Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L'inganno di spacciare l’Unione Europea per l’Europa

L'inganno di spacciare l’Unione Europea per l’Europa

di Paolo Becchi - 16/03/2019

L'inganno di spacciare l’Unione Europea per l’Europa

Fonte: Paolo Becchi

È importante distinguere l’idea di Europa dall’Unione Europea. L’idea di Europa ha una sua lunga storia, le sue origini si perdono nel mito, anche se la storia politica europea comincia con la fondazione delle grandi monarchie assolute, degli Stati nazionali.
Da questo punto di vista, l’Europa – almeno nell’epoca moderna – nasce con la formazione di quella nuova entità che è lo Stato, dopo la crisi e la fine della res publica christiana medievale e con essa dell’autorità della religione. «Silete theologi in munere alieno!», questa esclamazione di Alberico Gentile, alla fine del Cinquecento, rende bene l’idea dell’inizio del processo di secolarizzazione. E – non va dimenticato – i conflitti delle sanguinose guerre di religione saranno superati con la pace di Vestfalia (1648), che segna il punto di inizio di un ordine di Stati europei sovrani. Sovranità assolute esercitate su territori ben delimitati da confini. Nasce solo allora, per usare la ben nota espressione di Carl Schmitt, lo jus publicum europaeum, una grande invenzione dello spirito europeo, come nell’epoca antica lo era stato il diritto romano.
Da Hobbes sino almeno ad Hegel, lo spazio europeo sarà sempre filosoficamente pensato in termini statuali. Quando Jean Jacques Rousseau scrive che «non esistono più francesi, tedeschi, spagnoli, neanche inglesi; esistono solo europei», lo fa in realtà soltanto per incitare i polacchi a non sacrificare la loro identità nazionale. Oggi certo tutto questo sembra solo un ricordo di tempi lontani. Ma non dobbiamo dimenticare come, rispetto a ciò che l’Europa è stata, l’Unione Europea sia una esperienza piuttosto recente, una esperienza che rappresenta soltanto un momento di questa storia e non la sua conclusione.
I PADRI FONDATORI
L’Europa non è, dunque, l’Unione Europea di oggi. Se non si capisce questa distinzione, se non ricomincia da qui, non si comprende niente. Non solo. È anche falso pensare che l’attuale Europa politica nasca a Roma con i Trattati del 1957. I “Padri fondatori” – il france- se Robert Schuman, il tedesco Konrad Adenauer, l’italiano Alcide De Gasperi, tutti e tre condividevano la stessa fede cristiana -, avevano un’idea di Europa, certo discutibile, ma comunque molto diversa da quella poi tracciata a partire dal Trattato di Maastricht. Con i Trattati di Roma ciascuno Stato restava sovrano sulla moneta, sull’economia e sulle leggi, ma con un mercato comune. Quei primi trattati perseguivano in altre parole un’idea confederale di Europa: gli Stati nazionali infatti conservavano la loro sovranità originaria.
È a Maastricht, nel 1992, che nacque l’Unione europea, una vera e propria sovrastruttura ideologica, istituzionale e giuridica che imponeva ai singoli Stati non solo parametri di bilancio capestro, ma pure la nascita futura di una moneta comune che ha visto poi la luce con un semplice Regolamento comunitario del 1997, peraltro persino difforme a quanto previsto dai Trattati. L’Euro di oggi infatti altro non è che un accordo di cambi fissi che mira alla stabilità dei prezzi e a una economia fortemente competitiva e per realizzare questo smantella i diritti sociali dei cittadini, in particolare di quei Paesi come il nostro che non potendo più svalutare la moneta hanno dovuto svalutare i salari.
LA TRASFORMAZIONE
Il Trattato di Maastricht, vale la pena ricordarlo, è quello che ci ha imposto il famigerato tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil, ribadito dal successivo Trattato di Lisbona del 2007 e superato – al ribasso – dal Fiscal Compact del 2012, col quale è stato introdotto addirittura il pareggio di bilancio. La conseguenza di tutto ciò? Le politiche di austerità che hanno messo in crisi lo Stato sociale e i diritti fondamentali sanciti nella nostra Costituzione. Dal Trattato di Maastricht in poi e in particolare dopo l’introduzione dell’euro ha dominato in Europa una perversa ideologia neoliberale del mercato autoregolato, che ha ridotto l’uomo ad una merce, il cittadino ad un consumatore, la politica al ruolo di ancella al servizio dell’economia e della finanza.
Chi oggi osa denunciare tutto questo viene immediatamente tacciato di essere un pericoloso nazionalista, ma non è così. L’Europa esiste da migliaia di anni, con le sue meravigliose diversità, le sue tradizioni e le sue radici. L’Europa politica moderna esiste da diversi secoli sulla base della pluralità degli Stati nazionali che si sono storicamente formati. Sono essi che danno vita, in senso politico, all’identità europea, la quale è dunque possibile solo grazie all’interazione delle diverse nazioni che compongono l’Europa. L’Unione europea che tendenzialmente vuole cancellare le nazioni e le sue radici è invece il prodotto recente di quella ideologia neoliberale propria delle élite, strettamente funzionale al processo di globalizzazione, che come un cancro sta lentamente distruggendo l’Europa.
Una Nuova Europa potrà nascere solo attraverso il riconoscimento del fallimento di quel percorso che è iniziato con Maastricht. Non è vero che la storia va avanti senza mai fermarsi, essa a volte ritorna vichianamente sui suoi passi. La globalizzazione nelle intenzioni dei partiti socialisti europei come di quelli liberal popolari non avrebbe mai dovuto trovare un punto di arresto nella marcia vittoriosa verso il mercato mondiale. Invece venuti alla luce le stridenti diseguaglianze prodotte dalle crisi finanziarie su scala globale e dal malfunzionamento dell’euro su scala europea quel progetto è collassato e assistiamo al ritorno prepotente sulla scena politica degli Stati nazionali.
VARIEGATA MOLTEPLICITÀ
Questo non significa ritornare in Europa a Stati nazionali isolati, persino di nuovo in conflitto tra loro. Questo vuol dire soltanto che l’idea della costruzione di un Superstato europeo è definitivamente tramontata, con la crisi della globalizzazione. Per salvare l’Europa bisogna dunque tornare all’impostazione pre-Maastricht, pensare alla sua costruzione a partire dagli Stati che la formano, non dall’idea della loro dissoluzione. Stati liberi sovrani con popoli che siano messi nelle condizioni concrete di autodeterminarsi, ma allo stesso tempo inseriti all’interno di una organizzazione confederale flessibile, capace di garantire fattivamente la pace e la giustizia tra le nazioni.
Stati liberi di far parte di un sistema monetario comune ma anche liberi di uscirne se ci si rende conto che gli svantaggi sono superiori ai vantaggi, esattamente come liberi si dovrebbe essere di entrare a far parte di questa confederazione, ma anche uscirne. L’Europa, con tutta la sua variegata molteplicità, potrà così costituire un polo in un mondo multipolare, un grande spazio destinato a svolgere un ruolo geopolitico importante di fronte alla gradi tensioni tra Usa, Cina e Russia.
No, i “sovranisti” non sono per il ritorno a Stati nazionali del tutto isolati, non sono contro l’idea dell’Europa, ma contro una Unione senz’anima che parafrasando Weber ha trasformato un «sottile mantello» utile per proteggerla in una oppressiva «gabbia d’acciaio».