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Il terrorismo finanziario tedesco contro la sovranità italiana

di Luigi Tedeschi - 28/05/2018

Il terrorismo finanziario tedesco contro la sovranità italiana

Fonte: Italicum

 

 

La Germania domina l’Europa mediante il terrorismo finanziario, un’arma di distruzione di massa per gli stati, che comporta l’abrogazione della democrazia.  

Era già tutto previsto, trattavasi comunque di una facile profezia.
Il veto di Mattarella è perfettamente coerente con una prassi inaugurata da Napolitano ed ormai consolidata, quella dei governi del presidente. Che tale prassi sia in aperto contrasto con la costituzione, che si destituiscano governi eletti dal popolo e si nominino altri governi “tecnici” su mandato della Germania e si antepongano i diktat europei alla sovranità nazionale è ormai chiaro a tutti. Si è imposto un presidenzialismo di fatto imposto dall’Europa. Ma soprattutto, nominando Cottarelli al posto di Conte, Mattarella ha compiuto una scelta di indirizzo politico che viola palesemente la costituzione italiana.

Quella dei tecnici è infatti una scelta eminentemente politica che destituisce la sovranità popolare. Così si esprimeva Marco Della Luna nel libro“Traditori al governo” (Arianna Editrice 2013), in relazione alla nomina del governo Monti da parte di Napolitano: “… Nel caso della situazione italiana, e in generale di un sistema complesso come è complesso ogni Paese, i problemi sono molti (non solo economici, ma anche sociologici, idrogeologici, legislativi), sono non chiari ma controversi nella loro individuazione e nelle loro cause; non vi è una tecnica precisa e condivisa (perché, anche all’interno della scienza tecnica economica vi sono scuole totalmente divergenti sia nell’analisi delle cause che nelle ricette, anzi il nocciolo delle scelte è tra opposti modelli economici); non si tratta solo di risolvere problemi, ma di scegliere che obiettivi perseguire, che priorità fissare, quali classi sociali tassare, quali privare di assistenza, quale modello di sviluppo (o modestamente di sopravvivenza) adottare, e forse ancor più se difendere una certa indipendenza nazionale oppure no, se accettare o respingere un’ architettura eurofinanziaria ad egemonia tedesca, come contestare e modificare l’attuale struttura dell’Eurosistema. Tutte queste scelte sono scelte prettamente politiche, non tecniche; e, in base alla Costituzione italiana e ai principi generali della democrazia rappresentativa, solo un governo politico, con un mandato popolare, può essere legittima¬mente posto a compierle. Non un tecnico o un governo di tecnici. E infatti il governo Monti ha compiuto, con l’avallo esplicito e ripetuto di Napolitano, una serie di scelte pesantemente politiche, ideologiche, classiste, e ben poco “tecniche”. La tesi del governo dei tecnici è un balla per coprire una palese e fondamentale in¬costituzionalità, non sanabile a posteriori da un voto parlamentare, tanto più che i parlamentari e i partiti non erano liberi e sereni, ma erano tenuti sotto varie minacce, interne ed esterne, dallo spread allo scioglimento anticipato prima della maturazione della pensione”.

Un fantasma si aggirava fino a ieri per l’Europa: il governo giallo – verde italiano, risultato di una eresia populista, che, come un virus maligno ha già contagiato l’Europa. L’alleanza M5S – Lega è espressione della volontà popolare ma, una tale maggioranza pur vincendo le elezioni, non può governare, in quanto non compatibile con il governo finanziario dell’oligarchia europea, classe dirigente non elettiva, che ha nei fatti espropriato la sovranità e delegittimato la democrazia negli stati europei.
Era stato da noi ampiamente pronosticato che il voto popolare del 4 marzo sarebbe stato comunque condizionato, se non vanificato dalla influenza dominante della UE nell’articolo “Elezioni 4 marzo: l’Europa ha già votato per se stessa e contro il popolo italiano”, pubblicato su questo blog il 19 febbraio 2018. Si affermava infatti che “Nelle elezioni del 4 marzo non sarà il popolo a decidere, perché l’Europa ha già abrogato il suo futuro”http://www.centroitalicum.com/2018/02/19/elezioni-4-marzo-leuropa-ha-gia-vinto/

 

Il governo del terrore finanziario tedesco ed europeo

 

Come dunque previsto, la reazione della Germania e della UE non si è fatta attendere: hanno infatti posto il veto nei confronti del nascente governo giallo – verde. Il presidente Mattarella ha rivendicati le prerogative costituzionali del Presidente della Repubblica nell’apporre anch’egli un drastico veto alla nomina al Ministero del Tesoro di Paolo Savona, ma come ben sappiamo la sua ostilità a Savona è una diretta conseguenza della conclamata avversità della Germania a governi populisti, non fedeli vassalli, cioè, del dominio finanziario franco – tedesco.

