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Le piante vascolari alla conquista dell’ambiente terrestre

di Francesco Lamendola - 03/02/2018

Le piante vascolari alla conquista dell’ambiente terrestre

Fonte: Accademia nuova Italia

 

 

Abbiamo visto, a suo tempo, quale enorme progresso sia stato, per la diffusione delle piante terrestri, il passaggio dalle Briofite, nel cui ciclo vitale la fase dominante è rappresentata dal Gametofito, alle Pteridofite, nelle quali l’alternanza di generazione è ben distinta e la fase dello Sporofito, una vera piantina vascolare, è prevalente rispetto a quella del Gametofito (cfr. il nostro articolo: L’alternanza di generazione, elemento caratteristico delle Briofite e Pteridofite, pubblicato sul sito della Accademia Nuova Italia il 31/12/2017).
Con le Pteridofite si realizza anche un altro notevole progresso nella conquista dell’ambiente terrestre: la comparsa delle piante vascolari, cioè dotate di vasi, che sono tessuti cavi destinati al trasporto delle soluzioni nutritizie; nonché di veri tessuti ed organi, e denominate, perciò, anche Tracheophyta. Rispetto alle piante non vascolari, vi sono alcune altre modificazioni morfologiche: lo sporangio, la struttura nella quale si formano le spore, è sprovvisto di columella; le cellule sono dotate di parete interamente lignificata, cosa che fornisce loro una maggiore protezione, sia fisica che chimica, contro gli agenti patogeni. 
I tre principali raggruppamenti delle piante vascolari sono le Pteridofite, le Gimnosperme e le Angiosperme. Le prime, tra cui primeggiano le Felci, sono prive di seme e si diffondono nell’ambiente per mezzo di spore; le seconde sono dotate di seme, ma esso è nudo, cioè privo d’involucro, come dice il loro nome (gymno-spermae, “dal seme nudo”); le terze sono dotate di seme racchiuso in un involucro. Vale inoltre la pena di notare, per evitare possibili confusioni, che, nella terminologia botanica americana, non solo le Pteridofite, ma anche le Gimnosperme sono comprese fra le “piante senza fiore” (cfr. il classico manuale di Floyd S. Shuttleworth ed Herbert S. Zim, Non-Flowering Plants, Western Publishing Company, 1967); ma, come precisa Giovanni Giorgio Lorenzoni, curatore dell’edizione italiana (Piante senza fiore, Milano, Mondadori, 1968, p. 2), questo non concorda con la sistematica generalmente accettata in Italia ed in Europa dove si fa una doverosa distinzione tra Crittogame e Gimnosperme. Tra queste ci sono le comunissime Conifere che hanno, infatti, un ciclo riproduttivo assai diverso dalle Crittogame; pur mancando di una corolla e di un ovario vero e proprio, un fiore è presente.
D’altra parte, le Pteridofite sono piante assai primitive, in confronto alle Gimnosperme e alle Angiosperme. Oltre alla riproduzione per mezzo di spore, hanno bisogno della presenza dell’acqua per riprodursi: infatti, per raggiungere i gameti femminili, i gameti maschili riescono a spostarsi solo con l’aiuto di un velo d’acqua; senza di essa, non potrebbero condurre a buon fine  la fecondazione. Perciò, anche se attualmente vivono sulla terraferma, le Pteridofite sono legate alla presenza dell’acqua, l’elemento dal quale sono emerse centinaia di milioni d’anni fa, cominciando a colonizzare gli ambienti terrestri. Inoltre solo le Felci, tra le Pteridofite, possiedono la cuticola, lo strato ceroso che protegge le piante dalla perdita di acqua dovuta all’evaporazione: ciò tradisce la loro origine acquatica e implica, per esse, la necessità di vivere in luoghi costantemente umidi e ombrosi (come ben sanno anche gli appassionati di felci da appartamento, che non le espongono mai ai raggi del sole e le bagnano con maggiore frequenza delle altre piante). Infine, ad accezione delle Felci, alcune delle quali raggiungono imponenti dimensioni arboree (fino a oltre 25 m. nei climi tropicali), tutte le altre Pteridofite sono prive di un sistema vascolare per il trasporto dei liquidi. Tutte queste notevoli limitazioni fisiologiche, che diventano limitazioni ambientali, spiegano come le Pteridofite, nelle condizioni climatiche della Terra determinatesi in epoca storica, sono state sempre più confinate in aree relativamente ristrette, perché dove l’acqua è scarsa o l’illuminazione solare è troppo intensa e diretta, non vi sono le condizioni perché possano prosperare. Esse riescono a stento a sopravvivere in areali sempre più circoscritti, presso le rive dei corsi d’acqua o nella penombra del sottobosco, dove è sempre presente una certa percentuale di umidità, se non altro sotto forma di rugiada.
