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Ora è chiaro che non sono profughi, ma invasori?

di Francesco Lamendola - 17/07/2018

Ora è chiaro che non sono profughi, ma invasori?

Fonte: Accademia nuova Italia

 

 

 

 

Buonismo incorreggibile dei progressisti, dei “democratici”, degli umanitari e degli “antifascisti”; buonismo idiota dei neopreti e dei “vescovi di strada”, degli intellettuali a un tanto il chilo e dei giornalisti col Rolex e l’attico. L’Italia è sotto attacco, e lo è da almeno due o tre decenni; ma loro non se ne sono mai accorti, e non lo vedono neppure adesso. Basta fare due conti: gli italiani non fanno più figli, semmai fanno aborti e matrimoni omosessuali (che figli non ne fanno, sino a prova contraria, per le inesorabili e omofobe leggi della fisiologia), mentre gl’immigrati ne fanno almeno quattro, che alla seconda generazione diventano sedici, che alla terza generazione diventano sessantaquattro… se la matematica non è un’opinione, razzista pure quella. Mentre gli italiani diventano ottantenni, novantenni e centenari, hanno bisogno di badanti, ospedali, e, naturalmente, pensioni; e mentre i giovani laureati vanno a spendere le loro capacità e la loro preparazione all’estero, per contribuire alla ricchezza degli Stati Uniti o della Gran Bretagna. E il Parlamento italiano che fa, invece di varare delle serie politiche di sostegno alla famiglia, naturalmente quella vera, formata da un uomo, una donna e – possibilmente - dei bambini? Fa delle leggi sulle unioni omosessuali, prepara delle leggi sulle adozioni omosessuali e, naturalmente, contro quella orribile piaga che è l’omofobia, il vero male, il vero cancro che sta divorando la nostra società. Un cancro talmente perverso e pericoloso, che anche la neochiesa si mobilita contro di esso; e, mentre illustri monsignori, come il vescovo emerito di Caserta, dichiarano di esser pronti a regalare tutte le chiese cattoliche affinché siano trasformate in moschee (tanto, chi se ne frega dei cattolici italiani!, che vadano a pregare in cantina, se proprio ci tengono), i neopreti tengono veglie di preghiera nelle chiese contro l’omofobia; qualcun altro abolisce la santa Messa, anche il giorno di Natale, per rispetto verso i migranti; e qualche altro ancora, allestisce corsi per fidanzati gay, in modo da far vedere che la Chiesa non si scorda di loro. E come potrebbe scordarsene, se un prete della diocesi di Verona è andato all’estero, precisamente alle Canarie, a sposarsi con un uomo, in mezzo a tanti invitati festosi, senza neanche chiedere prima la remissione allo stato laicale, e poi, tornato a casa, è stato abbracciato dal suo vescovo, che gli ha augurato di essere felice col suo amore e lo ha esortato a seguire liberamente la sua strada? (guarda dove vanno a mettere la libertà cristiana, i vescovi dei nostri giorni…).

Da parte nostra, lo abbiamo sempre sostenuto (cfr., in particolare, i nostri articoli L’invasione dell’Italia, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 10/03/2011 e L’Italia è il laboratorio della élite globalista, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 09/04/2018). Non è questione di essere “buoni” o “cattivi”, “accoglienti” o “egoisti”, “solidali” o “xenofobi”: è questione di fatti, e coi fatti non si litiga. Ora anche i più ciechi avranno motivo di riflettere se siamo in presenza di migranti o di invasori; anche se, naturalmente, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, né peggior cieco di chi si rifiuta di vedere. La notte di domenica scorsa, l’8 luglio, una nave italiana adibita alla sorveglianza di una piattaforma petrolifera, la Vos Thalassa, è andata a soccorrere un barcone pericolante carico di profughi, al largo delle coste libiche, anticipando una analoga manovra della Guardia costiera libica. Il fatto è avvenuto in acque libiche, che sono di competenza delle autorità libiche. Difficile dire se il comandante abbia agito per il meglio o per il peggio; di certo la Vos Thalassa non è nuova a simili exploit, perché, pur essendo di proprietà di una compagnia privata e non avendo niente a che fare con le Organizzazioni non governative, in passato, precisamente nel 2016, aveva già fatto un vero e proprio “ponte” fra la Libia e il porto di Catania, conducendovi, con ben otto successivi viaggi, la bellezza di 890 cosiddetti profughi. Ad ogni modo, trovandosi a poche miglia dalle coste della Libia, le è stata data istruzione di volgere la prua verso Tripoli, cosa che ha fatto; ma la manovra è stata notata dai 670 migranti che aveva preso a bordo, i quali sono diventati subito minacciosi. Dapprima hanno circondato un marinaio, poi il secondo ufficiale, gli hanno chiesto spiegazioni con aria minacciosa e hanno cominciato a spintonarlo. Infine, il comandante ha ritenuto che l’intero equipaggio, dodici marinai, tutti di nazionalità italiana, costretti ad asserragliarsi sul ponte di comando, sotto la pressione di decine di persone infuriate, si trovasse in stato di serio e immediato pericolo e ha chiesto aiuto via etere; al che vi è stato il pronto intervento di una nave della Guardia costiera italiana, la Diciotti, che ha preso a bordo tutti i clandestini. Dopo di che è iniziato il braccio di ferro fra il ministro del’Interno, Matteo Salvini, per il quale la Vos Thalassa ha agito in maniera inappropriata sin dall’inizio, e che nega il permesso di entrare in un qualsiasi porto italiano, e il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, che invece vorrebbe far approdare la nave nel porto più vicino, probabilmente Trapani, salvo procedere immediatamente all’accertamento di quel che è accaduto a bordo e individuare i responsabili – pare due uomini, un sudanese e un ghanese – dell’azione minacciosa che ha indotto il comandante italiano a chiedere soccorsi.