Paolo Savona è un economista liberale di grande prestigio, uomo già vicino a Giudo Carli e ministro del governo Ciampi. Ma si è sempre dichiarato contrario all’euro e ai trattati europei nella misura in cui questi ultimi conducessero ad un dominio della Germania sull’Europa. La propaganda mediatica, specie in Germania, ha svolto un’opera di terrorismo psicologico, enfatizzando i pericoli per l’Eurozona derivanti dal programma del governo populista italiano. Il disprezzo tedesco per l’Italia si è manifestato in tutta la sua evidenza: l’Italia costituirebbe un pericolo per l’euro, quale paese “scroccone”, “in preda alla follia”, “ricattatore”. Si vuole suscitare paura e allarme nel popolo, i cui risparmi potrebbero essere distrutti da politiche di spesa che comprometterebbero la sostenibilità del debito pubblico italiano già al 130% del Pil.

La coalizione giallo – verde è rimasta isolata, non ha registrato il sostegno di nemmeno un quotidiano nella stampa italiana. Abbiamo assistito ad una vera e propria opera di criminalizzazione mediatica di Paolo Savona, quasi fosse un pericoloso sovversivo bolscevico anti – euro. Ma Paolo Savona intendeva solamente trattare con l’Europa in condizioni di parità con gli altri stati. L’Italia è sempre stata penalizzata in sede europea. Tutti i governi precedenti, da Berlusconi e Renzi, hanno sempre millantato fermezza e patriottismo in Europa. Ma il loro servilismo dinanzi ai diktat europei è noto a tutti.

La crescita dello spread, che ha sfondato la quota di 200 punti rispetto al bund tedesco, suscita allarme, in quanto i mercati non si sentirebbero garantiti sugli investimenti nel debito pubblico italiano. 

 

In realtà si vuole porre in essere una nuova crisi del debito italiano, come nel 2011, con l’avvento dell’austerity del governo tecnico di Monti, imposto dall’Europa, politica protrattasi fino ai giorni nostri. Che l’austerity abbia prodotto solo recessione e deflazione in Italia è un dato obiettivo, che la crescita e l’occupazione possano essere rilanciate attraverso investimenti e spesa pubblica è evidente, ma tali politiche keynesiane comporterebbero il mancato rispetto dei parametri di bilancio europei. E flessibilità sui conti pubblici può essere concessa dall’Europa solo a fronte di un programma di riforme che prevedano tagli allo stato sociale, precarietà del lavoro e compressione salariale nel mercato del lavoro.
Pertanto i mercati si sentirebbero garantiti da riforme in senso liberista che generino povertà, diseguaglianza e precarietà del lavoro. Che l’Europa ha devoluto la propria sovranità ai mercati finanziari non è un mistero. Infatti i grandi investitori, quali i fondi di investimento e gli stessi stati dominanti in Europa (in primis la Germania) con i fondi sovrani, qualora venissero poste in essere politiche non conformi ai trattati europei, effettuando cessioni in massa di rilevanti quote di titoli del debito pubblico di uno stato, possono determinarne un rapido default ed esautorare i governi con l’intervento della troika. E’ ciò che è accaduto in Grecia e potrebbe riproporsi in Italia.

L’incremento dello spread può inoltre determinare il declassamento degli stati da parte delle agenzie di rating. Infatti S&P e Fitch, potrebbero abbassare il rating dell’Italia, la cui attuale valutazione è BBB e classificare i titoli del debito italiano come “titoli spazzatura”. In tal caso verrebbe meno l’erogazione di liquidità del QE: la BCE non potrebbe né acquistare né accettare i titoli italiani.

E’ quindi evidente come il giudizio dei mercati si riveli una micidiale arma di distruzione di massa per gli stati. La Germania domina l’Europa mediante il terrore finanziario, che comporta l’abrogazione della democrazia.

 

La crisi della borsa e il crollo di Deutsche Bank nella virtuosa Germania

 

L’allarmismo mediatico si concentra inoltre nei repentini cali della borsa di Milano, che registra un ribasso del 7% (per il valore di 17 miliardi), rispetto al 7 maggio scorso. Tuttavia le attuali tensioni nel mercato finanziario sono quasi del tutto estranee al paventato governo Conte.

La crisi investe soprattutto il settore bancario italiano, già penalizzato dal varo della normativa europea sugli Npl (crediti deteriorati). Il sistema bancario italiano dovrà ora scontare anche gli effetti del nuovo accordo europeo di matrice franco – tedesca, che prevede, al fine di ridurre i rischi del settore in caso di risoluzione bancaria, l’accantonamento di ulteriori riserve obbligatorie pari all’8% degli attivi, per ridurre le perdite e ricostituire il capitale.

