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Le regole del gioco dell'informazione

di Paolo De Gregorio - 17/08/2018

Le regole del gioco dell'informazione

Fonte: Paolo De Gregorio


Nel dibattito politico c’è un tema a cui ostinatamente non si vuole dare una risposta: si tratta della questione del primato della politica o di quello dell’economia.

La storia recente ha certificato che la vecchia politica si è dimostrata totalmente subalterna al “libero mercato”, senza indirizzi strategici su energia, infrastrutture, smaltimento rifiuti, acqua, salute pubblica. Si è lasciato ai privati campo libero con i risultati che vediamo (anche il ponte di Genova), perché quando ci si affida alla bieca legge del profitto non si sceglie a favore dei cittadini, ma si trascurano manutenzioni, si delocalizza all’estero, si affidano i rifiuti tossici alla camorra anche se si sa benissimo che ciò significa malattia o morte per molte persone.

I professori, con Monti, si sono affacciati al governo del paese, ma con tutta la loro scienza hanno solo peggiorato la condizione dei pensionati, aumentato i costi per curarsi, senza occuparsi nemmeno di lasciare una nuova legge elettorale che almeno non fosse incostituzionale.

Ma se è dimostrato che vecchia politica e tecnici hanno fallito e gli elettori il 4 marzo lo hanno confermato, bisogna pensare a dotare il “populismo” vincente, e il più presto possibile, di strumenti legislativi in cui il popolo (al quale la vecchia politica si rivolge con disprezzo) abbia a disposizione veri strumenti di democrazia, tipo il Referendum propositivo e una legge elettorale proporzionale che dia il premio di maggioranza al primo partito e vengano vietate le coalizioni.

La Lega e il M5S avrebbero entrambi il massimo interesse a fare un accordo in questo senso, prima che le differenze che esistono fra loro possano degenerare, mentre un accordo sulla legge elettorale avrebbe come prospettiva un sano bipartitismo, perché senza coalizioni è facile che si produca un effetto di fusione al posto della deleteria frammentazione prodotta da vecchie regole di spartizione del potere.

Far diventare i cittadini che pagano il canone Rai azionisti a tutti gli effetti di una “public company”, con il potere di eleggere il Presidente (quindi autogestione di un potere oggi abusivamente in mano ai partiti), ricorso più agevole e senza “quorum” a referendum sia abrogativi che propositivi, obbligo di discussione in aula di leggi di iniziativa popolare, anche con l’aiuto dalle nuove tecnologie che rendono possibile, consultazioni rapide e senza rischi di brogli, significa avviare un processo di crescita e di partecipazione (e di controllo) nella vita politica dei cittadini sempre meno sudditi, che porta sicuramente a forme di democrazia più avanzata.

Paolo De Gregorio