Tale azione minacciosa ha un nome preciso, si chiama ammutinamento. I migranti non facevano parte dell’equipaggio, ovviamente, ma, salendo a bordo della Vos Thalassa, automaticamente si sottomettevano all’autorità di quel capitano e della bandiera che sventolava sull’albero, cioè la bandiera italiana. Vedremo come andrà a finire, nelle prossime ore, il tira e molla fra Salvini e Toninelli, ed eventualmente fra la Lega e il Movimento Cinque Stelle; qui c’interessa un altro aspetto della vicenda, e cioè il carattere aggressivo mostrato dai cosiddetti profughi (sia detto fra parentesi, nessuno di loro può essere chiamato tale: dall’elenco dei Paesi di provenienza, dal Pakistan al Marocco, risulta che nessuno fugge da Paesi in guerra, o nei quali esiste una emergenza umanitaria). Dunque, ricapitolando: c’è un barcone di migranti, al largo delle coste libiche, partito da poco, ma già in difficoltà. Da bordo, partono, coi telefonini, le chiamate di soccorso: il primo ad arrivare è il comandante della Vos Thalassa, il quale, a suo rischio, li prende a bordo tutti quanti, invece di aspettare le motovedette libiche già annunciate. Lo ha fatto, si dirà, per spirito umanitario: ad aspettare, esisteva ed aumentava un reale pericolo di naufragio. Ma poi, quando ha girato la prua verso la Libia, quei 670 esseri umani hanno mostrato la loro gratitudine facendosi minacciosi e costringendo l’equipaggio a chiedere, a sua volta, aiuto. Arriva una nave militare italiana e li prende tutti a bordo; e ora essi si aspettano, come premio per il loro contegno esemplare, di entrare senz’altro in un porto italiano, magari con le dita alzate nel segno di vittoria, come sono soliti fare. In tutta questa vicenda, quel che brilla è l’ipocrisia dei media, il loro linguaggio fasullo, e quindi il fatto che l’opinione pubblica è sistematicamente disinformata di quel che realmente accade, da anni, da decenni, nelle acque del Mediterraneo. Non che la neochiesa renda un servizio alla verità quando il papa va a Lampedusa e lancia una corona di fiori in mare, scandendo: Vergogna!, rivolto non si sa bene a chi; o quando don Ciotti e i suoi amici organizzano raduni, manifestazioni, sfilate, veglie di preghiera e quant’altro, per protestare contro Salvini e per esigere la riapertura dei porti ai “poveri migranti”. Costoro non sono migranti, ma invasori. Non chiedono di venire in Italia, lo pretendono; e non accettano un rifiuto. Non sono neppure dei profughi, perché nessuno di loro proviene da un Paese in guerra; e, se anche così fosse, le convenzioni internazionali stabiliscono che egli avrebbe, sì, il diritto a essere riconosciuto come profugo, ma a titolo provvisorio (quella di profugo non essendo una professione a vita) e, soprattutto, nel Paese più vicino. Il sudanese, se davvero profugo, avrebbe avuto diritto all’accoglienza in Egitto, e il ghanese nel Togo, o nel Burkina Faso; non certo in Italia. Non esiste un diritto a essere accolti come profughi in Italia, venendo direttamente dall’Africa. Infine, costoro non sono nemmeno dei naufraghi. Il naufrago è un individuo che si trova in mare, o in pericolo di finire in mare, perché la sua nave si è trovata inaspettatamente in difficoltà, e non riesce a raggiungere un porto con le proprie risorse, o teme di non farcela. Ma chi sale su barconi sovraccarichi e fatiscenti, col preciso intento di farsi soccorrere in mare e di farsi trasportare, come in un grande servizio taxi (ma gratuito, e con tanto di assistenza medica e sanitaria, con speciale attenzione per le donne incinte), non è un naufrago. E un vero naufrago, quando viene preso a bordo di una nave che devia dalla sua rotta e si sobbarca fatiche, ritardi e danni economici per venirlo a salvare, se ne sta buono e non finisce più di ringraziare; non alza la voce, non proferisce minacce, non spintona i suoi soccorritori, pretendendo di stabilire, lui, dove lo porterà la nave. Chi agisce così non è un naufrago, ma un delinquente, e più precisamente un ammutinato. Vegano a dirci, il signor Bergoglio o don Ciotti, che anche i nostri nonni erano migranti: vengano a dircelo adesso, davanti ala vicenda del Vos Thalassa. Noi li sfidiamo a trovare un solo caso riguardante i nostri nonni emigranti, che possa rassomigliare anche solo lontanamente a quello dei 670 migranti presi a bordo la notte di domenica scorsa da una nostra nave, per puro buon cuore. E sì che di italiani, nel XIX e nel XX secolo, ne sono emigrati letteralmente a milioni. Milioni di italiani emigrati, e mai niente di simile a un ammutinamento, a una violenza contro dei soccorritori. Anche perché i nostri nonni partivano dignitosamente, con le loro valige di cartone legate con lo spago, ma con tutti i documenti in regola, comprese le vaccinazioni e i certificati di buona salute: non mentivano sulle loro generalità, non si rifiutavamo di dire chi fossero, accettavano al cento per cento le leggi del Paese ospitante, andavano per lavorare e non per spacciare droga, organizzare la prostituzione o vivere di delinquenza. Profughi? L’Italia, nella Seconda guerra mondiale, ha avuto decine e decine di migliaia di morti sotto le bombe (dei “liberatori”), migliaia di case distrutte, di famiglia martoriate, per non parlare degli orrori della guerra civile, dei paesi bruciati (dai tedeschi) e delle persone infoibate (dai partigiani comunisti): ma non un solo padre di famiglia, non un solo ragazzo pieno di salute, si è presentato alla frontiera svizzera, abbandonano i suoi congiunti, i vecchi, le donne, per chiedere di essere accolto con lo status di “rifugiato”.

