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Le fiabe, frammenti di un mondo perduto

di Enrica Perucchietti - 11/12/2018

Le fiabe, frammenti di un mondo perduto

Fonte: unoeditori


Narrazioni sopravvissute agli stessi popoli che le avevano generate, censurate ed epurate dalla cultura cristiana prima e da quella illuministica, trasformate in racconti per l’infanzia

Per la nostra mentalità moderna e globalizzata, la fiaba è un racconto fantasioso per i bambini, che evoca le ambientazioni e i personaggi zuccherosi e stereotipati della cinematografia di Walt Disney.
Lo scrittore e mitologo Paolo Battistel nel suo ultimo libro, La vera origine delle fiabe (Uno Editori), spiega invece come le fiabe (da non confondersi con le favole che sono semplici racconti allegorico-morali) siano molto più antiche di quello che immaginiamo e nascondano un volto segreto: sono ciò che rimane di antichi miti precristiani diffusi in Europa durante l’antichità e il Medioevo. Queste narrazioni sopravvissute agli stessi popoli che le avevano generate vennero censurate ed epurate dalla cultura cristiana prima e da quella illuministica poi trasformandole in seguito in racconti per l’infanzia.
Le fiabe sono dei racconti millenari, antichi quanto l’uomo stesso, moralizzate dall’avvento della borghesia e scacciate a forza dalla nostra società moderna. Fiabe famose come Biancaneve, o Cappuccetto Rosso, se analizzate attentamente, ci svelano miti affascinanti e arcaici che narrano di regine malvagie capaci di sacrificare la propria figlia per raggiungere l’immortalità o ci mostrano uccisioni rituali nella foresta in cui la giovane sfortunata doveva indossare un lungo manto rosso sangue.


Fu grazie ai fratelli Jacob e Wilhelm Grimm, che passarono tutta la vita a raccogliere e studiare le fiabe, che abbiamo una fusione delle molteplici versioni della stessa storia in un’unica fiaba: la loro ricerca era volta a raggiungere un racconto che fosse più vicino possibile alla ur-form della fiaba, cioè alla forma originaria della fiaba. La raccolta delle fiabe dei Grimm, pubblicata per la prima volta nel 1812 (e a cui seguiranno ben sette versioni successive), rese evidente che sotto le ceneri del mondo moderno, rinchiuso in schemi scientifici e razionalistici, era imprigionato l’antico eco di questi ricordi ancestrali. In esse batteva il cuore delle origini ancestrali della cultura e le radici dei popoli che le avevano tramandate.
In pochi anni vi furono raccolte nazionali di fiabe che, seguendo le direttive metodologiche dei fratelli Grimm, misero in evidenza un’enorme quantità di temi ricorrenti che in qualche modo scolpivano in modo chiaro quali fossero le vere origini dell’essere umano e quali fossero i suoi più autentici bisogni. Le fiabe erano rinate e la società civile figlia dell’illuminismo si trovò per la prima volta a scorgere la forte luce che emanavano queste antiche storie.


Il desiderio dei fratelli Grimm dovrebbe valere come lezione: il loro scopo era “far rinascere il popolo” ridandogli la linfa con cui si era alimentato per secoli. La società moderna aveva strappato dalla terra il popolo privandolo delle sue radici e i Grimm desideravo reinserirlo nel suo luogo naturale ridando le radici a colui che era “perduto” nella modernità del pensiero scientifico e del profitto. Il loro desiderio di raccogliere (e analizzare) un variegato materiale orale che comprendesse leggende, racconti, proverbi, canzoni e saghe aveva la finalità di scrivere, attraverso questi testi, una storia dell’Antica Poesia tedesca dimostrando, in modo chiaro, che la cosiddetta poesia colta non era altro che l’evoluzione (e la caduta) della poesia popolare. In altre parole, la tanto osannata Kunstpoesie, la poesia colta scritta dagli intellettuali del tempo, non era altro che ciò che rimaneva dell’antico sapere tradizionale (contenuto nelle fiabe e nelle leggende) e cosa ancora più importate questa poesia moderna con cui si sollazzavano gli intellettuali e le classi ricche era stata l’artefice della frattura con le antiche radici pagane di quest’arte.
Il cosiddetto Rinascimento aveva sradicato la poesia dal suo luogo naturale, cioè la Terra, l’anima del popolo (il Volk), per trasformarla in un’arte per pochi, un esercizio di stile che accarezzava l’ego di chi la componeva e chi l’ascoltava. La Poesia Naturale (la Naturpoesie) composta di fiabe, leggende e canzoni sacre era stata rifiutata dalla nuova società e aveva trovato rifugio presso il focolare delle classi meno abbienti. Grazie ai racconti narrati davanti al fuoco dal popolo rurale la Poesie Naturale non era morta ma solo camuffata e degradata e i Grimm volevano ora farla rinascere.
Se il mondo moderno ha dimenticato le sue radici, il solo ricordo di esse arde ancora nelle fiabe. Le origini autentiche di queste narrazioni rinascono oggi con l’opera di Battistel: un testo prezioso da leggere e meditare per riscoprire e tramandare le radici autentiche della cultura millenaria che ci ha nutrito e accompagnato per generazioni.