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Immigrazione: rovesciamo la narrazione dominante

di Diego Fusaro - 17/07/2018

Immigrazione: rovesciamo la narrazione dominante

Fonte: Il Primato Nazionale



Dovrebbe essere ormai chiaro come il sole. L’obiettivo del capitalismo globalizzato è terzomondizzare l’Europa, deportando masse di nuovi schiavi con cui abbassare i salari e generalizzare la miseria delle classi subalterne. Il turbomondialismo non vuole integrare i migranti, che anzi considera alla stregua di nuovi schiavi privi di dignità. Vuole, au contraire, rendere noi come i migranti: apolidi, sradicati, deterritorializzati e senza diritti. In una parola vuole generalizzare il profilo dell’homo migrans, apolide dell’esistenza. Ma, si sa, ogni neolingua che si rispetti chiama le cose con i nomi invertiti: pace la guerra, libertà la schiavitù e… immigrazione la deportazione neoimperialistica. Gli stolti araldi del progressismo acefalo senza coscienza infelice vogliono accogliere e integrare: senza curarsi del fatto che l’immigrazione di massa è un colpo di pistola in fronte alla classe lavoratrice (sia migrante sia stanziale), costretta a subire concorrenza al ribasso. E dire che basterebbe aver letto Carlo Marx per saperlo. Ma le sinistre, si sa, l’hanno abbandonato per la Boldrini e per Saviano, deliciae generis humani.
Navi private che salvano i migranti, dice il pensiero unico. Navi filantropiche, rassicura la neolingua. Si tratta, invece, di un sistema programmato di deportazioni di esseri umani, di sfruttamento dei medesimi, di scavalcamenti degli Stati sovrani, e di valorizzazione capitalistica del valore a beneficio della global class dominante finanziaria, apolide, sradicata e competitivista. Diciamolo apertamente e senza ambagi: occorre essere contro le cosiddette “associazioni non governative”. Senza se e senza ma. Dietro la filantropia con cui esse dichiarano di agire (diritti umani, democrazia, salvataggi delle vite, ecc.) si nasconde il nudo interesse privato del capitale transnazionale sorosiano. Le Ong, di fatto, richiedono dal basso e dalla “società civile” le “conquiste di civiltà”, i “diritti” e i “valori” che i poliorceti del mondialismo stabiliscono dall’alto. Tali conquiste, diritti e valori sono, di conseguenza, sempre e solo quelli della global class competitivista, ideologicamente contrabbandati come universali: abbattimento delle frontiere, rovesciamento degli Stati canaglia (ossia di tutti i governi non allineati con il nuovo ordine mondiale monopolare e americano-centrico), desovranizzazione, decostruzione dei pilastri dell’eticità borghese e proletaria (famiglia, sindacati, tutele del lavoro, ecc.). Se non analizzate secondo lo schema che l’egemonia dell’aristocrazia finanziaria impone, le Ong si rivelano come un potente mezzo per aggirare e scavalcare la sovranità degli Stati e per attuare punto per punto il disegno globalista della classe dominante in cerca del definitivo affrancamento dalla regolamentazione politica degli Stati sovrani nazionali come ultimi fortilizi delle democrazie. Le Ong stanno solo astrattamente dalla parte dell’umanità: in concreto, stanno dalla parte del capitale e dei suoi agenti, di cui tutelano l’interesse.
I salvati dell’Aquarius: Dio non rifiuta: così titolava, senza pudore, il Corriere della Sera pochi giorni addietro. Sarebbe d’uopo rammentare che lo stesso Dio invocato da questi pretoriani del pensiero unico nemmeno deporta esseri umani. L’immigrazione di massa – ci suggerisce il pensiero unico – è una cosa di sinistra, buona e a beneficio delle classi deboli: deportare masse di schiavi africani nelle italiche metropoli, abbassando i salari, intasando i servizi pubblici (che pubblici saranno ancora per poco) come gli ospedali, aumentando le fila già numerose dei descamisados, giova notoriamente agli operai di Mirafiori a Torino e ai precari di Napoli, ai disoccupati di Napoli e ai cassintegrati di Roma, mica ai Signori del turbocapitale, ai plutocrati del mondialismo e ai globalizzatori apolidi.

E poi, dulcis in fundo, v’è il bardo cosmopolita, che canta le virtù del plusimmigrazionismo glamour dal suo sontuoso attico di Nuova York, cinto da noia patrizia. Il suo messaggio è reclamizzato dai circuiti mediatici alla stregua delle saponette e dei deodoranti. Gloria e virtù della società dello spettacolo! Ma il bardo plusimmigrazionista non è una vox clamantis in deserto. Tutt’altro. “Devo dire, con realpolitik, ieri ho pensato, ho desiderato che morisse qualcuno sulla nave Aquarius. Ho detto: adesso, se muore un bambino, io voglio vedere che cosa succede per il nostro governo”. Parole di Edoardo Albinati, scrittore progressista che si posiziona saldamente dalla parte giusta: quella dei dominanti, quella del capitale. A leggere queste parole, mi viene irresistibilmente in mente quanto diceva sempre il mio compianto maestro Costanzo Preve: la nostra è la prima epoca della storia umana in cui gli intellettuali sono inferiori, e di gran lunga, alla gente comune. Essi sono il blocco per il vero superamento della contraddizione capitalistica, di cui sono strenui difensori. Ordunque, dopo anni di urla scomposte intonanti il macabro ritornello “più Europa!”, “più libero mercato!”, “più globalizzazione!”, è giunto il momento del nuovo grido glamour delle sinistre demofobiche al servigio del capitale: “più immigrazione! Più porti aperti! Più terzomondizzazione dell’Italia!”. La situazione è sempre più tragica e, insieme, sempre meno seria.