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Sfidare la guerra e stabilire la pace in Afghanistan

di Kathy Kelly - 28/02/2019

Sfidare la guerra e stabilire la pace in Afghanistan

Fonte: SakerItalia

Il 27 gennaio 2019, i Talebani e il governo degli Stati Uniti hanno dichiarato pubblicamente l’accettazione, in linea di principio, di una bozza per i negoziati in corso che potrebbe culminare in un accordo di pace per porre fine alla guerra in Afghanistan, che dura da due decenni.

Man mano che apprendiamo di più sui negoziati, è importante ricordare che molti altri lavorano per il dialogo e la negoziazione in Afghanistan. Purtroppo, i leader dei diritti delle donne non sono stati finora invitati al tavolo dei negoziati. Molti hanno sfidato la potenziale persecuzione per far valere l’importanza di includere le donne in qualsiasi struttura che miri a creare pace e a rispettare i diritti umani.

Una giovane studentessa laureata in medicina mi ha detto che è stata privata della scuola dall’avvento dei Talebani. “Se il governo non protegge i diritti fondamentali delle donne”, ha detto, “potremmo perdere l’accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione”.

“La guerra è stata avviata da uomini, perciò essa verrà conclusa da uomini”, un assistente di Rula Ghani, moglie del presidente Ashraf Ghani, ha recentemente dichiarato [in inglese] ad un reporter della Reuters. “Sono le donne e i bambini che soffrono di più, e hanno il diritto di contribuire a stabilire la pace”. Nel 2018, le Nazioni Unite hanno espresso allarme per l’aumento degli attacchi aerei da parte degli Stati Uniti e delle forze afghane, che ha causato un aumento del numero delle vittime fra le donne e i bambini. Durante la scorsa settimana di negoziati e anche durante i negoziati, attacchi e contrattacchi tra gli schieramenti in guerra hanno ucciso decine di civili, tra cui donne e bambini. Sia i Talebani sia gli Stati Uniti sembravano intenzionati a mostrarsi forti, dimostrando la loro intenzione di massacrare gli innocenti.

Un altro gruppo [in inglese] non presente al tavolo dei negoziati è il Movimento Popolare per la Pace. A partire dal maggio del 2018, hanno scelto un percorso che evita attacchi intenzionali, vendette o ritorsioni. Dopo gli attacchi mortali subiti nella loro provincia di Helmand, i promotori di questo movimento hanno camminato umilmente, a volte anche a piedi scalzi, per centinaia di chilometri, chiedendo alla gente di respingere [in inglese] l’intera “istituzione della guerra”. Hanno sollecitato la fine delle vendette e delle rappresaglie, e hanno invitato tutte le parti del conflitto a sostenere un processo di pace. I loro viaggi in tutto il paese sono diventati luoghi per udienze informali, permettendo alle persone di pensare collettivamente all’abolizione della guerra.

Noi statunitensi abbiamo molto da imparare dalle donne afghane che difendono i diritti umani e dal Movimento Popolare per la Pace, riguardo alla futilità della guerra.

Dal 2001, con una spesa di 800 miliardi di dollari, le forze armate statunitensi hanno causato perdite irreparabili e orribili in Afghanistan. I civili afghani hanno sopportato invasioni, occupazioni, bombardamenti aerei, attacchi di terra, guerra dei droni, sorveglianza estensiva, deportazioni, aumento dei profughi, degrado ambientale e la pratica della detenzione indefinita e della tortura. Come potrebbero i cittadini statunitensi sopportare anche solo una parte di questa sofferenza?

È ovvio che questa litania di sofferenza avrebbe portato ad un aumento della resistenza dei ribelli, al sostegno crescente dei Talebani e alla spirale della violenza.

Alla fine del 2018, persino un alto comandante militare, il generale dell’esercito Scott Miller, disse alla CNN che gli Stati Uniti non avevano alcuna possibilità di una vittoria militare in Afghanistan. Aveva dichiarato [in inglese] che la lotta sarebbe continuata fino a quando non ci fosse stato un accordo politico.

Il generale dell’esercito Danny Sjursen, autore eccezionalmente onesto, scrisse [in inglese] nel dicembre del 2018 che l’unica cosa rimasta da fare per l’esercito americano in Afghanistan era quella di essere sconfitto.

Il general maggiore Sjursen aveva ragione a riconoscere l’inevitabile sconfitta militare degli Stati Uniti in Afghanistan, ma c’è qualcosa in più che i cittadini statunitensi possono e dovrebbero fare. Vale a dire, pagare le riparazioni per 17 anni di sofferenza che abbiamo causato in Afghanistan. Questo è, come disse una volta il professor Noam Chomsky, “quello che qualsiasi stato civile farebbe”.

Alcuni potrebbero rispondere che gli Stati Uniti hanno già fornito oltre 132 miliardi di dollari per la ricostruzione in Afghanistan. Ma questa somma di denaro ha contribuito a migliorare le vite degli afgani sfollati e impoveriti dalla guerra? Penso di no.

Dal 2008, John Sopko, l’Ispettore Generale Speciale per la Ricostruzione Afgana, ha presentato rapporti quadriennali al Congresso degli Stati Uniti in cui vengono descritti i modi in cui: sprechi, appropriazioni indebite, frodi e abusi hanno costantemente provocato fallimentari sforzi di ricostruzione. Sopko e i suoi team di ricercatori e analisti hanno offerto al popolo degli Stati Uniti la possibilità di vedere loro stessi, come siamo percepiti da un sempre più cinico popolo afgano. Ma raramente abbiamo sentito parlare dei rapporti SIGAR [in inglese].
In effetti, quando il Presidente Trump ha sentito [in inglese] parlare di queste relazioni di controllo durante il suo primo incontro al Consiglio dei ministri del 2019, si infuriò e dichiarò che la loro diffusione avrebbe dovuto essere bloccata!

È significativo che il SIGAR sia stato preceduto dai rapporti SIGIR, (Ispettorato Generale Speciale per la Ricostruzione in Iraq), contenenti rapporti altrettanto critici, anch’essi in gran parte inosservati.

I cittadini statunitensi considerano spesso il loro paese come una nazione civile che va in guerra contro i tiranni demoniaci. Il dottor Martin Luther King ha dato una visione diversa. Ci ha esortato a vedere l’umanità degli altri, i cosiddetti nemici, e a chiederci come siamo visti dagli altri e quindi ad ottenere una necessaria comprensione delle nostre debolezze. Se potessimo ascoltare altre persone minacciate dal militarismo, incluso il nostro, se potessimo vedere come le nostre guerre hanno contribuito al terrorismo, alla corruzione e all’autoritarismo che ha trasformato gli Stati Uniti in uno stato in guerra permanente, potremmo trovare lo stesso coraggio che ispira persone coraggiose come in Afghanistan per parlare e resistere alla onnicomprensiva tirannia di guerra.

Potremmo trovarci guidati da una domanda etica essenziale: come possiamo imparare a vivere insieme senza ucciderci l’un l’altro? Se alla fine capiremo la terribile e sempre crescente urgenza di questo insegnamento, allora potremmo desiderare di essere dei vicini globali fidati che pagano umilmente i risarcimenti piuttosto che finanziare delle guerre infinite.


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Articolo di Kathy Kelly apparso su CounterPunch il  31 gennaio 2019
Traduzione in italiano di Diego per SakerItalia