E’ evidente come le normative europee contribuiscano ad ulteriori restrizioni del credito ed incideranno negativamente sugli investimenti e sui consumi. Solo l’Italia e la Grecia si sono vanamente opposte in sede europea, in quanto, ad una politica di riduzione dei rischi non fa riscontro alcuna misura di condivisione dei rischi stessi.
Il sistema bancario ha inoltre subito le conseguenze dell’innalzamento dello spread: le banche possiedono 400 miliardi di titoli di stato e l’incremento dei tassi di interesse ha comportato il deprezzamento dei titoli in portafoglio.

Al rigorismo della Germania in sede europea fa tuttavia riscontro un sistema bancario tedesco il cui dissesto è ormai decennale, anche se sapientemente occultato dai governi Merkel. In questi giorni, la Deutsche Bank ha annunciato il taglio di 7.000 posti di lavoro. La Deutsche Bank ha riportato per il 2017 perdite per 512 milioni di euro, il suo titolo ha subito una clamorosa debacle del 38% in borsa. La sua perdurante crisi è dovuta alla massa di derivati spazzatura detenuti sin dalla crisi del 2008. Essi ammonterebbero a 52.000 miliardi di euro, 20 volte il Pil tedesco. Ma la valutazione di tali titoli è stata coperta da ripetute omissioni da parte degli organi di vigilanza europei.

Il ruolo sistemico di tale banca è confermato dal crollo del suo titolo in borsa, dovuto alle rilevanti preoccupazioni circa la solvibilità del proprio debito, che ammonta a 144 milioni. Tale crisi avrà vaste ripercussioni sul sistema bancario europeo. Ma sulle responsabilità, connivenze, omissioni del governo tedesco (vedi le sanzioni subite da Deutsche Bank negli USA per la manipolazione del Libor), regna in Europa un assoluto, assordante silenzio.

Occorre rammentare che la Deutsche Bank effettuò speculazioni che causarono la crisi del debito italiano nel 2011, mediante la cessione nel primo semestre di 7 miliardi di titoli del debito pubblico italiano, Quando la crisi si manifestò con la fuga dei grandi investitori, Deutsche Bank riacquistò rilevanti quote di titoli italiani a prezzi stracciati.

 

Nuove crisi globali?

 

I mercati finanziari risentono soprattutto del rallentamento della crescita dell’economia globale, che preoccupa in specie l’Eurozona.
L’euro si è svalutato nei confronti dl dollaro del 7% dal febbraio scorso. Si ritiene probabile un prolungamento del QE. Tale svalutazione avviene in concomitanza con il rincaro del prezzo del greggio su scala mondiale.
Le tensioni internazionali contribuiscono al rallentamento dell’economia mondiale. L’Europa si trova particolarmente esposta dinanzi alla guerra dei dazi iniziata tra USA e Cina, che presto coinvolgerà anche l’Europa. Il ripristino dell’embargo americano verso l’Iran potrebbe pregiudicare rilevanti investimenti europei nell’area.
Ma questa Europa che al suo interno impone una spietata dittatura finanziaria franco – tedesca agli altri stati membri, si dimostra assente ed incapace di porre in essere una qualsiasi strategia di politica estera nel contesto mondiale e, data la sua conclamata subalternità agli USA, è del tutto impreparata e vulnerabile dinanzi alle crisi e alle sfide del prossimo futuro.

 

Le possibili potenzialità di cambiamento

 

Era praticamente scontato, dato il clima di ostilità interna ed esterna, il fallimento di M5S e Lega. Tuttavia si è manifestata una evidente secessione tra le istituzioni e la volontà popolare in Italia.

I problemi del dissesto sociale, politico e morale italiano sono evidenti. La crisi economica, la disoccupazione, le crescenti diseguaglianze, la povertà diffusa, sono problemi che richiedono riforme strutturali ed il ripristino della sovranità politica, economica e monetaria degli stati.

Certo è che in Italia la formazione di questo nuovo ed inedito governo avrebbe rappresentato una svolta dalle grandi potenzialità innovatrici per il futuro.

L’Italia non dispone di alleati in Europa ed è troppo isolata e fragile dinanzi al potere finanziario oligarchico europeo. Tuttavia tale crisi istituzionale sta coinvolgendo tutta l’Europa. Il populismo è dilagante e le forme di repressione economico – finanziaria si dimostrano sempre più violente.

In Spagna sta emergendo una grave crisi politica, in Francia le tensioni sociali contro le riforme neoliberiste di Macron sono assai estese. E in Italia lo scontro istituzionale in atto contribuirà ad alimentare l’euroscetticismo e il dissenso sociale.

L’esplosione di un vasto dissenso sociale su scala europea, potrà determinare nel prossimo futuro profonde trasformazioni sistemiche nel contesto europeo in cui l’Italia potrebbe assumere un ruolo di protagonista.