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‘La Repubblica’ dei cavalieri Gedi

di Alessio Mannino - 10/10/2018

‘La Repubblica’ dei cavalieri Gedi

Fonte: L'intellettuale dissidente

Come? Cosa? La Repubblica non è un partito? Così esclama il direttore Mario Calabresi, agitando la fiaccola della libertà di stampa, di pensiero, d’opinione, di critica, di dissenso, di fact checking, di tutto quel che vi viene in mente, anzi ma che dico?, della Libertà tout court – Libertè, Egalitè, Elitè (licenza poetica). E chi saremmo noi per non dargli credito e non stringerci a coorte pronti alla morte, officiando la solidarietà corporativa di rito, fra giornalisti che nonsono una casta, ma degli impavidi, l’ultimo baluardo contro l’incompetente regime del balconista Di Maio & compagni camerati?

Con che coraggio potremmo sottrarci al metaforico abbraccio coi cavalieri Gedi dell’editrice omonima, i colleghi che combattono, ultima trincea della democrazia, in nome della verità (“cos’è la verità?”, chiede lo scettico Pilato a Gesù, e la domanda rimane inevasa da duemila anni)? Quale bassezza chiaramente illiberale potrebbe indurci a eludere la lettura giornaliera di quella chiesa laica che è il New York Times de noantri, coi suoi dogmi e i suoi sacerdoti, i suoi anatemi e i suoi predicatori, primo fra tutti quell’uomo a forma di ditino alzato che è Saviano?

E infatti, non eludiamo. Ci mancherebbe altro. Apriamo dunque, putacaso ieri, il giornalone faro di civiltà e troviamo un’interessante intervista a Crispin Odey. E chi sarebbe?, chiederete voi che, non essendo habitué delle pagine repubblicane, siete anche un po’ ignoranti. Mr. Odey è un signore inglese che bazzica la City di Londra: gestisce appena 5,2 miliardi di euro del fondo finanziario che porta il suo nome.

Ebbene, a volte il destino ci mette lo zampino: il manager non corrisponde esattamente al profilo del finanziere ideale, per i nostri paladini del Bene, perché si dà il caso che sia favorevole alla Brexit. Già qua avrebbero dovuto drizzare le antenne, prima di imbandirgli un’intervista. Ma chissà, sarà stata la distrazione, sarà stata l’eterodossia dell’autore del pezzo, sarà stato un empito di pluralismo – principio sacro che riempie editoriali ed inchieste del nostro tabloid preferito – il simpaticone ti rifila una serie di destri, ganci e pugni, al Credo europeista e anti-populista, unico e obbligatorio altrimenti taaac scatta la fatwa, che neanche quel grandissimo figlio di buona donna di Nigel Farage ai bei tempi.

Nigel Farage ai bei tempi

Sentiamo che dice Odey:

i livelli di vita di molti europei calano dagli anni ’90, e Bruxelles non fa niente, a parte ampliare sempre più il sistema di potere e controlli. Non può stupire se i governi, ribadendo il primato della politica, cercano di fare leggi per i loro elettori.

Certo, il Def di quei demagoghi là, quei puzzoni di grillini e leghisti, è un errore, Piazza Affari ora è uninvestible, però, che diamine, bisogna fare i conti con la realtà. E la realtà è questa:

dopo decenni di gerontocrazia è iniziata la rivoluzione dei nipoti. (…) La finanza, che danni prospera sul corporatism, capitalismo relazionale centrato sulle grandi aziende, ha perso il diritto di lamentarsi. (…) Solo dopo due recessioni gli italiani hanno sentito quanto era stretta la giacca indossata con l’ingresso nell’Ue, a vantaggio dei governi ma non dei cittadini. (…) Mi ha sorpreso il fatto che gli italiani abbiano subito una caduta ventennale del potere d’acquisto senza creare disordini di piazza.

Praticamente, un comizio di Salvini. Con finale rossiniano:

L’ingresso nell’euro è stato un banchetto per la politica, e una pena per il settore privato trovatosi a competere con le aziende tedesche. La crisi del 2011 ha poi accelerato gli effetti: produttività in calo e aumento del costo del lavoro, proprio mentre l’Asia entrava nel Wto. Di qui la rabbia tra la gente che come a Londra dice “voglio uscire dall’euro, non importa se divento più povero, almeno sarò più libero”.

Boom. Meglio di così, non potrebbe dirlo neanche il sovranista più satanico. Rep., salda guardiana della Repubblica fondata sul lavoro e sulla sovranità che, almeno così si dice, appartiene al popolo, riassume tutto nel seguente titolo:

L’Italia ora è in rivolta e ai nostri fondi non conviene investire.

Per forza: finché governano questi barbari che non conoscono né dio né Spread né buone maniere, il messaggio non può essere che uno: l’Italia è appestata, via da lì, mettiamo al sicuro i nostri miliarducci e le nostre masserizie, in attesa della Caduta che, vedrete, arriverà – e senz’altro grazie all’eroica battaglia democratica, laica e antifascista di un certo organo mediatico. E il resto della disamina? In fondo al catenaccio:

Ma quanti errori dall’euro in poi.

Eh già, signora mia, quanti errori. Così tanti che è meglio lasciarli intravedere a quei pochi che vanno a leggersi il testo.

Ecco, un giornale libero è così: pubblica anche le opinioni contrarie alla propria linea politico-editoriale. Non lo dicevamo all’inizio, che Repubblica è la libertà fattasi giornale? La faziosità pregiudiziale, lo snobismo patologico, l’arroganza intellettuale, la sindrome da monopolio del Verbo (quest’ultima malattia in comune, sia ben chiaro, con certi altrettanto schierati omologhi di destra) non allignano affatto qui, nossignori, ma quando mai. Scherzate? Nel tempio della virtù? Il cui piissimo Fondatore, sant’Eugenio Scalfari il Quinto Evangelista, ci dona ogni domenica il lievito della Verità! Ma su, siate seri e raccoglietevi in preghiera:

kyrie eleison (ora pro nobis),

santa mater (ora pro nobis),

mater veneranda (ora pro nobis),

sancta Maria mater dei (ora pro nobis),

mater purissima (ora pro nobis),

mater divinae gratiae (ora pro nobis),

mater benedicta (ora pro nobis),

mater nostra sanctissima (ora pro nobis)…

E noi, come quel populista del sor Marchese alias Gasperino il Carbonaro ubriaco fradicio, sprofondammo sulla sedia ronfando della grossa… Grazie, vigna del Mascherone.