Un tipico intellettuale progressista nostrano, lo scrittore Edoardo Albinati, mentre presentava un suo libro alla Feltrinelli, ed erano i giorni della vicenda della nave Aquarius, ha testualmente detto (stando a quanto riferito da Blitzquotidiano): Ieri ho pensato, ho desiderato che morisse qualcuno sulla nave Aquarius. Ho pensato: Adesso, se muore un bambino, io voglio vedere che cosa succede per il governo. Insomma, costoro sono così buoni e misericordiosi che si augurano il morto, preferibilmente minorenne, per esercitare una pressione politica e morale più forte sul nostro governo. E se il morto non arriva, lo si inventa. È facile; un gioco da ragazzi. Citiamo un passaggio dell’articolo di Marcello Foa, Il gas non era nervino, il bimbo non era un immigrato. Ma i giornalisti non si scusano mai?, pubblicato sul sito di Arianna Editrice l’11/07/2018:

 

E chi non si è commosso davanti alla foto straziante del bambino messicano che piange disperato dopo essere stato separato dai genitori? Quell’immagine è diventata il simbolo della protesta contro le misure del governo Trump (e da quest’ultimo poi ritirate). Era troppo bella, troppo emozionante per non essere vera! Peccato che non lo fosse; in realtà è stata scattata durante una manifestazione di protesta a Dallas, il 10 giugno. Le sbarre non erano di una prigione ma di gabbie simboliche e il bambino non è mai stato separato dai genitori. Recitava. E’ bastato prendere quello scatto e pubblicarlo decontestualizzato per scatenare l’indignazione internazionale. E ancora una volta solo in pochi hanno denunciato l’inganno, la grande stampa non ha mai rettificato.

 

No; i giornalisti non si scusano mai. Come non si scusa Giovanna Botteri per aver lamentato in diretta, davanti ai telespettatori, dove andremo a finire dopo che l’elezione di Trump ha mostrato che essi non riescono neanche a determinare il voto degli elettori, laddove sarebbero pagati per informarli onestamente e non per manipolarli. E non si scusano i neopreti ed i neovescovi, neanche se salta fuori che i paladini della “chiesa dei poveri”, come il cardinale Maradiaga, grande amico e sostenitore di Bergoglio, in nome dei poveri, intascano stipendi da 35.000 euro al mese. E soprattutto non si scusano gli intellettuali di sinistra, come Saviano, che pontifica dal suo attico di New York, o come Camilleri, che ha fatto i soldi con un commissario di polizia siciliano che non s’imbatte mai, neanche una volta sola, nella mafia, ma in compenso sa che il futuro dell’Italia è nell’accoglienza illimitata di africani e islamici; né si scusano i professori del liceo scientifico di Partinico, i qual espletano gli esami di maturità degli studenti presentandosi tutti in maglietta rossa, come Dio (pardon, come don Ciotti) comanda, mescolando senza ritegno la funzione d’insegnanti con la propaganda ideologica più smaccata. Tanto, hanno sempre ragione loro; inutile discutere: loro sono i buoni, sono il Bene; gli altri sono, per definizione, populisti, razzisti, fascisti. E così sia...