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Dobbiamo sottrarci alla gabbia della globalizzazione che intrappola la libertà creativa

di Serge Latouche - 02/10/2017

Dobbiamo sottrarci alla gabbia della globalizzazione che intrappola la libertà creativa

Fonte: La Repubblica

LA sua lectio magistralis, intitolata "Decrescita e estetica", può ben dirsi l'evento di apertura dei Dialoghi di Trani che per parola da declinare e tema quest'anno avranno la bellezza. A parlare allora negli spazi di palazzo Beltrani, stasera alle 20, sarà il padre della teoria della decrescita, ovvero l'economista e filosofo francese Serge Latouche, professore emerito di Scienze economiche all'Università Paris-XI e all'Institut d'études du developpement économique et social (Iedes) di Parigi, non nuovo alle frequentazioni intellettuali della Puglia come riconosce lui stesso.

Professor Latouche, la decrescita può essere una via per la bellezza?
"Sì naturalmente perché si deve reincantare il mondo. Come ha detto Max Weber il capitalismo ha disincantato il mondo, ha distrutto il senso della poesia, dell'arte e della bellezza. E allora a mio avviso ritrovare il senso della bellezza e della poesia è molto importante: non basta uscire dall'utilitarismo dell'economia ma è necessario ritrovare anche un modo di render la vita poesia stessa. Giungere ad abitare il mondo come un poeta: ce l'ha suggerito il poeta Hölderlin".

Ha qualche suggerimento?
"Dobbiamo favorire tutti le modalità di espressione artistica, la poesia, la musica, la scultura, la pittura ma in libertà perché tutto è stato inglobato nella logica del mercato. Bisogna demercificare l'arte, insomma. Parlare come si fa oggi dell'industria artistica o culturale è un ossimoro. Perché come diceva Oscar Wilde l'arte è gratuita dunque indispensabile e la gratuità fa parte stessa dell'essenza dell'arte. Per questo si può dire che la decrescita è un modo per estetizzare la vita.

In quali termini, oltre le arti?
"Il semplice fatto di diminuire la pressione dell'economia sulla vita quotidiana sarebbe una straordinaria conquista. Perché con la globalizzazione siamo finiti in un sistema nel quale c'è la guerra di tutti contro tutti".

La decrescita è qualcosa di possibile o un'utopia?
"Non c'è contraddizione fra utopia e possibilità. Abbiamo anzi bisogno di utopie e di un orizzonte di senso che ci permetta di uscire dall'incubo della quotidianità attuale. Ma questo sogno è realizzabile. È quello che si direbbe una utopia concreta. Come si diceva nei social forum di Porto Alegre, un altro mondo è possibile se lo vogliamo.

C'è spazio per la bellezza oggi?
"No, purtroppo no. Perché la globalizzazione è l'omni-mercificazione del mondo che è il contrario della bellezza e della gratuità necessaria perché si esprima. Naturalmente c'è una grande resilienza della bellezza e dell'arte, ma è controcorrente e trova sempre meno spazio".

Vie d'uscita?
"Uscire dalla società della crescita".

E come si fa?
"La prima cosa è la decolonizzazione dell'immaginario e qui il cambiamento a livello di gruppi è importante. Penso ai gruppi di acquisto solidale, per esempio, ai progetti di cooperazione, agli ecovillaggi. Quello che serve è un cambiamento globale. Si farà se non per amore per forza perché ora siamo qui ma fra 50 anni sicuramente se non cambiamo strada ci sarà il collasso se non la fine dell'umanità".

Sono oltre vent'anni, dai tempi dei Seminari di Marzo di Alberobello, che lei frequenta la Puglia. L'ha vista cambiare?
"Certo,