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Viva Povera Patria!

di Matteo Brandi - 29/01/2019

Viva Povera Patria!

Fonte: Matteo Brandi

La sera del 25 Gennaio 2019, poco prima di mezzanotte, è andata in onda la prima puntata di Povera Patria. Una data che rimarrà uno spartiacque nella storia della tv pubblica italiana.
In questi ultimi anni abbiamo visto nascere e morire decine di talk-show. Nonostante i nomi dei programmi e dei conduttori cambiassero, si è sempre avuta la sensazione di guardare lo stesso, identico show.
A parte rare eccezioni, solitamente soppressi (come La Gabbia), il talk-show base italiano ha sempre offerto la medesima solfa. Quale? Conduttore adepto del pensiero unico globalista, servizi orientati in tal senso, ospiti non allineati messi in minoranza e ricoperti di fango, ospiti allineati accolti con riverenza. Una schifezza alla quale ci hanno abituati, spacciata ogni volta per civile ed illuminata disamina dei fatti. L’abisso di servilismo e conformismo è stato raggiunto da La7, un canale divenuto inguardabile per chiunque coltivi il dubbio.
E la Rai? Non è stata da meno. Agorà, #cartabianca, Porta a Porta, Mezz’ora in più, Che Tempo che Fa… una sfilza di salotti permeati dalla stessa visione di mondo dipinta come imprescindibile. Covi di serpi pronte ad avventarsi sulle voci dissonanti, con domande tese esclusivamente ad affibbiare etichette e suscitare paure irrazionali nello spettatore.
Carlo Freccero ha voluto rompere questa vergognosa tradizione. La sua Rai2 ha cominciato a prendere forma. Dapprima con un Tg che non fosse un pamphlet del Nazareno, poi con il talk Povera Patria.

Di cosa si tratta?
La trasmissione
Sulle note della splendida canzone di Battiato (il nome è già un guanto di sfida ad una certa isteria anti-nazionale), mentre scorrono le immagini di splendide opere d’arte italiane, si accendono le luci su uno studio semplice. Una lunga scrivania in vetro al centro e impalcature con schermate sullo sfondo. Ad un capo della scrivania, ad affiancare la conduttrice Annalisa Bruchi, troviamo Aldo Cazzullo, Alessandro Giuli e Alessandro Poggi. Dall’altra parte si succedono i due ospiti principali della serata: Matteo Salvini e Paolo Savona. Le altre voci sono del cardinale Gualtiero Bassetti, Paolo Becchi, Nicola Fratoianni e Giorgio Mulé.
Detta così, non sembrerebbe nulla di eccezionale: un susseguirsi di opinioni, domande, risposte e interventi. Basta tuttavia attendere pochi minuti per capire che ci si trova dinnanzi a qualcosa di meravigliosamente insolito. Non c’è quella cappa ideologica che soffoca tante altre trasmissioni. Quella del There Is No Alternative. Quella del “sentiamo il pericoloso populista come intende risolvere un problema che non c’è e cambiare un sistema che va benissimo”.
La conduttrice non trasuda la bile che rende le Gruber e i Fazio insopportabili. O la supponenza che trasforma i Formigli e i Floris in ridicoli inquisitori. O l’ostilità di chi difende uno schieramento politico/ideologico a prescindere dai fatti che si ritrova in molti conduttori, dall’Annunziata fino alla Berlinguer e via dicendo. Il confronto è tutto sommato pacato. Ognuno riesce a dire la sua e l’intervista finale, pur non condividendone personalmente i contenuti, è piacevole.

Il primo tabù
Ma la svolta più eclatante sta nei temi trattati. Qui accade qualcosa di inaspettato. Viene lanciato un servizio che, tramite una semplice infografica, tocca l’argomento tabù per eccellenza: la natura del Debito Pubblico. Il quale viene mostrato non come divina spada di Damocle, non come colpa blasfema degli italiani, bensì come l’effetto di precise scelte politiche ed economiche.  Viene citato il nefasto divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro avvenuto nel 1981, ad opera di Andreatta e Ciampi. Ovvero l’inizio della perdita della sovranità monetaria e del controllo sul debito pubblico stesso. Una scelta suicida di cui paghiamo le conseguenze tutt’oggi.

