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Elezioni politiche 2018, ossia il banco vince sempre

di Eugenio Orso - 16/01/2018

Elezioni politiche 2018, ossia il banco vince sempre

Fonte: Comedonchisciotte

Ricordiamo le precedenti elezioni politiche italiane del 24 e 25 febbraio 2013, sotto l’egida di Calderoli, inteso come legge elettorale porcellona, poi giudicata incostituzionale. Dovrebbe essere facile rammentare, persino per l’Italia smemorata, perché sono passati a malapena cinque anni e il dopo-Monti in continuità con Monti non è ancora finito, se l’austero programma neoliberista che moltiplica poveri, disoccupati, sotto-occupati come se fossero pani e pesci è sempre nell’agenda dei govern(icch)i, passati, presenti e futuri.

L’”Europa” data per spacciata assieme all’euro in più occasioni, è ancora qui a far danni al nostro sistema sociale, alla nostra struttura industriale e persino alla vita quotidiana degli italiani, mentre si sono moltiplicati i tavoli di crisi – Calenda docet e fabula anche – da Alitalia all’Ilva, da Alcoa a Embraco/Whirlpool. Per non parlare dell’agonia ormai perenne di Roma Capitale, intesa come insieme di municipalità di quasi tre milioni di abitanti e usata cinicamente in campagna elettorale, contro gli incapaci cinque stalle, da un piddì senza scrupoli con la faccia di Giachetti e persino dal proattivo Calenda.

Nel 2013 non vinse il clownesco Bersani smacchia giaguari e incula proletari, non vinsero né Grillo né Berlusconi (allora un tertium non datur) e il banco ne approfittò per giocare la carta di Letta e della “grosse koalition”, alla crucca, con piddì, pdl/ncd, sciolta civica, udc, ppl e radicali nel calderone. Nell’attesa di estrarre dal cappello a cilindro, ad effetto, un fenomeno come Renzi. Possiamo affermare che in quella occasione, facendosi beffe una volta di più del “voto popolare”, il banco lo mise in culo a tutti, assicurando la continuità con Monti e proponendo ancora una volta il moloch dell’austerità, il ricatto del debito, la flessibilizzazione del lavoro, sempre più raro e a sconto. Un po’ come dire che la ruota gira, ma la pallina cade sempre nelle stesse buche, che per noi son quelle sbagliate …

 Perché nel 2018 dovrebbe andare diversamente, se la roulette del voto democratico è truccata e i croupier non perdono di vista le fiches un solo istante? C’è persino una nuova legge elettorale, pensata (guarda caso) per promuovere “grosse koalition” destra-sinistra-centro, o sinistra-centro-destra, o centro-sinistra-destra, eccetera, eccetera. In ogni caso, qualsiasi sia la combinazione politica, il programma politico sarà uno e uno soltanto, come lo è stato nella sequenza Monti-Letta-Renzi-Gentiloni.

 A dimostrazione di quanto affermo, valido anche per il futuro, si possono fare alcune ipotesi.

Ipotesi che fra meno di due mesi –  subito dopo il 4 di marzo, forse già alle idi – potranno essere facilmente verificate. O ci prendo o mi prendo palate di merda.

Poco male, procediamo in ordine di probabilità.

 Prima ipotesi. Il centro-destra ricostituito vince, spopola soprattutto nei collegi uninominali, ma non arriva, per poco, al 40% dei voti. Berlusconi canta vittoria, ma il piddì ha tenuto un po’ sopra il 20% e con i nanetti in coalizione (la dannosa Bonino, l’astuto Tabacci e vari farabutti come Lorenzin e Nencini a tamponar le perdite), potrebbe posizionarsi sul 25% o anche più in alto. Fatti due conti in termini di seggi, soprattutto alla camera, e usato Maroni non più presidente lombardo per spaccare la lega e rubare deputati, il cav potrebbe dar corso all’inciucio di governo con il piddì, fregando i suoi elettori e, in generale, gli italiani, sia pure per “senso di responsabilità”, addirittura per amore nei confronti del paese. Risultato: fuori dalle scatole, finalmente, gli innocui “populisti” Salvini e Meloni, cornuti e mazziati come gli italiani. Del resto, se il banco ha permesso il rientro in grande stile del cav (pur senza candidatura), dopo averlo silurato nel 2011, costretto ad appoggiare Monti e poi reso incandidabile fino a sentenza della corte europea per i diritti umani(!), un valido motivo ci sarà pure … Il banco non fa mai niente per niente.

