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Totalitarismo vestito da libertà

di Carlo Bordoni - 22/05/2018

Totalitarismo vestito da libertà

Fonte: Corriere della Sera

Lo sguardo dell’osservatore è spesso condizionato dal suo punto di vista, ma Francesco Magris, docente all’Università di Tours (Francia), dimostra che la visione di un economista può essere a tutto campo. Il suo libro, Libertà totalitaria (La Nave di Teseo) esamina ogni aspetto della nostra contemporaneità — dalla politica alla meritocrazia — evidenziando gli elementi di criticità di maggior rilevanza sociale.
In particolare la questione dei diritti e la quantificazione dell’esistenza. Sui diritti si è discusso a lungo, ma Magris pone l’accento sul diverso esito dei diritti civili e dei diritti sociali. Di solito confusi in un unico ambito, subiscono ora una drastica differenziazione, dove i diritti civili superano di gran lunga quelli sociali. La causa risiede nel costo economico dei secondi (uguaglianza, tutela del lavoro, salari adeguati, pensioni dignitose), mentre ai diritti civili basta una firma. Unioni civili, maternità assistita, eutanasia comportano sì una presa di coscienza culturale, a fronte di un processo di sensibilizzazione collettiva, ma senza alcun costo.
Accade così che i partiti politici, soprattutto di sinistra, nell’impossibilità di realizzare quei diritti sociali, che pure erano fondanti per la loro ideologia, finiscano per privilegiare i diritti civili. Più facili da ottenere e di maggior effetto mediatico. I progressisti rispondono con disprezzo a coloro che si sentono discriminati e non protetti, magari tacciandoli di razzismo. Deludendo e non comprendendo le esigenze di un elettorato impoverito, che trova invece ascolto nelle istanze populiste.
Così il populismo raccoglie la protesta e colma il vuoto lasciato dalle sinistre, ma lo fa solleticando gli istinti meno nobili, benché vitali per la sopravvivenza, alla ricerca di un consenso facile e privo di spirito etico.
L’economista non manca di segnalare il cambiamento delle politiche, la cui responsabilità sociale è innegabile: da una prassi d’ispirazione keynesiana dove l’inflazione era strumentale per accrescere l’occupazione e i profitti delle imprese (giocando sull’illusione monetaria che i salari potessero mantenere valore nel tempo), si è passati a una politica deflazionista all’indomani della crisi del petrolio degli anni Settanta. Resa necessaria a causa di un eccessivo indebitamento pubblico, questa politica «difensiva», confortata dal pensiero neoliberista, spinge a ridurre l’intervento dello Stato nei servizi, determina la fine del welfare e fa sì che la crescita della moneta influisca solo sul livello dei prezzi, ma non sui consumi né tantomeno sulla produzione o l’occupazione. Un’operazione di politica economica che è stata chiamata «crisi».
«S’invoca un radicale riorientamento della politica monetaria — osserva Magris — ispirata ora a rigorosi criteri prudenziali con scarsi margini di discrezionalità, che una politica anticongiunturale, invece, necessariamente richiede».
Alla radice di questa mutazione dei valori, osserva Magris, sta la spinta verso un esasperato individualismo. Si assiste all’affermazione di una sorta di «relativismo etico», in cui ogni opinione è rispettabile quanto l’altra e tutte hanno pari dignità, sicché ogni aspirazione, ogni desiderio del singolo rischia di diventare un diritto. La tendenza a porre l’individuo al di sopra della società — esaltando le peculiarità e le esigenze del singolo — è aggravata da un processo di classificazione e quantificazione dell’esistenza, delle persone, dei bisogni e delle aspirazioni.
Si misurano con valori matematici le attività professionali (dai medici ai docenti universitari), in una corsa a fare della quantità il principio distintivo, seguendo criteri di frequenza, assiduità, produzione e citazione. Così l’eccellenza prescinde dalla qualità, che non si misura in cifre o a peso: sembra questo un criterio oggettivo, affrancato da ogni possibilità di manipolazione, contaminazione o preferenza soggettiva. Ma si dimentica (o si finge di dimenticare) quanto sia facile falsificare i numeri e implementare le citazioni attraverso il gioco dei riferimenti reciproci. Individualizzazione, quantificazione, oggettivazione, assieme alla prevalenza dei diritti civili, danno l’impressione di godere di un’ampia libertà, garantita da una serie infinita di regole, requisiti, condizioni. In realtà, denuncia Magris non senza amarezza, siamo di fronte a un totalitarismo strisciante, che si nasconde dietro il paravento di libertà formali. Un vero totalitarismo della libertà che consuma la nostra esistenza.