Apriti cielo!
La reazione alla messa in onda di tale servizio è l’esplosione di rabbia incontenibile da parte dei pasdaran neoliberisti. Due minuti di disegnini animati fanno impazzire la “sinistra” finanziaria, gli europeisti anti-italiani e la claque lobotimizzata a seguito. Come si osa parlare in questi termini del debito pubblico?
I social sono presi d’assalto dalle mute di cani sguinzagliate per sbranare il dissenso. I giornaloni si apprestano ad urlare alla “fake news”. Immancabili arrivano le invocazioni alla lotta ai mulini a vento del totalitarismo sovranista. Trombettieri e giullari di corte, orfani del loro castello, strepitano in coro. Un sempre più imbarazzante Marattin (“signore con la barba che blatera” come l’ha giustamente apostrofato Mohamed Konare) fa una disamina del video appigliandosi a tutti i luoghi comuni dell’anti-sovranismo. La testa dell’eretico Freccero viene chiesta su un piatto d’argento.

Ma cosa è avvenuto?
Molto semplice: si è abbandonato il racconto fallace sul debito pubblico ripetuto come un mantra negli ultimi anni. La filastrocca la conosciamo tutti: lo Stato Italiano è come una famiglia che si è indebitata sperperando denaro ma è stata salvata da Sant’Europa da Bruxelles. Un’ignobile menzogna che usa la metafora (fuorviante) della famiglia senza soldi per colpire allo stomaco un intero popolo. E convincerlo di meritare politiche di austerity, privatizzazioni, cessioni di sovranità, tagli indiscriminati e un lento impoverimento. Una sorta di giusta punizione per una gestione dissennata dei propri denari, a differenza dei “virtuosi” vicini tedeschi e francesi. Insomma: la bugia regina, dalla quale si dipana tutto il resto del racconto europeista.
Povera Patria, in pratica, ha tolto il velo di Maya sulla vera natura del debito pubblico. E lo ha fatto senza neppure andare in profondità, dato che l’infografica fa un sunto a grandissime linee di quello che successe nel 1981. Se nelle prossime puntate l’argomento verrà approfondito ulteriormente, questa sarà la bomba atomica televisiva del 2019 (e non solo).

Il secondo tabù
E non finisce qui. Perché nella seconda metà della puntata viene lanciato un servizio sulla mafia nigeriana. Un altro tabù dei nostri giorni. Un pericolo in costante espansione, alimentato proprio dall’immigrazione scriteriata che ha contraddistinto gli anni passati. Un cancro che si sta espandendo in zone dove già operano le mafie nostrane. Riuscendo a prendere il controllo di interi paesi con una violenza inaudita. Soprattutto, un argomento spesso celato all’opinione pubblica per gli interessi economici legati al business dell’accoglienza, oltre a misere prese di posizione ideologiche.
Non si tratta di un argomento del tutto sconosciuto, tuttavia finalmente lo si pone come problema reale, serio, impellente. Lo si mette sul tavolo del confronto, finora riempito di patetismo e propaganda immigrazionista da quattro soldi.
Tutto questo avviene in simbiosi con l’approfondimento sul FrancoCFA andato in onda proprio su Rai2, in Night Tabloid. Mafia nigeriana e assenza di sovranità monetaria delle ex (ex?) colonie francesi. Due temi dirompenti che cestinano il semplicistico e bambinesco “scappano dalle guerre”, con cui una certa parte politica liquida il problema dell’immigrazione di massa.

Avanti così
A Carlo Freccero non posso dunque che fare i miei complimenti.
Nel giro di una manciata di giorni, la sua Rai2 ha girato la testa degli italiani verso un’altra prospettiva. E lo ha fatto con metodica convinzione, incurante delle reazioni dei nemici del pluralismo in tv. Anzi, proprio le urla scomposte di certi personaggi e di certi ambienti sono la miglior prova della bontà del progetto Povera Patria.
Gli attacchi saranno sempre più duri. Il fango arriverà a secchiate. L’idea che qualcuno inizi a narrare la realtà in modo dissimile dal passato fa imbestialire chi, proprio da quella narrazione, ha tratto maggior giovamento.
Confido nella tenacia di Freccero e nel rinnovato interesse del pubblico. Se il direttore di Rai2 saprà resistere e tenere la barra dritta, il suo lavoro getterà le fondamenta di una nuova tv.
Ho soffiato via la polvere dal tasto numero 2 sul telecomando. Cosa che ritenevo francamente impossibile. E invece ora mi ritrovo a canticchiare sottovoce:
Sì che cambierà, vedrai che cambierà…