 Seconda ipotesi. Il centro-destra vince e arriva al 40% o poco oltre, con il piddì che tiene intorno al 20. In tal caso, la “grosse koalition” della prima ipotesi sarà ancor più forte in termini di seggi. Berlusconi trionfa nel maggioritario con barche di seggi, il piddì resta a galla (come lo stronzo nella fogna), ma, soprattutto, il banco vince alla grande. Cornuti e mazziati tutti gli altri.

 Terza ipotesi (meno probabile delle precedenti). Il cinque stalle supera di slancio il 30% diventando saldamente primo partito e la prima coalizione – di fresconi che votano ce n’è a iosa – ma non arriva, neanche morto, al fatidico 40, magari per due o tre punti. Il piddì è a mal partito, un po’ meno del 20%, un pelo di più del 20 con i nanetti in coalizione (quelli di prima, gli stessi ripugnanti) e il centro-destra arriva secondo, poco oltre il 30%, con grande scorno della mummia resuscitata Berlusconi. Ecco che il furbo Di Maio non più “anti-europeista”, sempre più incravattato e sorridente, lancia l’appello a chi vuole condividere il programma di governo pentastellato e il piddì, alla frutta, risponde … prontamente e positivamente. Il banco incassa ancora una volta.

 Quarta ipotesi (ancora meno probabile di quella di prima).  Il cinque stalle, nonostante tutte le prove negative finora offerte (Roma, Bagheria, Livorno, la stessa Torino), il suo programma di governo contradditorio e raffazzonato – euro no, euro sì – la volontà d’agire sui vitalizi dei politici e non sul lavoro delle masse, come nella terza ipotesi arriva oltre il 30% con un colpo di reni. Il centro-destra è secondo, il piddì cade sotto il 20%, i liberi e uguali, cioè i transfughi piddì e i resti del sel, arrivano al fatidico 10% o addirittura lo superano di due o tre di punti percentuali. Colpo di scena: i liberti e ungulati corrono in soccorso del 5 stalle e si tenta la strada del governo di minoranza, oppure si “comprano” parlamentari di altre formazioni (ad esempio del piddì bastonato) per sostenere il nuovo esecutivo.  Due, diconsi due false opposizioni che governano il paese per conto troika e del pentagono … e il banco vince n’altra volta, inculando gli italiani fresconi.

Quinta ipotesi (la meno probabile). Il piddì tiene al 25 o più % e con i nanetti in coalizione (senza l’inutile Pisapia, che si è sganciato causa ius soli e ora si mangia i coglioni) lo supera di alcune lunghezze, arrivando al 30% o poco oltre. Liberi e uguali giubilano per un quoziente elettorale a due cifre, un pelo di c… più del 10%. Berlusconi, scornato, si sforza di sorridere con un 29% in tasca, mentre i grullini (“la banda degli onesti”) incassano circa il 27, cioè un bottino di voti deludente. Ecco che le sinistre, dopo aver marciato separate, con abbondanza di insulti e attacchi personali al limite della faida tribale, colpiscono unite e riescono a ottenere l’incarico di formare un nuovo governo. Pur essendo di minoranza, sperano che il 5stalle voti i loro provvedimenti, magari con qualche piccolo ricatto e qualche “compra” per starci. Il banco si scompiscia dalle risate e festeggia, in barba a tutti noi.

Mi sembra chiaro, però, che simili governi, a dir poco raffazzonati, caratterizzati dal tradimento delle promesse elettorali e dai cambi di casacca in parlamento, non reggeranno a lungo. Reggeranno quel che tanto che basta al banco, che vince sempre, per propinarci un governo troika commissariale definitivo, con qualche “personalità” di matrice tecnica alla guida, a compimento del sogno elitista e del programma che il banco vittorioso ha in serbo per l’Italia: lacrime, sangue e rigore a prescindere dal responso delle urne.

Capito mi avete, cari bambini dell’italico paese?

Non c’è più lo stellone che vi proteggeva, questa volta non finirete a tarallucci e vino.

Cosa ci volete fare … questa è la democrazia del prendere o lasciare!

 Andate, andate a votare numerosi, poveri fessi, speranzosi nella democrazia e nel suffragio universale!