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La provocazione di Kerč’: cause e conseguenze

di Rostislav Iščenko - 26/11/2018

La provocazione di Kerč’: cause e conseguenze

Fonte: SakerItalia


La provocazione di Kerč’ – cause e conseguenze
Quando in estate due navi delle Forze Navali Ucraine passarono attraverso lo Stretto di Kerč’[in inglese], Kiev cercò di convincere tutti che era avvenuta un “eroico sfondamento”. Ma divenne subito chiaro che gli “eroi”, in piena conformità con le richieste e le regole russe, informarono in anticipo del loro passaggio, chiesero il permesso e un pilota marittimo, e in generale presero tutte le precauzioni possibili.

Allora la “vittoria” non ci fu. Ma questo non significa che l’idea venne rifiutata. E così a novembre le forze navali ucraine hanno effettivamente compiuto un vero sfondamento [in inglese].

Qual è l’idea dietro le provocazioni ucraine?

In primo luogo, Kiev desidera creare un precedente del libero passaggio delle sue navi da guerra attraverso lo Stretto di Kerč’ senza ottenere il permesso russo, cosa che confermerebbe i presunti diritti dell’Ucraina su queste acque, e allo stesso tempo confermerebbe le sue pretese sulla Crimea. Dopotutto, l’Ucraina può avere il diritto di navigare liberamente attraverso lo stretto solo se le appartiene la Crimea.

In secondo luogo, Kiev sa che la Russia può contrastare il passaggio delle sue navi. In questa opzione per Kiev è auspicabile un conflitto armato. In tal caso l’Ucraina può fare appello alla comunità mondiale e indicare “l’aggressione russa”, della quale le sue navi e marinai sono diventati “vittime innocenti”.

Perché Kiev ha bisogno di fare questo?

L’Ucraina ha bisogno dell’internazionalizzazione del conflitto nel Mar d’Azov. Sta perdendo lo scontro iniziato con l’attacco di pirati ucraini al peschereccio “Nord”. Allo stesso tempo, contrariamente alle speranze del governo di Kiev, la Russia opera rigorosamente nel quadro del diritto internazionale. Nella realtà, né gli Stati Uniti né l’UE hanno una ragione formale per intervenire nel conflitto. Ecco perché tutte le loro dichiarazioni sembrano un avvertimento contro un’ulteriore escalation. È proprio per questo motivo che la Russia non ha bisogno di un’ulteriore escalation, ma è necessaria per l’Ucraina. Kiev, che ha perso la crisi dell’Azov, ha bisogno della mediazione internazionale per spremere concessioni dalla Russia. Sparatorie, navi affondate e marinai morti sono infatti ciò che è necessario allo scopo di motivare tale mediazione. Le attuali norme del diritto internazionale legalizzano l’intervento di qualsiasi paese al fine di prevenire o fermare un conflitto militare. L’Ucraina vuole ottenere una posizione politica vantaggiosa tramite qualche spargimento di sangue tra i suoi marinai. Kiev ha smesso di avere compassione per la sua gente molto tempo fa.

In terzo luogo, poiché la Russia non sarà la prima ad utilizzare le armi contro quelle che l’Ucraina chiama pateticamente le sue Forze Navali, Kiev tenta di accusare Mosca di violare il diritto marittimo internazionale.

In realtà, la convenzione sul diritto marittimo sancisce il diritto di passaggio per le navi da guerra attraverso le acque territoriali di un altro stato. Questo si chiama “diritto di libero passaggio”, e per la sua attuazione è sufficiente una semplice notifica. È come se l’Ucraina avesse ragione, ma in realtà questa stessa convenzione sancisce il diritto di ogni Stato di chiudere le sue acque territoriali, qualsiasi loro zona, temporaneamente o costantemente, al “libero passaggio” o di introdurre altre restrizioni di questo tipo. Questo è esattamente ciò che ha fatto la Russia nello Stretto di Kerč’, per rendere sicura sia la navigazione che il Ponte di Crimea, che fonti ufficiali e semi-ufficiali ucraine hanno minacciato di distruzione più di una volta [in inglese]. A proposito, gli Stati Uniti una volta hanno cercato di entrare nelle acque territoriali dell’URSS vicino a Sebastopoli, motivando anche le loro azioni con il “diritto al libero passaggio”. All’epoca finì con una motovedetta sovietica che speronò una nave da combattimento americana. Quindi ci sono già stati dei precedenti.

In questa situazione è avvenuto proprio il passaggio estivo delle navi ucraine attraverso lo Stretto di Kerč’, con l’osservanza di tutte le regole che indeboliscono la posizione del governo a Kiev [in inglese]. Di fatto, l’Ucraina stessa ha riconosciuto il diritto della Russia di introdurre restrizioni al passaggio di navi e vascelli attraverso lo Stretto di Kerč’, avendo obbedito a queste regole in estate. Ecco perché gli isterici di oggi sul fatto che è stato nuovamente richiesto di osservare queste stesse regole non sembrano convincenti.

