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Campione del globalismo apolide

di Simone Torresani - 28/07/2018

Campione del globalismo apolide

Fonte: Il giornale del Ribelle

Avrei voluto parlare d' altro, ma l'argomento del giorno merita sicuramente menzione. È morto a 66 anni Sergio Marchionne, tra l'inevitabile sconforto generale. Fino a ieri Marchionne rappresentava per noi un simbolo negativo, un simbolo di quel che non ci piace, che non vorremmo essere, che non vorremmo diventare. Naturalmente la morte annulla tutto: "oltre il rogo non vive ira nemica", scrisse Vincenzo Monti ed è pure la frase che campeggia sulla lapide del feldmaresciallo Nugent al "Vantiniano", il Cimitero Monumentale di Brescia. Repressore delle Dieci Giornate, Nugent ebbe pietosa sepoltura a spese del Comune dopo che, in fin di vita, commosso dall' ardore degli insorti, lasciò per testamento i suoi beni al municipio. Non saremo di certo noi quindi a tirar fango su Marchionne, siamo umani e non sciacalli, ma un giudizio largamente negativo del Marchionne imprenditore non possiamo non ammetterlo. È stato uno dei simboli della globalizzazione, a tutto scapito dei lavoratori. Si dice che ha salvato Fiat e Chrysler, con FCA. Diciamo che ha salvato piuttosto la cassaforte degli Agnelli o di quel che resta della stirpe, ha salvato la finanziaria e holding "Exor", di cui FCA rappresenta il 29% delle quote liquide e asset finanziari su borse e Mercati. Quindi, FCA: sede fiscale in Gran Bretagna, sede legale di diritto pubblico in Olanda, con stabilimenti in USA, Turchia, Italia, Serbia, Polonia, Brasile, Argentina e controllata da una holding mista olandese-lussemburghese (la Exor). La quintessenza del globalismo e della mondializzazione, una società da manuale. Bisognerebbe dire a lorsignori che parlano di Marchionne quale salvatore della "FIAT" che oggi non esistono più né Fiat, né tantomeno "Italia" nella azienda attuale. Nessun manager che conta ormai in FCA è italiano, l'ultimo ha lasciato recentemente, e comunque neppure lo hanno preso in considerazione per il dopo Marchionne. Gli operai di Pomigliano, di Melfi, di Mirafiori sono ormai una piccola parte olistica del Tutto e non hanno nessuna prerogativa o privilegio di "visione speciale" da parte dei piani alti. Si parla di fusione FCA-Hyundai, al momento voci. Dovesse per ipotesi accadere, il poco d' italiano che resta sparirebbe del tutto e gli stabilimenti italiani diventerebbero "poli del lusso". Tradotto: ghetti di produzione per ricchi. Ben lontani i tempi da quell' 11 luglio 1899 in cui l'ex ufficiale di cavalleria Giovanni Agnelli, assieme ad altri soci, fondò con atto notarile la Fabbrica Italiana Automobili Torino. In 118 anni si è passati dal pionierismo all' era spaziale, ma il Pantalone di turno resta sempre l'operaio. E non illudiamoci neppure con la Juve: un tempo fu una squadra, oggi è una "divisione" di una holding. Consoliamoci solo che qualcosa di italiano nella Juve è rimasto: Andrea Agnelli (i giocatori, a leggere la nuova formazione tipo, non parrebbe: forse uno su undici).

 

A Marchionne io voglio contrapporre la bella figura di Edoardo Agnelli (1954-2000), figlio dell'Avvocato, presumibilmente morto suicida (presumibilmente) saltando da un viadotto della Torino-Savona. Molti lo conoscono solo per un fattaccio di spaccio di droghe a Malindi, nel 1990, vicenda in cui fu assolto. Edoardo Agnelli non fu né drogato, né disadattato, né fallito, nulla di tutto questo e neppure "incapace" negli affari. Al contrario fu un uomo profondo ed intelligente, un fine intellettuale, studioso delle religioni e specialmente dell'Islam sciita. Criticò molte scelte di famiglia e la civiltà industriale e incontrò personalmente Khomeini per parlare di Dio, non di cose terrene. In Iran, la sua figura -qua obliata- è ancora ricordata con grandissimo rispetto. È sbagliato pure metterla in termini marxiani e dire che fu "coscienza infelice" del Capitalismo. Edoardo Agnelli fu un Ribelle, con la "R"maiuscola , non un fondatore di ideologie contrapposte a quella del suo ambiente. Non elucubrò teorie marxiste, socialiste, utopie, astrattismi e né tantomeno cadde in atteggiamenti bislacchi da enfant gaté annoiato. La storiaccia di Malindi infatti venne ben presto chiarita o comunque si trattò, forse, di uno scivolone, in cui tutti possono cascare, e non ebbe seguito. Edoardo Agnelli infatti dimostrò che si può avere una dimensione trascendente e spirituale pur crescendo in un mondo materiale e nella spiritualità manifestò la sua ribellione. È per questo che oggi voglio ricordare non Marchionne ma questa figura troppo spesso dimenticata. Fu anche grazie ai suoi rapporti con l'Iran che la allora FIAT accarezzò l'idea di uno stabilimento nel Paese del Golfo, idea mai del tutto tramontata fino a ieri, oggi ormai impossibile con le nuove furie anti-persiane di Donald Trump. Una grande occasione perduta...