotti. E la seconda conclusione è che la colpevolezza del cattolicesimo di allora è stata causata da elementi che ancora oggi Papa Wotjtyla rappresenta”.

Il rabbino americano cita molti esempi di questa “doppia lettura” […], e quindi analizza le molte testimonianze in favore di Papa Pacelli, i numerosissimi ringraziamenti che giunsero in Vaticano durante e dopo la guerra, tutti gli appelli rivolti da Pio XII contro la violenza e le persecuzioni. “Dal momento che questi esempi sono stati sminuiti,  uno per uno, nei recenti libri che attaccano Pio XII, il lettore perde di vista la loro grande mole e il loro effetto cumulativo che non lascia alcun dubbio sulla posizione del Papa. Un esame più approfondito rivela infatti uno scenario che rimane costante”.

Secondo Dalin gli accusatori che oggi non danno importanza ai numerosissimi attestati di riconoscenza ricevuti da Pacelli, negano “la legittimità della gratitudine degli Ebrei” e ciò “equivale a negare la credibilità delle loro testimonianze personali”. “Tutti usano le sofferenze degli Ebrei di cinquant’anni fa”, conclude il rabbino statunitense, “per forzare i cambiamenti nella Chiesa di oggi. È questo abuso dell’Olocausto che deve essere respinto. Una descrizione sincera dell’azione di Pio XII deve arrivare a conclusioni opposte rispetto a quella di Cornwell. Pio XII non fu il Papa di Hitler, ma fu il più vicino agli Ebrei nel momento in cui questa vicinanza era più importante... Dalla lettura degli Atti e Documenti della Santa Sede… emerge un quadro che ci mostra un gruppo di uomini intelligenti e coscienziosi, che segue la via della pace, della giustizia, in un tempo in cui questi ideali erano spietatamente resi inefficaci in un mondo in guerra totale… Il Talmud insegna che “chi salva una vita salva il mondo intero”. Più di ogni altro, Pio XII ha rispettato questa indicazione del Talmud, quando era in gioco il destino degli Ebrei d’Europa. Nessun altro papa è stato così ampiamente lodato dagli Ebrei, e coloro che lo hanno lodato non si erano sbagliati. La loro gratitudine, come quella dell’intera generazione dei sopravvissuti dell’Olocausto, testimonia che Pio XII era, genuinamente e profondamente, un “giusto” delle nazioni.

 

Ora, il passaggio-chiave di tutto questo ragionamento si trova nella frase: Tutti usano le sofferenze degli Ebrei di cinquant’anni fa per forzare i cambiamenti nella Chiesa di oggi. Abbiamo già detto chi sono, secondo noi, questi “tutti”. Ribadiamo il concetto che lo sfruttamento del senso di colpa provocato dai pretesi “silenzi” di Pio XII è da mettersi in relazione, innanzitutto, con il Concilio Vaticano II, la cui convocazione fu annunciata da Giovanni XXIII fin dal 25 gennaio 1959, ossia appena tre mesi dopo la sua elezione al soglio pontificio, ma che si aprì ufficialmente l’11 ottobre 1962. Ebbene: la querelle sul “silenzio” di Pio XII esplose con virulenza - dopo qualche avvisaglia negli anni precedenti, quando ancora prevalevano i giudizi largamente positivi - nel 1963, quando fu pubblicata l’opera teatrale Il Vicario del drammaturgo tedesco Rolf Hochhuth, di orientamento marxista (titolo originale: Der Stellvertreter. Ein christliches Trauerspiel), subito tradotta e messa in scena nei teatri di mezzo mondo, e che, forse, fu la parte visibile di una oscura macchinazione, pensata e finanziata dal servizio segreto sovietico, il KGB, in funzione anticattolica.

Se si voleva dare una “spinta” al Concilio in senso liberale, lo sfruttamento del genocidio degli ebrei sembrava la risorsa perfetta, nel senso di inoppugnabile, per portare a termine una simile operazione: una volta caricato il fardello di una così atroce, di una così schiacciante responsabilità morale sulle spalle della Chiesa, chi mai avrebbe osato opporsi a una “liberalizzazione” di essa, in senso progressista e modernista, e, aggiungiamo noi, anche in senso filo-giudaico, ovviamente per offrire una doverosa “riparazione” a quella colpa? Ma, come già abbiamo avuto occasione di dire, la “svolta” filo-giudaica, con il passaggio degli ebrei da “perfidi giudei” a “fratelli maggiori” dei cattolici, e dei cristiani tutti, portava con sé, necessariamente, anche una svolta in senso filo-islamico: e di entrambe stiamo assistendo oggi agli sviluppi, sempre più audaci e sempre più sconcertanti. A loro volta, quelle spinte hanno innescato, inevitabilmente, un processo di relativizzazione della teologia cattolica, perché, ponendo tutte le religioni, e specialmente le cosiddette “religioni del Libro”, sullo stesso piano di dignità e, sia pure implicitamente, anche di verità, il cattolicesimo ha abdicato alla propria coscienza di unica via verso la Verità, che è la Verità di Cristo, e ha fatto propria l’idea, tipicamente moderna, laica e secolarizzata, che nessuno può pretendere di giungere, da solo, alla Verità. Il che implica il suicidio, teologico e morale, della Chiesa cattolica: né più, né meno. Una Chiesa che non crede più in se stessa, ossia che non crede alla propria funzione vitale e necessaria per la salvezza delle anime di tutti gli uomini, come diretta prosecuzione dell’opera di Cristo sulla terra, è una Chiesa destinata a scomparire, per consunzione interna, in tempi relativamente brevi.

Se era questo l’obiettivo dei cattolici liberali e modernisti (ma è giusto, è appropriato, continuare a chiamarli cattolici? il modernismo non è forse un’eresia anticattolica?), possono andare giustamente fieri del loro operato: sono giunti, infatti, ormai a buon punto dell’opera. Non si illudano troppo, però. Gesù in persona ha garantito ai discepoli che la sua Chiesa non verrà mai distrutta da alcun nemico: Non praevalebunt