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L'opportunità di una moneta complementare

di Davide Barbi - 25/01/2019

L'opportunità di una moneta complementare

Fonte: Il Talebano

Regione Lazio, comune di Napoli, Roma Capitale, sono solo alcune delle istituzioni locali che dal 2009 ad oggi hanno adottato o ipotizzato l’adozione di valute complementari come misura di sostegno all’economia. L’ultima in linea temporale è stato il comune di Cosenza, che agli inizi di gennaio ha lanciato il Bruzio, un conio alternativo destinato a sostenere misure di welfare locale e marketing culturale.
Eventi come questo dimostrano quanto il fascino delle monete complementari abbia attecchito nel nostro paese più che altrove, aprendo la strada a modelli alternativi di convivenza economica.
Per definizione una valuta complementare è un sistema di mutuo credito con cui è possibile scambiare beni e servizi senza l’intermediazione del denaro ufficiale. Queste valute non hanno corso legale, sono accettate su base volontaria e sono caratterizzate da una forte connotazione localistica e comunitaria. Il primo esempio di questo genere si ebbe quando nel 1934 nacque a Zurigo la cooperativa Wir (abbreviazione di Wirtschaftsring, letteralmente “circolo economico”), ispirata alle idee dell’economista Silvio Gesell e nata per rispondere alla carenza di liquidità indotta dalla crisi del 1929.

Sardex e i suoi fratelli
L’esperienza di maggior successo in termini di monete complementari in Italia è, sia per longevità che per diffusione, senza dubbio il Sardex. Nato nel 2009 nel paesino campidanese di Serramanna, ad opera di quattro imprenditori locali, il suo funzionamento permette di comprendere appieno la logica di fondo del modello.
Si tratta di un’unità di conto virtuale, con un tasso di conversione alla pari con l’euro, nella quale è possibile registrare transazioni. Ogni impresa associata al circuito possiede un conto in Sardex il cui avanzo o disavanzo cresce nel momento in cui vengono scambiati beni e servizi in valuta complementare con le altre imprese aderenti. Le posizioni di avanzo o disavanzo possono essere saldate commerciando con qualsiasi altra impresa partecipante, spostando gli scambi da una base bilaterale ad una multilaterale, il tutto sotto la supervisione di intermediari (i fondatori) che vigilano sul generale equilibrio del sistema e svolgono un minimo di selezione sulle imprese volenterose di associarsi.
La logica di fondo è quella di svuotare la valuta della sua funzione di riserva di valore. Il sistema non prevede interessi, pertanto anche chi si ritrovasse con una posizione di credito nei confronti della comunità, e non solo i debitori, sarebbe incentivato a disfarsene per acquisire beni e servizi.
La fiducia è al tempo stesso il cardine e il segreto del successo della formula Sardex. Oggi il valore annuo degli scambi ha raggiunto i 350 milioni di euro, con un giro d’affari che coinvolge 4000 imprese. L’importanza di questa esperienza è stata tale da renderla un caso di studio presso alcune delle più prestigiose business school del mondo, come la LSE, ed è frequentemente citata dagli economisti dell’Università Bocconi Massimo Amato e Luca Fantacci, tra i massimi esperti italiani di valute complementari.
Sardex è stato emulato nel tempo da altre esperienze quali il Tibex in Lazio, introdotto nel 2013 e dalle varie forme di monete locali, ad oggi presenti su un arco di 11 regioni dalla Valle d’Aosta alla Campania.
Da due esempi storici una lezione per uscire dalla crisi
Le basi teoriche del successo di Sardex, ossia la multilateralità degli scambi e la disintermediazione del denaro ufficiale, vanno ricercate oltre che nel già citato Gesell, anche nelle teorie di matrice keynesiana che hanno caratterizzato parte dell’economia mondiale dopo il 1944.
L’idea di un sistema di credito che non prevedesse trasferimenti di valuta convenzionale fu infatti il fulcro della proposta di John Maynard Keynes per la ricostituzione di un sistema finanziario mondiale in grado di sostenere un’efficace ripresa degli scambi a livello internazionale e, tramite essa, la ricostruzione delle economie nazionali dissestate dalla guerra.
In questo caso a rivestire il ruolo di valuta alternativa era il bancor, un’unità di conto internazionale, non convertibile in oro o in dollari, utilizzata per quantificare crediti e debiti commerciali su base multilaterale, con forti incentivi per i creditori di disporre dei loro crediti.
Il piano di Keynes venne accantonato dalle delegazioni riunitesi a Bretton Woods, in favore di quanto sarebbe divenuto noto con la denominazione di gold exchange standard o gold dollar standard, ma la bontà di quell’idea sarebbe stata provata da un’altra esperienza storica, quella della European Payments Union (EPU), attiva in Europa dal 1950 al 1958.
Nata con l’obiettivo di dare alle nazioni europee sconvolte dalla guerra un modo per riprendere a commerciare tra loro in carenza di liquidità, l’EPU funzionava come un circuito che riuniva tutti i paesi europei, verso il quale ogni paese manteneva un conto, il cui avanzo o disavanzo anche in questo caso cresceva all’avvenire di uno scambio di beni e servizi con le altre nazioni. L’innovatività di questo sistema, che non prevedendo trasferimenti di valute nazionali rendeva gli scambi liberi dai vincoli imposti dalla carenza di monete nazionali, permise alle nazioni europee di ricostruire le proprie economie, favorendo in particolare paesi esportatori come Italia e Germania.
Cosa possiamo trarre dall’esempio di queste esperienze storiche e dal successo di Sardex? Innanzitutto le monete complementari hanno dimostrato di essere un ottimo mezzo per uscire da situazioni di impasse legate alla carenza di liquidità in valuta convenzionale. Non è casuale che sia Wir che Sardex siano nati in contesti post crisi.
Il concetto chiave di questa innovazione economica è dato dalla circolazione del credito: se in un sistema convenzionale detenere ricchezza è qualcosa di desiderabile per gli interessi che ne derivano, le monete complementari al contrario non remunerano in alcun modo i possessori di un credito, incentivandoli a disfarsene per acquisire beni e servizi, e al contempo mantenendo l’intero sistema in equilibrio. In questo modo, incentivando gli scambi, si contribuisce alla crescita economica del sistema nel suo complesso e dei suoi partecipanti.
L’Italia è divenuta leader nel settore delle valute complementari grazie alle peculiarità del suo sistema economico e sociale. Nel nostro paese il 95% delle imprese ha meno di 10 dipendenti e il numero di liberi professionisti è pari al doppio dei paesi comparabili. Queste categorie, tra le più investite dalla crisi, hanno trovato nel mutuo credito e nella fiducia reciproca un modo per beneficiare del loro eccesso di capacità produttiva, uscendo dalle limitazioni imposte dal credito tradizionale. Oggi Sardex ha recentemente aperto il proprio circuito ai privati, e sta da anni cercando di dialogare con le istituzioni territoriali, che possa essere il vettore di una nuova ripresa?