Le Pteridofite di dividono in Psilophyta (le più semplici piante vascolari viventi, oggi ridotte a poche specie), Lycophyta (circa 1.000 specie: le loro foglie, chiamate microfilli, hanno un solo canale vascolare), Sphenophyta (rappresentate unicamente dal genere Equisetum), Pterophyta (ossia le Filicine, qualcosa come 11.000 specie viventi).
Le Gimnosperme sono piante vascolari di grandi dimensioni, arboree, legnose, e si dividono anch’esse in quattro gruppi: Conifere (“portatrici di coni”: di gran lunga le più numerose e anche le piante più grandi in assoluto, come Sequoia giganteum, 110 m. d’altezza), Cicadacee (le più antiche: 3 famiglie con 326 specie), Ginkgofite (16 generi fossili e una sola specie vivente: Ginkgo Biloba, che, coi suoi 200 milioni di anni, è la più antica pianta con i semi ancor oggi esistente), Gnetofite (note anche come Clamidosperme, per la speciale protezione che hanno intorno ai semi, così da apparire come se fossero racchiusi in un frutto).
Infine le Angiosperme sono le forme vascolari più evolute, con il seme protetto da un vero frutto, e di gran lunga le più diffuse nel modo e le più numerose, suddivise a loro volta, in Monocotiledoni e Dicotiledoni (il cotiledone è la fogliolina embrionale: ne hanno uno solo le Graminacee, le Orchidee e le Palme; ne hanno due tutte le altre). In totale si calcola che siano più di 250.000 le specie di Angiosperme oggi esistenti, note anche come Magnoliophyta; ve ne sono sia erbacee, che arbustive lianose ed arboree.
Le piante vascolari più primitive, le Pteridofite, comparvero nel Devoniano inferiore, circa 400 milioni di anni fa e si diffusero nella terraferma durante il Carbonifero (da 360 a 300 milioni di anni fa), epoca nella quale raggiunsero la massima espansione, formando immense foreste nelle regioni tropicali e subtropicali (tenendo conto della diversa distribuzione delle terre e dei mari, e quindi degli ambienti climatici, rispetto all’età attuale: impronte fossili sono trovate in piena Antartide, per esempio).
Le Gimnosperme sono comparse nel Carbonifero e, secondo i biologi evoluzionisti, si sono evolute proprio dalle Felci, dalle quali si sono definitivamente differenziate con la comparsa di un vero e proprio seme. La più antica di tutte, Archaeopteris, alta più di venti metri, era diffusa nell’America Settentrionale e formava probabilmente grandi foreste, ma, secondo i paleobotanici, è probabile che non fosse ancora dotata di veri semi. La prima pianta a produrre dei semi fu, a quanto pare, un’altra Gimnosperma, Archaeosperma arnoldii, vissuta 360 milioni di anni fa nell’odierno Stato della Pennsylvania, della quale sono stati trovati i semi fossili. Invece Archaeoptyeris si sa che visse fra 370 e 340 milioni di anni or sono.
Le Angiosperme sono apparse per ultime. Si credeva, fino  1956, che avessero fatto la loro entrata in scena durante il Cretaceo, 130 milioni di anni fa; adesso pare che la data debba essere spostata indietro fino al Triassico superiore, circa 215 milioni di anni fa (come si vede, i paleobotanici maneggiano i milioni di anni con una certa disinvoltura, il che dà un’idea dell’immensità della scala temporale con la quale essi hanno a che fare per datare l’avvento di determinate piante, una scala la cui effettiva percezione tende a sfuggire, ad esempio, a uno storico, abituato a contare il tempo in anni, secoli o, al massimo, in millenni).
Scrivono Peter H. Raven, Ray F. Evert ed Helena Curtis nel corso di Botanica (titolo originale: Biology of Plants, New York, Worth Publishers Inc., 1981; traduzione italiana, ridotta e aggiornata, a cura di Alessandro Ancillotti e Mauro Borrani, Bologna, Zanichelli, 1984, pp. 165-167):