Ma il governo di Kiev, e più precisamente Poroshenko, senza l’ordine diretto del quale questa provocazione non avrebbe avuto la possibilità di avvenire, non ha bisogno di dimostrare la sua posizione. Ha bisogno che la Russia sia la prima ad usare le armi contro le sue forze navali. Solo questo dà la possibilità di appellarsi alla comunità internazionale con una richiesta di protezione dall’aggressione.

A proposito, la dichiarazione della Mogherini, che minaccia direttamente Mosca di sanzioni se la situazione nell’area marittima di Azov si acuirà, avrebbe dovuto dare a Poroshenko più fiducia. La situazione ricorda molto l’agosto 2008 in Ossezia del Sud. Allora anche Condoleezza Rice accennò a sostenere il regime di Saakashvili in caso di guerra con la Russia. A proposito, non penso che gli americani abbiano mentito. Semplicemente il “georgiano meraviglioso” non riuscì a dimostrare di essere stato attaccato dalla Russia, il cui esercito entrò nel territorio dell’Ossezia del Sud e iniziò la “coercizione alla pace” il giorno dopo che i georgiani iniziarono operazioni militari contro la milizia osseta e le forze di pace russe. I focosi ragazzi del Caucaso diventati euforici a causa del permissivismo, hanno ammesso molte volte in diretta TV di aver bombardato i quartieri residenziali di Tskhinvali con lanciarazzi multipli e artiglierie, e hanno ammesso che sono stati proprio loro ad iniziare le operazioni militari. Dopo questo l’Occidente, nonostante tutto il suo desiderio, non ha potuto fingere che la Russia fosse colpevole.

Oggi molte regole e norme che governavano segretamente le relazioni tra superstati durante l’era della Guerra Fredda non sono più in vigore oggi. Ma almeno una di esse lo è ancora. Se il tuo esercito è stato colpito e ha subìto perdite, allora puoi anche polverizzare l’attacco nemico, e nessuno interferirà, perché se oggi ti è vietato rispondere, allora domani i soldati, le navi e gli aerei di Stati Uniti, Francia, e Gran Bretagna cadranno vittima degli attacchi  di alcuni “partigiani”. E anche loro non saranno in grado di fare nulla.

Ecco perché il “mondo civilizzato” non ha interferito schierandosi con la Georgia, che ha ucciso le truppe di pace russe durante la guerra dell’8.08.08. Ecco perché la Turchia, che abbatté un aereo russo, si trovò improvvisamente isolata. Mentre bombardava le truppe siriane oltre il confine, l’Occidente era pronto a rispondere a qualsiasi azione della Russia. Ma aprì per primo il fuoco contro la Russia, e Mosca acquisì il diritto di rispondere. Un’altra cosa è che, invece di farsi coinvolgere in una costosa guerra insensata, la Russia riuscì, con l’aiuto di sanzioni economiche e azioni diplomatiche competenti, a rendere la Turchia un alleato, anche se temporaneo. Ma l’Occidente chiarì ad Ankara che se la Russia avesse risposto militarmente, la NATO non sarebbe stata dalla parte della Turchia, poiché era stata la prima ad attaccare – cioè, non poteva essere considerata vittima di un’aggressione.

Ed è qui che si trova la linea sottile, che l’Ucraina deve osservare durante le sue provocazioni e che non dovrebbe attraversare in nessuna circostanza. Desidera molto un piccolo conflitto armato nell’Azov o nel Mar Nero, e per averlo è pronta a sacrificare una parte dei suoi mezzi navali, o anche l’intera flotta. Ma non può essere la prima a sparare, perché poi la Russia acquisirà il diritto di rispondere. E l’Occidente è già abituato al fatto che le risposte della Russia sono così fulminee e inaspettate (asimmetriche) che mentre si stanno ancora preparando trasmissioni in diretta e si scrivono editoriali d’accusa contro Mosca sull’uso sproporzionato della forza, si scopre che già non c’è più nessuno da salvare, e che c’è bisogno di affrontare la nuova realtà.

Ecco perché Poroshenko, ovviamente, desidera fortemente provocare un conflitto militare limitato con la Russia. Ha bisogno del conflitto sia per ricevere sostegno internazionale sia per rafforzare la sua posizione all’interno del paese (tentativi di mobilitare gli elettori attorno al comandante in capo per “respingere l’aggressione”, o se comunque non lo sostengono, di avere un motivo per annullare le elezioni). Ma Poroshenko è limitato dalla condizione dell’impossibilità di un attacco formale effettuato da personale militare ucraino contro le truppe o i mezzi della Federazione Russa. Una provocazione o anche un atto di terrorismo, la responsabilità del quale Kiev non si assumerà, è una cosa, ma un’aggressione aperta e armata contro la Russia è una cosa completamente diversa.

Il pericolo di questi giochi è che prima o poi i nervi di qualcuno tra i militari ucraini possono non solo sfilacciarsi, ma sicuramente logorarsi, e quindi risuoneranno gli spari. Dopo questo Volker, la Mogherini e altri “amici dell’Ucraina” faranno finta di essere solo di passaggio, e Poroshenko non avrà nemmeno il tempo di mangiarsi la cravatta.

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Articolo di Rostislav Iščenko pubblicato su Stalker Zone il 26 novembre 2018
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.