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Il rappresentante che non voleva decrescere

di Miguel Martinez - 12/12/2018

Il rappresentante che non voleva decrescere

Fonte: kelebek

Leggo la sintesi mediatica di un affascinante rapporto Censis, che fotografa un’Italia che riconosco perfettamente.

Sintetizzo: è un paese in decrescita:

Il miracolo italiano è diventato un incubo. Non c’è più la speranza di migliorare, di crescere, e questo ha rotto il patto con la politica. Il 96% delle persone con un basso titolo di studio e l’89% di quelle a basso reddito sono convinte che resteranno nella loro condizione attuale, ritenendo irrealistico poter diventare benestanti nel corso della propria vita, rileva il Censis.”

Oggi “il 63,6% [degli italiani] è convinto di essere solo, senza nessuno che ne difenda gli interessi.

In questi anni, gli italiani hanno provato governi di ogni colore, e fa  piacere sapere che due su tre si siano accorti che il governo, di chiunque sia, fa più parte del problema che della soluzione. Berlusconi, Renzi, grillini, Francia o Spagna, qui non si magna.

In questo contesto compare una figura carismatica, quella di Matteo Salvini, l’uomo semplice, normale, che non sa indossare una cravatta, che ha la barba incolta.

Inviterei tutti a seguirne il profilo su Twitter: ha una capacità comunicativa davvero notevole, e sa spacciarsi per essere umano virtuale addirittura meglio di Matteo Renzi.

Poiché nessun governo può fare nulla per governare il caos planetario in cui viviamo, non direi né di sperarci né di temerlo più di tanto.

Qualcuno giustamente obietta che il tizio approfitta del fatto di essere ministro degli interni della repubblica italiana per fare invece il piacione su Twitter, ma siccome ormai nessuno di noi crede più ai ministeri, alla repubblica o all’Italia, non ne farei un dramma.

Però un pochino mi preoccupa, perché mi sembra di capire che Salvini sappia rivolgersi ai bisogni immediati di un tipo umano sempre più diffuso.

Marino Badiale, tempo  fa, colse un’importante verità: la sinistra dei nostri tempi è rappresentata dalla figura del ceto intellettuale subalterno.

Salvini ovviamente fa appello al polo opposto, e mi sono chiesto chi è.

Scartiamo le idiozie paranoiche di chi immagina che i tanti che si innamorano di Salvini siano avidi lettori di testi del primo Novecento sulla razza.

Il Salviniano Puro me lo immagino così.

Un Rappresentante, perché il problema principale di aziende che non servono a nulla è, come spacciare le loro merci inutili a chi ha già casa e garage strapieni e comunque è pieno di debiti, perché trasformino la loro robaccia in rifiuti.

Il rappresentante è discendente di una miseria secolare, e sa che in ogni momento un errore, una disattenzione, può distruggere lui, il suo mutuo e tutta la sua famiglia. Basta anche un ritardo: nella sua genialità, Salvini ci ha messo pure, se ben ricordo, il limite di velocità a 150 chilometri orari sull’autostrada.

Il rappresentante ha difetti, e anche virtù. In fondo è un realista, e questo è in linea di principio positivo in tempi di fuffa virtuale.

Ha capito benissimo che l’Italia è messa male, e non può certo mantenere pure l’Africa dove ogni dodici giorni nascono un milione di nuovi potenziali migranti.

Lo striscione che si vede nelle tuittate di Salvini, “LA PACCHIA E’ FINITA“, coglie -involontariamente – l’essenza dei nostri tempi.

Magari lui vorrebbe solo dire che non ci sono più soldi per dare telefonini ai clandestini. Io penso anche a situazioni di inestricabile complessità, di gente che gente che non sa domani come farà a campare.

Ma se la frase la capiamo tutti, è perché sappiamo in qualche angolo del nostro cervello che persino in Cina, la pacchia è finita e sta arrivando la resa dei conti dell’intera civiltà occidentale, che poi ha distrutto l’unico pianeta abitabile noto.

Il problema è che il Rappresentante ha un orizzonte temporale molto breve.

Difficile dargliene colpa, visto che il massimo che può sperare è di firmare un contratto tra una settimana o due e tra un viaggio e l’altro, non ha di solito il tempo per leggere le riflessioni di Helena Norberg-Hodge, che magari condiverebbe. Perché capirebbe finalmente che la crisi ecologica, la crisi lavorativa e quella identitaria e psicologica, sono una sola.

Ma il Rappresentante, che alla fine accede solo ai media di massa, è tragicamente insensibile al vero motivo per cui la pacchia è finita.

Il Rappresentante si ferma alle due di notte all’autogrill per comprare un orrendo regalo di plastica cinese per suo figlio, ma non può pensare che tra quindici anni suo figlio camminerà come uno zombie, senza lavoro, in mezzo a un mare di rifiuti, sempre che trovi da mangiare in un pianeta devastato dall’agricoltura industriale.

Il Rappresentante non può permettersi di questi dubbi.

Il Rappresentante poi è solo: alle 2.32 mentre butta il bicchierino di plastica del caffè all’autogrill, riflette per un istante sul fatto che non può fidarsi di nessuno, a parte forse (forse) gli stretti familiari.

Per questo, il salvinismo, con la scusa della legalità, rischia di annientare tutti quelli che invece fanno qualcosa insieme, in comune, e che alla fine sono l’unica risposta possibile alla catastrofe che stiamo vivendo.

Attenti alla sequenza.

Il rappresentante ha molte virtù.

Non divinizza lo Stato.

Intuisce che il male sta nella globalizzazione.

Ma siccome non è un gran teorico e ha un appuntamento a Bologna tra mezz’ora ed è stanco morto, identifica come nemico quello che ha abolito la plastica cinese e tiene in piedi una piccola comunità autogestita, e gli invoca contro la forza dello Stato.

Per questo oggi considero Salvini il politico più pericoloso d’Italia.

Però Salvini non è solo: non sarebbe ciò che è, se non gli dessero una mano altri.

Leggo che “Ungheria e Polonia ce l’hanno con gli omosessuali“.

Anzi, “dicono no a LGBTIQ”, dove la Q finale sta sia per queer che  per questioning.

Mi chiedo, uno, se sono un questionoso anch’io, magari non sessuale ma in tanti altri campi; e due, e se lo sono, non mi merito forse una Q tutta per me, da non condividere con i queer?

Poi scopro che lo scandalo sarebbe questo: Ungheria e Polonia si sarebbero rifiutati di sottoscrivere un testo che impegna i paesi europei a

“support young people in strengthening their digital competences and self-confidence in using digital technologies as well as in improving their online and social media literacy by … taking steps to create and support an inclusive, safe and non-discriminatory online space for all … including young people of low socio-economic status, young people from ethnic minorities including Roma, young persons with disabilities, young people in rural areas, young people with a migrant background and young LGBTIQ persons.”

Traduzione dall’inglese: l’Unione Europea deve sostenere le contadine zingare sessualmente questionose e disabili a sentire che quando vanno su Facebook nessuno le prende in giro; e mentre comprano l’ultimo modello di Iphone di Apple per postare i selfie, devono pensare a Casa Zuckerberg come uno “spazio non discriminatorio“.

Sono i momenti in cui da una parte, capisci perfettamente i Rappresentanti, dall’altra ti chiedi perché invece di prendersela con le contadine zingare lesbiche, che se esistono saranno innocue quanto le nostre oltrarnine, non buttano via lo smartphone, che sarebbe un atto di ribellione più serio.

 

 

Fonte: http://kelebeklerblog.com/