Le piante vascolari, come tutti gli organismi viventi, hanno avuto progenitori acquatici, e la loro evoluzione è strettamente connessa al loro progressivo diffondersi sulla terraferma. Uno degli eventi fondamentali, all’inizio del loro diffondersi nell’ambiente terrestre, fu la comparsa di spore provviste di pareti resistenti all’essiccamento, la quale cosa rese possibile la dispersione delle spore sulla superficie terrestre ad opera del vento. Un altro importante evento evolutivo fu la comparsa della cutina, una sostanza grassa che protegge il corpo della pianta dagli eccessi di evaporazione, mentre l’evoluzione di sistemi conduttori efficienti, costituiti da xilema e da floema, risolse il problema del trasporto dell’acqua e delle sostanze nutritive nell’ambiente terrestre. Le porzioni sotterranee dello sporofito evolsero in radici, con funzioni di assorbimento e di ancoraggio, mentre le porzioni aeree volsero in foglie, i siti primari della fotosintesi. Nel frattempo, si verificò una progressiva riduzione della generazione gametofitica, che diventò sempre più protetta e dipendente dallo sporofito ed infine, in numerose linee evolutive, comparvero i semi, strutture atte a proteggere l’embrione dello sporofito dalle avversità della vita terrestre, a nutrirlo ed a permettergli di superare situazioni sfavorevoli.
Il progenitore comune delle briofite e delle piate vascolari […] fu probabilmente un’alga verde pluricellulare, relativamente complessa, che, più di 400 milioni di anni fa, si impiantò sulla terraferma, probabilmente come componente di un’associazione con funghi. Quest’alga verde aveva presumibilmente un ciclo vitale dove predominava la generazione sporofitica.
Le piante vascolari, grazie ai loro adattamenti all’ambiente terrestre, sono i vegetali terrestri che dominano la biosfera. Sono nove le divisioni di piante vascolari con rappresentanti oggi viventi e ad esse appartengono circa 250.000 specie; a queste divisioni ne vanno aggiunte diverse altre rappresentate esclusivamente da forme estinte.  […]
Le più antiche piante vascolari conosciute appartengono alla divisione Rhynophyta, un gruppo di piante stinte che risale a circa 400 milioni di anni fa, nel periodo Siluriano. Queste piante non formavano semi e consistevano in semplici assi, a ramificazione dicotomica e a sporangi terminali. Il loro corpo non era differenziato in radici, fusti o foglie, e i loro sporangi producevano un solo tipo di spore.
“Cooksonia”, un rappresentante delle Rhynophyta, è la più antica pianta vascolare conosciuta e probabilmente viveva in ambienti palustri. I suoi fusti aerei erano afilli, erano ramificati dicotomicamente e terminavano in sporangi globosi; le spore erano provviste di pareti protettive permeate di cutina. Sebbene le sue parti basali non siano conosciute, è probabile che “Cooksonia” presentasse un rizoma, o fusto sotterraneo, da cui si originavano i rami aerei. Con la tecnica della macerazione sono state identificate negli assi di “Cooksonia” le tracheidi, cellule adibite al trasporto dell’acqua, tipiche delle piante vascolari primitive.
“Rhynia” è il rappresentante meglio conosciuto delle Rhyniophyta. Era probabilmente una pianta di tipo palustre, con fusti aerei afilli, a ramificazione dicotomica, inseriti su un rizoma che presentava ciuffi di rizoidi adibiti all’assorbimento dell’acqua. I fusti aerei di “Rhynia” erano ricoperti da una cuticola, possedevano stomi ed avevano principalmente funzione fotosintetica.
La struttura interna di “Rhynia” era simile a quella di molte piate vascolari attuali: un unico strato di cellule esterne, l’epidermide, circondava il tessuto foto sintetico della corteccia, e il centro del fusto consisteva di un solido fascio di xilema circondato da uno o più strati di cellule, forse di natura floematica. Appare evidente che le cellule xilematiche che si formavano per prime occupavano la parte centrale del fascio mentre quelle che si formavano per ultime  erano alla periferia.

Nella fantastica diffusione delle piante vascolari sulla superficie delle terre emerse e negli strumenti di riproduzione e di sopravvivenza molto più raffinati dei quali disponevano, rispetto alle piante primitive che le avevano precedute, si fa una certa fatica a non vedere qualcosa di simile a un disegno, o a un programma, insomma ad una finalità organizzata affinché le cose andassero così come andarono. Specialmente la comparsa dei semi, resistentissimi alle circostanze più avverse, ad esempio a una lunga traversata in acque oceaniche, conservando intatta la loro capacità germinativa, offrì a queste piante superiormente organizzate delle possibilità espansive formidabili, mentre  rendeva autonome le Gimnosperme e le Angiosperme dalla necessità di un velo d’acqua per la riproduzione, come accadeva ancora alle Pteridofite. Per questo le specie di piante coi semi e i fiori dominano oggi la Terra, mentre le crittogame sporofite non hanno fatto che arretrare sempre di più...